Racconto a puntate di Pier Guido Quartero


Cogliendo le sollecitazioni degli amici inizio qui a proporre, a chi abbia del tempo da dedicare alla lettura, una vecchia storia, risalente ai primi tempi in cui mi dedicai a prove di scrittura. Il protagonista di questa avventura si chiama Peo Traverso. Chi ha già letto qualcosa di mio sa che questo cognome compare nella saga familiare attraverso la quale ho provato a narrare la storia di Genova, e tutto questo non avviene a caso.
P.G.Q

L’AFFARE SPAMPANATO TRIPOLI

Cap 16: LE FOGLIE DEL CARCIOFO

Ma le cose non andarono come previsto. Il compagno Prefumo, raggiunto telefonicamente da Peo, rimase sulle prime un po’ sulle sue. Solo quando fece riferimento a Tintori, il quadro sindacale tramite il quale aveva avuto il suo nome, si sciolse un po’.

-Così avresti bisògno di sapére qualcòsa su un mio coléga- Prefumo parlava con un marcato accento dell’ovadese, dove si parla un dialetto ligure con influssi piemontesi- Io le informazioni le pòsso anche avére, ma bisogna che mi spieghi béne a còsa ti servono. Scusa se ti parlo a muso duro, ma nòi non ci conosciàmo…

-Non ci sono problemi. Anch’io farei come te. Se per te va bene, potrei venire su con un amico oggi o domani e spiegarti la cosa guardandoci in faccia. Tanto a noi fa piacere fare un salto lì dalle tue parti… volevamo approfittare per fare un salto a Acqui a mangiare i ravioli…

-Guàrda, oggi e domàni non posso. C’ho da fare in cantìna e domàni c’ho già un impegno con mia sorèlla… Magari in setimàna…

-Facciamo così. Io vengo su sabato prossimo, e magari vieni anche tu a mangiare con noi, così ce la raccontiamo con comodo. Intanto ti dico il nome della persona, così, se vuoi, ci dai un’occhiata e ci portiamo avanti col lavoro. Poi, quando ci vediamo, ti spiego la rava e la fava e tu decidi cosa è il caso di dirmi e cosa no.

Peo aveva imbroccato il linguaggio giusto. Prefumo apprezzò quell’approccio diretto e concreto alla cosa.

-Va ben. Alòra ci vediàmo sabato matina al’ùna meno un quàrto su la piazza de la chiesa di Carpenéto. E’ a metà strada tra Acqui e il paése dove lavoro. Dimmi ‘sto nome…

-Enrico Tripoli, nato a Bargagli…

-Ho capito. Lo conòsco. Cosa vuoi sapére. Còme lo abiamo préso? Opùre l’incidente. Sarà per l’incidente m’imàgino.

-Bravo. Vorrei sapere tutto sull’incidente e l’assicurazione. Ma senza far scoppiare dei casini. C’è la moglie che non capisce cosa sia successo; io ho un’idea, ma vorrei essere sicuro. Comunque l’obbiettivo è sapere com’è andata la cosa per potersi parare il culo all’occorrenza: nessuno muoverà una foglia, garantito.

-Va ben. Ci vediamo sabato, alòra.

Così la questione era rimasta in sospeso. Peo aveva altri affari da sbrigare, in settimana, e schedulò il lavoro in modo attento, prevedendo anche una mattinata intera per pratiche INAIL, in modo da vedere se, da quel lato, riusciva comunque a trovare qualcosa sull’affare Tripoli.

Gli venne in mente che stava lavorando con la tecnica del carciofo: una foglia alla volta, quella più accessibile, alla fine sarebbe arrivato al cuore della faccenda. Per la verità c’era un’altra foglia, con una brutta spina, quella della spia di Rossiglione. A questo punto non si trattava più di lavoro, ma di orgoglio personale. Aveva una gran voglia di tornare in Valle Stura per capire meglio chi e come aveva seguito i suoi passi fin lassù. Magari domenica, se la Nina aveva voglia, si poteva fare un passo…

Comunque, mercoledì mattina, con la borsa piena di scartafacci e due giornali sotto il braccio per affrontare i tempi di attesa per l’accesso agli uffici, Peo si presentò all’Istituto per l’assicurazione infortuni sul lavoro.

I giardini Baltimora erano nelle consuete condizioni di tristezza, ma non vi fece caso: l’aria aveva un tepore che anticipava di qualche settimana il momento in cui le giornate ricominciano ad allungarsi. Peo aveva un modo suo di valutare le stagioni; in particolare, per lui l’inverno era il periodo intercorrente tra i Morti e l’Epifania: tutto il resto era stagione buona. Del resto è vero che in Riviera i primi fiori sbocciano a gennaio e che quando le giornate cominciano ad allungarsi l’umore della gente migliora…

Dopo il dovere, il piacere. Sbrigate le pratiche di routine si diresse verso l’ufficio che si occupava delle liquidazioni delle pratiche infortunistiche. Conosceva uno degli impiegati che se ne occupavano e, per fortuna, lo trovò libero.

Gli accennò della questione rimanendo abbastanza sul vago. Precisò che la persona interessata non era in condizioni di intendere e di volere e che lui agiva per conto della moglie. L’impiegato fu meno formale del previsto.

-Come ha detto che si chiama? Ecco, Tripoli Enrico. Lo abbiamo liquidato poco meno di un anno fa per una frattura alla gamba. Roba di routine. Riconoscimento del danno, spese, assegno periodico per invalidità, copertura dello stipendio per il periodo di degenza…

-Tutti soldi che andavano a lui?

-Beh, la copertura dello stipendio va a lui oppure all’Ente se gliele ha già anticipate…

-E non c’è altro?

-Cosa dovrebbe esserci? È tutto qui. Mi spiace solo che non posso farLe copia dei documenti perché sarebbero coperti da privacy, e allora ci vuole una richiesta formale dell’interessato, ma un’informazione sommaria a voce secondo me si può dare…

Peo pensò al cherubino e levò un ringraziamento al Signore Dio degli eserciti…

Il lavoro della mattinata era terminato. Uscito dal palazzo, si diresse verso le Mura della Marina e da lì salì verso Santa Maria di Castello, poi scese per Salita Mascherona e si ritrovò in zona Pollaioli. Da lì passò in Via San Lorenzo. Da quando era stata pedonalizzata, ai tempi del G8, era diventata un autentico salotto. Scese verso l’Expo con aria distratta.

Stava riflettendo sull’ultimo tassello aggiunto al mosaico. Sta a vedere che Pietro ci ha azzeccato, pensò. In effetti, a ben pensarci, l’unica entrata imprevista del Tripoli sembrava poter essere solo quella relativa alla copertura dello stipendio. Comunque sabato si sarebbe visto. Probabilmente Prefumo avrebbe tolto l’ultimo velo al mistero –o, se si preferisce, l’ultima foglia al carciofo.

Intanto era arrivato all’Expo. Si avviò verso il grande magazzino per la vendita di compact disc. Voleva vedere se c’era qualche pezzo di Count Basie o di Art Tatum o qualcosa di simile. Musica leggera e orecchiabile per accompagnare le sue ore di lettura solitaria.

Col jazz non ebbe fortuna. Solo pezzi che già aveva o autori sconosciuti o roba troppo recente per i suoi gusti musicali, piuttosto datati. Invece trovò una bella edizione dei Carmina Burana, negli scaffali delle musica classica, e una raccolta della Vanoni nella musica leggera.

Risalì dalla Loggia di Banchi verso Campetto e da lì girò verso casa. Non aveva voglia di cucinare, così si infilò nella pizzeria di sotto. Nel pomeriggio avrebbe telefonato alla Nina per sentire se venerdì aveva voglia di andare con lui a Rossiglione, poi avrebbe fatto un passo da Pietro per aggiornarlo sugli ultimi eventi e bere un caffè. Lavoro al tavolo non ne aveva. Alleluia.

[Continua]
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Pier Guido Quartero
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