CAP 19: GATTI E MISFATTI

Alle cinque del pomeriggio Peo stava rientrando a casa.

L’operazione recupero del camion era andata secondo le previsioni. Il Belinone aveva effettivamente trovato il gatto nel camion: evidentemente, prima della simulazione del furto, l’animale era entrato dalla portiera aperta, si era arrampicato sullo schienale della poltrona di guida e da lì era passato, attraverso il finestrino di comunicazione, nella parte posteriore del furgone.

Era seguita la segnalazione anonima fatta alla Questura, da una cabina telefonica vicina. Peo, contraffacendo la voce con il classico aiuto del fazzoletto, aveva segnalato la presenza di un furgonato apparentemente abbandonato, rifiutandosi di declinare le proprie generalità.

Poco più di un’ora dopo, mentre l’intera compagnia si stava accingendo a consumare una lauta merenda a base di verdure ripiene e vino bianco nel giardino di Scognamiglio, era giunta la telefonata della Polizia, che annunciava il ritrovamento del camion.

Mentre stava così rimuginando sugli eventi della giornata, arrivò sul portone di casa. In piedi, nel vano d’ingresso, c’era la Signora Currò, con un’aria agitatissima.

-Ho perso il gatto!!!

-Anche lei?!!… E’ diventata una moda…

-Cosa dice?

-Lasci perdere, Signora. Posso aiutarla?

La Currò era sempre molto gentile con lui, che ora si sentiva in dovere di offrire il suo aiuto, malgrado il suo gatto lo avesse visto solo una volta, di sfuggita.

-Non so. Non è mai uscito dal caseggiato. Se è andato fuori magari si è perso… Forse si potrebbe dare un’occhiata nei carruggi qui vicino…

Si misero d’accordo. Peo avrebbe controllato la zona verso De Ferrari mentre la Currò avrebbe cercato verso Campetto. Tutto quello che lui sapeva era che doveva cercare un animale dal pelo lungo e grigio, con gli occhi gialli. Chissà perché, gli sembrava un dèjà vu.

Girò un po’, senza convinzione. Diede un’occhiata più attenta vicino ai contenitori dell’immondizia. Neanche l’ombra di un gatto. Tornò verso casa. La Currò stava risalendo nello stesso momento, anche lei con le pive nel sacco.

Peo schiacciò il tasto di richiamo dell’ascensore, mentre ascoltava con un orecchio solo le lamentazioni della vicina. Proprio mentre la cabina stava per arrivare al piano, sentirono un miagolio che ne proveniva. La Currò arrossì dalla contentezza e dall’emozione.

-Il mio Poppy!! Era chiuso nell’ascensore!! Ma come mai?! Come avrà fatto??

Le antine della cabina si aprirono. Il gatto schizzò fuori, spaventato. La padrona fece per inseguirlo per le scale ma Peo la fermò.

-Signora!! Mi aiuti!!

Sdraiato sul pavimento dell’abitacolo, quasi un mucchietto di stracci, c’era un uomo. Peo si chinò per guardarlo meglio. Era il Peragallo, o meglio, per l’esattezza: era stato il Peragallo.

Che fosse morto non c’era da dubitarne. Era già freddo. Con il viso cianotico e gli occhi sbarrati. Dalla bocca spalancata usciva una punta di lingua.

-Vada subito a telefonare alla Polizia, Signora. Io resto qua, per quello che può servire. Prima della Polizia avvisi anche il Servizio Medico…

Rimasto solo, recuperato un po’ di sangue freddo, cominciò a riflettere.

La dinamica della morte del neuropsichiatra non gli sembrava tanto chiara. Da una parte l’atteggiamento complessivo del cadavere lo faceva pensare alla possibilità di uno strangolamento, e ciò gli destava sospetti spiacevoli. Dall’altra, la presenza del gatto nell’ascensore era strana: dopo lo spavento conseguente alla colluttazione tra la vittima e lo strangolatore, sarebbe stato ovvio che l’animale approfittasse dell’uscita dell’assassino dalla cabina per allontanarsi anche lui.

Pochi minuti dopo arrivarono, quasi in contemporanea, i militi del Servizio Medico e quelli della Questura. I primi si limitarono a constatare il decesso, lasciando alla Polizia di gestire tutta la situazione.

Peo chiese inutilmente, agli uni e agli altri, se le cause della morte fossero state identificate.

-Vedremo- era l’inevitabile risposta.

Dopo aver effettuato la propria deposizione, salì a piedi le scale con la signora Currò. Davanti alla porta di casa di lei, le ricordò:

-Signora, lei mi deve un caffè…

La vicina fu ben contenta di avere compagnia ancora per un po’. Lo fece entrare, lo guidò in cucina e cominciò ad armeggiare con la caffettiera. Intanto si scambiavano considerazioni e congetture sull’avvenuto, ma con una certa reticenza: nessuno dei due fece cenno ai cattivi rapporti che il Peragallo aveva con gli altri condomini, e con uno in particolare…

Dopo il caffè Peo salì l’ultima rampa di scale e finalmente entrò in casa. Qui lo aspettava l’ultima sorpresa di quella giornata movimentata.

Se ne accorse due ore dopo, quando aprì il frigorifero per versarsi la consueta birra scura. La luce di servizio dell’elettrodomestico non si accese, e una ventata mista di odori di salumi e verdura lo colpì sgradevolmente al naso.

-Cazzo! Si è staccata la corrente- borbottò tra sé.

Si diresse verso il quadro di controllo e provò a riattivare l’impianto. Per controllo, accese la luce; a quell’ora, del resto, il cielo era ormai abbastanza scuro.

Gli venne in mente di colpo che probabilmente tutto quello che c’era nel freezer si era scongelato. Tornò in cucina e controllò. Un disastro. I due bistecconi comprati a Montoggio. Le fave accuratamente sgusciate in vista di sontuosi puré. I due piccioni conservati per una festicciola intima. Il petto d’anatra comprato a Nizza, incomparabilmente migliore di quello prodotto in Italia. I ravioli fatti in casa….

Si stupì con se stesso per l’impatto emotivo che la cosa gli dava. Aveva appena visto un morto, e ora si sentiva così scosso perché un po’ di roba gli si era scongelata nel frigo… Era stronzo o coglione?

Decise che, se era uno stronzo oppure un coglione, sarebbe stato un buon argomento da discutere con se stesso più tardi. Ora bisognava agire. Si attaccò al telefono.
[Continua…]

Pier Guido Quartero
Opere dell’autore pubblicate da Liberodiscrivere

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