Il Contastorie

Rubrica a cura di Roberto Gerbi
Il piacere di scoprire storie curiose, divertenti, drammatiche che un appassionato di libri ha ritrovato in biblioteche polverose, vecchie riviste e, qualche volta, in internet


I RE MALEDETTI

Ci sono vicende in cui storia, leggenda e letteratura si mescolano in modo inestricabile. Una di queste, molto celebre in Francia, è invece quasi sconosciuta nel nostro paese, dove la sua pur scarsa notorietà è unicamente dovuta a una vecchia pellicola. Il film La torre del piacere, diretto da Abel Gance nel 1955, riprende un’opera teatrale di Alexandre Dumas padre, La Tour de Nesle. Vi recita un’avvenente Silvana Pampanini, nella parte di Margherita di Borgogna.

Silvana Pampanini (o più probabilmente una sua controfigura) nel film La torre del piacere

La trama del dramma e quella del film riprendono la leggenda secondo cui la crudele Margherita avrebbe usato la Torre di Nesle, una torre che si affacciava sulla Senna e faceva parte della cinta muraria di Parigi, per incontri erotici con amanti occasionali che avrebbe poi fatto uccidere e gettare nel fiume.

La realtà, come spesso succede, supera di gran lunga la fantasia. Tutto ha inizio con una maledizione.

È l’11 o forse il 18 maggio 1314, sull’isola dei Giudei, un’isola della Senna che si trovava presso l’attuale Pont Neuf, giunge alla sua tragica conclusione la vicenda che oppone il re di Francia Filippo IV il Bello all’ordine dei Templari.

Al termine di quello che oggi definiremmo un processo di stato, che si svolge tra accuse infamanti, confessioni estorte con la tortura e ritrattazioni, vengono uccisi sul rogo Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Poveri compagni d’armi di Cristo e del tempio di Salomone, meglio noti come Templari, e il suo inseparabile confratello ed amico Geoffrey de Charnay.

Tutti i cronisti dell’epoca concordano sull’atteggiamento dignitoso tenuto da Jacques de Molay prima del supplizio. In particolare, Goffredo di Parigi, che fu testimone dell’avvenimento racconta:

“Il Gran Maestro, quando vide il fuoco acceso, si spogliò senza esitazioni. Riferisco come lo vidi. Egli si tolse gli indumenti, esclusa la camicia, lentamente e con aspetto tranquillo, senza affatto tremare, sebbene lo spingessero e lo scuotessero molto. Lo presero per assicurarlo al palo e gli legarono le mani con una corda, ma egli disse ai suoi carnefici: “Almeno, lasciatemi congiungere un po’ le mani e dire a Dio la mia preghiera, poiché questo ne è il momento, essendo in punto di morte; e Dio sa, ingiustamente. Ma accadranno ben presto disgrazie a coloro che ci condannano senza giustizia. Dio vendicherà la nostra morte; muoio con questa convinzione. Quanto a voi, Signore, rivolgetemi la faccia, vi prego, verso la Vergine Maria, Madre di Gesù Cristo [ossia verso la vicina Cattedrale di Notre Dame]. Gli fu concessa questa grazia e la morte lo prese così dolcemente, in questo atteggiamento, che ognuno ne restò meravigliato”.

Secondo una leggenda la maledizione pronunciata contro Filippo IV avrebbe dovuto estendersi anche ai suoi discendenti, per tredici generazioni.

La morte di Jacques de Molay e Geoffrey de Charnay, manoscritto della fine del XIV sec

Gli avvenimenti successivi sembrarono dimostrare che la maledizione di Jacques de Molay si stesse pienamente avverando.

Clemente V, il papa che non era riuscito a opporsi ai voleri del re di Francia, morì improvvisamente a Roquemaure il 20 aprile 1314, poche settimane dopo il tragico rogo di Parigi. Le cronache dicono che morì di dissenteria ma qualcuno sospettò un avvelenamento.

Altrettanto improvvisamente, il 29 novembre 1315, morì Filippo IV, primo dei re maledetti. Bernardino Coiro racconta che:

“Filippo serenissimo re di Francia essendo alla caccia de’ cignali, fu assalito da uno di essi, incalzato dai cacciatori, oltre ogni dire feroce, e con tanto impeto investì il destriero del re che ambedue caddero a terra, ed indi Filippo ferito da quello nel termine di otto giorni spirò”.

L’ultimo anno di regno di Filippo aveva visto la famiglia reale coinvolta in un terribile scandalo. Il re aveva tre figli, Luigi, Filippo e Carlo, e un’unica figlia, Isabella, andata in sposa al re d’Inghilterra Edoardo II. Il figlio primogenito, Luigi, aveva contratto matrimonio con Margherita, figlia del duca Roberto II di Borgogna, mentre Filippo e Carlo avevano sposato due sorelle, cugine della moglie di Luigi: Bianca e Giovanna di Borgogna.

Il matrimonio di Luigi sembra fosse fallito immediatamente; questi, soprannominato “le Hutin” o “le Querelleur” ossia l’Attaccabrighe, era un amante del gioco della pallacorda e trascurava la moglie, Margherita, descritta come “focosa e formosa”.

Il secondogenito, Carlo, individuo rigido e austero, viveva presumibilmente con Bianca un banale matrimonio di convenienza.

Solo il principe Filippo si notava per la sua forse fin eccessiva generosità verso sua moglie Giovanna. La coppia ebbe diversi figli nel giro di pochi anni e Filippo le scriveva appassionate lettere d’amore. Nonostante i diversi sentimenti verso i rispettivi coniugi, le tre principesse, molto legate tra loro, portarono un vento di allegria nell’austera corte reale. La loro eleganza e la loro civetteria fecero però presto nascere pettegolezzi e malignità. Si sussurrava, senza alcuna prova, che incontrassero dei giovani.

La maggior parte dei resoconti dello scandalo inizia descrivendo la visita del re e della regina d’Inghilterra al re di Francia, tra maggio e luglio del 1313. Durante il loro soggiorno, i principi Luigi e Carlo offrirono ai loro ospiti uno spettacolo di marionette, dopo il quale Isabella donò delle borse ricamate sia ai suoi fratelli che alle loro mogli.

Nel dicembre dello stesso anno, Edoardo II e Isabella tennero un grande banchetto a Londra per celebrare il loro ritorno. Durante il banchetto, la regina d’Inghilterra notò che borse simili a quelle che aveva regalato alle sue cognate pendevano alle cinture di due cavalieri normanni, i fratelli Gauthier e Philippe d’Aunay. Isabella concluse che i due uomini avessero una relazione illecita con le cognate e ne informò segretamente il padre, nel corso di una nuova visita in Francia nell’aprile del 1314.

Filippo IV mise i due cavalieri sotto sorveglianza e l’indagine reale confermò i sospetti di Isabella. Le principesse Margherita e Bianca furono accusate di aver intrattenuto per diversi anni rapporti adulterini con Philippe e Gauthier d’Aunay. Gli incontri avvenivano alla torre di Nesle, che si elevava sulla riva sinistra della Senna.

Inizialmente si disse che Giovanna, la terza cognata, fosse stata presente in alcune di queste occasioni e che fosse a conoscenza della vicenda; successivamente fu estesa anche a lei l’accusa di adulterio.

La maggior parte degli storici tende a concludere che probabilmente le accuse contro Marguerite e Blanche fossero vere, anche se alcuni rimangono più scettici. Diversi resoconti insinuano che le accuse di Isabella potessero avere motivazioni politiche: la disgrazia delle cognate avrebbe potuto permettere a suo figlio Edoardo, nato nel 1312, di ambire al trono di Francia. L’ipotesi non manca di suggestione, anche se è considerata improbabile dagli storici più accreditati.

Israël Silvestre – Vista e prospettiva della torre di Nesle e dell’Hostel di Nevers

Al termine dell’indagine reale, Filippo IV annunciò brutalmente alla corte le accuse di adulterio e fece immediatamente arrestare le persone coinvolte. I due cavalieri resistettero a lungo alle torture prima di confessare ed essere dichiarati colpevoli di lesa maestà. Le principesse Margherita e Bianca furono processate davanti al Parlamento di Parigi e dichiarate colpevoli di adulterio. Le due donne furono rasate, vestite di stracci e condannate alla carcerazione perpetua. Giovanna di Borgogna, anche lei processata fu invece assolta dall’accusa di adulterio, senza dubbio grazie all’influenza del marito Filippo.

La fine dei due cavalieri normanni fu spaventosa. Il 19 aprile 1314, nella città di Pontoise, furono evirati, torturati, scorticati vivi, e quindi decapitati; i loro corpi furono trascinati da un cavallo per le strade della città ed infine furono appesi per le ascelle. Il loro sesso, strumento del crimine, fu dato in pasto ai cani.

Il particolare che la crudele sentenza fosse pronunciata dal loro padre, all’oscuro che fossero stati essi stessi gli artefici di un così grave reato, renderebbe la vicenda degna di una tragedia greca. È però da ritenersi falsa, nata da una errata interpretazione delle cronache del tempo, che dicono semplicemente che il padre fosse ignaro dei fatti.

Si resta perplessi di fronte alla crudeltà della pena cui furono sottoposti i cavalieri, se non si comprendono le possibili conseguenze del comportamento adulterino delle principesse. Al di là dell’affronto alla famiglia reale, questo crimine rappresenta un attacco alle istituzioni del regno ancor più che alla morale, mettendo in pericolo la stessa dinastia capetingia. Quale sarebbe stata infatti la legittimità e l’autorità di un futuro sovrano, la cui paternità si sarebbe potuta mettere in dubbio? Come consacrare e dare l’unzione divina a un re che non sarebbe stato, inequivocabilmente, il figlio del precedente? Le implicazioni politiche sono così gravi che la punizione deve essere esemplare.

Lo scandalo pone alla casa regnante un ulteriore problema poiché l’adulterio non è considerato dalla Chiesa un motivo sufficiente per annullare un matrimonio: come si può assicurare la discendenza dinastica?

La sollecita morte di Margherita, probabilmente strangolata il 14 agosto 1315 nella fortezza di Château Gaillard, permise a Luigi di risposarsi con Clemenza, figlia del defunto re d’Ungheria.

Luigi era nel frattempo asceso al trono, col nome di Luigi X, ma il suo regno durò soltanto dal 29 novembre 1314 al 5 giugno 1316, quando morì a soli 26 anni. Ad essergli fatale pare sia stato proprio il gioco della pallacorda, di cui era così appassionato. Dopo una partita particolarmente massacrante, il re bevve una notevole quantità di vino ghiacciato che gli causò una polmonite o una pleurite, anche se fonti contemporanee sospettarono un avvelenamento.

In quel momento Clemenza d’Ungheria era incinta ed era perciò impossibile conoscere il successore fino a quando il figlio non fosse nato: se si fosse trattato di un maschio, sarebbe succeduto al padre, se invece fosse stata una femmina, il trono sarebbe dovuto andare alla figlia maggiore del sovrano, Giovanna, il cui diritto, tuttavia, era messo in dubbio a causa dell’adulterio della madre.

Fu quindi convenuto che Filippo, fratello minore del defunto re, avrebbe tenuto la reggenza per i cinque mesi mancanti alla nascita del figlio di suo fratello, che si rivelò essere un maschio. A Luigi succedette quindi suo figlio Giovanni I, detto il Postumo, che però, visse solo cinque giorni, dal 15 al 20 novembre 1316. Furono molti a credere che suo zio, il futuro re Filippo V, ne avesse causato la morte per ottenere il trono. Circolarono anche voci secondo cui Filippo rapì il bimbo e lo sostituì con un neonato morto.

Alla morte di Giovanni, durante gli Stati Generali del 1317, una commissione di prelati, autorevoli cittadini, feudatari e dottori dell’università di Parigi, enunciò il principio che una donna non potesse accedere al trono di Francia, escludendo così dalla successione la principessa Giovanna. Filippo assunse la corona, col nome di Filippo V, detto l’Alto.

La maledizione di Jacques de Molay pareva però mantenere la sua efficacia. Nell’agosto del 1321, Filippo si ammalò e, dopo cinque mesi, il 3 gennaio 1322, morì senza lasciare eredi maschi: aveva solo 28 anni. Gli succedette il terzo figlio di Filippo IV, col nome di Carlo IV, il Bello.

Sua moglie Bianca languiva ormai da anni nella fortezza di Château Gaillard, dalla quale fu liberata solo nel maggio del 1322, quando papa Giovanni XXII pronunciò lo scioglimento del matrimonio da Carlo. Dopo essere stata per tre mesi regina di Francia, in carcere, venne trasferita nell’abbazia di Maubuisson, nel comune di Saint-Ouen-l’Aumône, dove morì nell’aprile del 1326.

Anche Carlo il Bello morì presto, nel 1328, non lasciando figli maschi e portando alla fine della dinastia capetingia e all’avvento del ramo cadetto dei Valois. Si crearono così le condizioni perché i re di Inghilterra, eredi di Isabella, avanzassero le loro pretese sul regno di Francia, aprendo il lungo capitolo della Guerra dei cent’anni.

È singolare che anche il matrimonio di Isabella, che aveva così aspramente accusato le cognate di adulterio, si concludesse disastrosamente. Nel 1326, la regina ed il suo amante Roger Mortimer presero le armi, con l’obiettivo di rovesciare Edoardo II, che pare preferisse le grazie maschili a quelle della moglie. Il re morì nel 1327, forse assassinato su istigazione di Isabella.

I “re maledetti”. Da sinistra a destra: Carlo, Filippo, Isabella, Filippo IV, Luigi e Carlo di Valois, fratello del re.

Secondo una leggenda diffusasi in tempi più recenti, la maledizione del Gran Maestro dei Templari trovò il suo coronamento solo il 21 gennaio 1793, con l’esecuzione di Luigi XVI, durante la Rivoluzione francese. Alcuni storici dell’epoca riportarono la notizia che il boia Charles-Henri Sanson, prima di calare la lama della ghigliottina sul collo del sovrano, gli avrebbe mormorato: “Io sono un Templare, e sono qui per portare a compimento la vendetta di Jacques de Molay”.

Roberto Gerbi

Articoli de “Il Contastorie” già pubblicati

image_printScarica il PDF