-GATTI E MISFATTI-
Racconto a puntate di Pier Guido Quartero

Cap 12: BOCCADASSE

-Guarda! Quello ha preso qualcosa!

La canna era piegata ad arco e il pescatore, leggermente piegato sulle ginocchia, era impegnato nel recupero. Bastarono pochi secondi. Una piccola mano argentata si agitò nell’aria oscillando e venne ad appoggiarsi sul molo, dove fu circondata da due o tre ragazzini. Il pescatore appoggiò la canna e andò a raccogliere la preda.

-La solita salpa- commentò Peo –vediamo se la dà al gatto.

Una volta, quando era bambino, a Boccadasse i pescatori a canna erano tanti. Ora lo spettacolo era più raro, ma qualcuno che ci provava, ogni tanto, c’era. Come previsto, il pesce finì in bocca a un gatto, che se lo portò via svogliatamente.

Peo e Monica erano su una spiaggetta sassosa, tra le barche tirate in secca. Si erano fermati un momento a guardare il mare, mentre stavano andando a cena in uno dei ristoranti affacciati sulla piccola baia. Era un rito che consumavano abitualmente nelle prime sere d’estate, fin da quando erano sposati, e lo avevano mantenuto anche dopo che la loro convivenza era cessata.

Come al solito, avevano prenotato un tavolo sulla terrazza a mare, dove si sedettero con un sospiro di soddisfazione. I camerieri in giacca bianca volteggiavano tra i tavoli con i loro vassoi. Sulla tovaglia immacolata una bottiglia di vino paglierino appannata per la condensa filtrava la luce dei lampioni. Nel cestino, insieme al pane, c’era della focaccia. Peo allungò una mano golosa a prenderne un pezzo.

-Ieri sono andato a pescare sullo Scrivia con Mario…

-E avete preso qualcosa?

-Lui, come al solito, ha preso subito una trota. Poi, per un bel pezzo, niente. C’era un sole micidiale e buttavo sudore come una fontana. Poi, in una buca fonda tra le rocce, ho allamato una bestiaccia che mi ha spaccato l’amo. Pensavo che fosse una giornata nera… Invece, proprio prima di arrivare sotto al ponte di Casella, ho trovato una lama d’acqua azzurrina, lunga, con il fondo di ghiaia che in mezzo alla corrente si alzava fin quasi alla superficie. Ho fatto passare il galleggiante dall’altra parte e l’ho visto partire controcorrente. Una fario di quasi quattro etti… E non è finita lì: ho fatto qualche altra passata e ne ho preso altre due, quasi uguali. Che meraviglia… quel giallo brunito picchiettato di rosso…

Intanto un cameriere era venuto a prendere le ordinazioni. Cappon magro e risotto ai frutti di mare. Cambiarono discorso.

-Ho questo cliente che vuol fare l’autotrasportatore. Un belinone. Già aveva messo su un po’ di pasticci, e ora ha combinato l’ultima. Mi ha telefonato suo cognato, ieri sera, per dirmi che è riuscito a farsi sospendere la patente…

-Cos’ha combinato?- Monica si sforzava di interessarsi…

-Pensa, che è quasi astemio, ma ieri erano andati a pranzo fuori e prima di venir via ha preso un bicchiere di limoncino. Magari prima, durante il pranzo, aveva anche bevuto uno o due bicchieri di vino… fatto sta che quando sono arrivati al casello dell’autostrada c’era la polizia e gli hanno fatto il palloncino.

-E è risultato positivo?

-Esatto. Ora rischia la sospensione della patente e un sacco di menate. Il colloquio con lo psicologo… i test di controllo… A dire la verità un controllo su queste cose è sacrosanto, ma secondo me l’hanno impostato in un modo che, al confronto, i Padri Pellegrini erano dei debosciati crapuloni…

-E’ un po’ come hanno fatto per le canne…

-Vero. Ti ricordi quante rotture per mia nipote? L’avevano beccata una volta coi suoi amici, che ne avevano un po’ in macchina e poi un’altra volta sulla scogliera. Ci sono voluti dei mesi perché sistemasse la cosa…

-E questo qua, adesso?

-Mah, nella sfiga, almeno una cosa buona c’è: si era anche dimenticato la patente a casa, così non hanno potuto ritirargliela. Conosco uno che forse può fermare la cosa. Il mio cliente sarà anche un belinone, ma non è certamente un alcolizzato…

Il cappon magro era finito e era arrivato il risotto. Per un po’, la conversazione languì. Alla fine, preso il caffè e pagato un conto discretamente salato, si arrampicarono su per le creuze del Capo Santa Chiara per una passeggiata digestiva.

Peo era di umore filosofico e dissertava sulla politica proibizionista. A Monica piaceva sentirlo ragionare a voce alta e gli dava corda. Lui le regalò un aforisma.

-Ieri il mio compagno di pesca ne ha detta una carina: le persone talvolta credono di pensare e invece stanno solo mettendo ordine nei loro pregiudizi…

-Carina è carina; basta che ti ricordi che il principio vale anche per te, caro il mio presuntuoso…

Peo fece finta di fare il broncio.

-E’ questa la considerazione che hai per me?

-Che tu sia un presuntuoso non mi sembra una novità… Hai sempre cercato di essere il migliore…

-Da ragazzo sì, e un po’ anche dopo, ma poi, superata una certa età, non conta più tanto essere il migliore quanto quello che sta meglio…

Si sorrisero con complicità. Il loro matrimonio era finito da tempo, ma la relazione che avevano stabilita era solida e insostituibile –o, almeno, così sembrava in quel momento.

Lei ebbe un leggero brivido.

-Non dirmi che hai freddo!!

-Beh, un po’ sì. E’ meglio andare a casa.

-D’accordo, vieni da me?

-Stasera no- rispose lei, come sempre.

Lui non provò nemmeno delusione. Era un rito e, come tutti i riti, andava rispettato.

La accompagnò a casa in taxi. Sul portone, si baciarono sulle labbra. Poi Peo prese la strada di casa.

Arrivato nel suo appartamento, accese il televisore, cercò un canale porno e si masturbò per un po’, senza arrivare a nessuna conclusione.

Mentre si metteva a letto pensò: -Maniman, se una volta o l’altra una mi dice di sì, rischia che andiamo in bianco lo stesso… Sarà meglio che mi decida a comprare il ViagraC.

Pier Guido Quartero
Opere dell’autore pubblicate da Liberodiscrivere

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