di Angelica Lubrano

In questo tragico 2023 la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” ha contato 5452 casi denunciati, la punta di un iceberg di drammi spesso sottaciuti, e 107 i femminicidi.
Particolare rilievo e grande risonanza mediatica ha avuto quello di Giulia Cecchettin.
Tutti i casi hanno reso chiaro l’inefficacia del Codice Rosso, la legge n.69 del 2019, aggiornata ultimamente al fine di accorciare i tempi per l’ascolto delle vittime.

Appare chiaro a tutti che non basta la repressione, che avviene di regola sempre dopo l’evento delittuoso, serve subito una legge che introduca l’educazione al rispetto e all’affettività in tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado, oltre a punti d’incontro fra GIOVANI DONNE VITTIME o FERITE da VIOLENZA, in cui il primo elemento di sostegno sia costituito dalla socialità e dal mutuo ascolto. Senza forzature istituzionali.
Come nasce la violenza?
Come si manifesta?
C’è una forma di violenza, fra le tante: in famiglia, sul lavoro, nelle scuole, che non colpisce fisicamente la vittima, ma la svilisce, le taglia ogni speranza fino all’annullamento di sé: il suicidio.

Parlerò di una donna, forse poco conosciuta ai più, ma con grandi potenzialità personali, che merita di essere ricordata.
Scopriremo dal video allegato che la sua storia personale, con molti colpi di scena, si lega non solo a quella personale di tante donne di ieri e di oggi, ma anche alla Storia con la maiuscola: quella delle vicende internazionali e, infine, anche alla Storia del territorio ligure, in Val Bormida, nel Savonese.

Prima donna a ottenere in Germania un dottorato in chimica, pacifista durante la Grande Guerra e attivista per i diritti delle donne in una società che considerava superflua l’istruzione femminile, Clara Immerwahr fu scienziata appassionata, a cui la sorte e un marito egocentrico e indifferente – il premio Nobel Fritz Haber – hanno impedito di esprimere appieno le sue potenzialità.
La sua breve e tragica vita non può lasciarci indifferenti: testimonia di un’epoca in cui essere donne e perseguire liberamente i propri interessi era semplicemente impossibile.

E oggi?

Clara vive a Breslavia.
Durante una lezione di ballo incontra per la prima volta Fritz Haber, che la chiede in moglie. Ma Clara rifiuta. Ha deciso di studiare scienze all’università. Vuole laurearsi e diventare indipendente. Il padre di Clara, uomo dalle ampie vedute, dà alla figlia la possibilità di seguire i suoi interessi.
Non può accedere all’Università di Breslavia, che all’epoca non ammette studentesse. Ottiene il permesso di frequentare i corsi come uditrice. In breve conquista le stesse conoscenze dei colleghi maschi. Nel 1898, dopo vari tentativi, riesce a sostenere e superare il Verbandsexamen, un difficile test per la selezione degli studenti meritevoli ai corsi postuniversitari.
Il 12 dicembre 1900 è la prima donna a conseguire col massimo dei voti un dottorato in chimica e giura:

“Non insegnerò mai, né oralmente né per iscritto, qualcosa che sia contrario a ciò in cui credo. Perseguirò la verità e lavorerò sempre per far avanzare la dignità della scienza”.
Ottiene un corso intitolato “Fisica e Chimica in famiglia”: si tratta di lezioni in cui spiega la composizione chimica dei cibi in cucina.
È il massimo a cui possa aspirare, ma anche un modo per coinvolgere altre donne in attività in grado di stimolare l’intelletto e il desiderio di conoscenza.
Sposa Fritz Haber nell’agosto del 1901, illudendosi di poter gestire matrimonio e carriera, ma ben presto si rende conto che si tratta di un’impresa impossibile.
Il marito le aveva fatto credere di volerla coinvolgere nelle sue ricerche come partner, si limita in realtà ad affidarle mansioni di secondo piano, come tradurre occasionalmente in inglese i suoi testi.

Clara riesce a collaborare alla stesura di un libro del marito, ma nel testo pubblicato nel 1905 il suo nome appare solo nella dedica “Alla mia amata moglie, Clara Haber”.
Nasce il figlio Hermann, fragile e costantemente malato. Ora ha ancora meno tempo per se stessa. Delusa e frustrata, cade lentamente in una profonda depressione. Il marito, uomo ambizioso e concentrato esclusivamente sulla sua carriera ottiene successi e riconoscimenti fino al Premio Nobel per la chimica grazie alla sua creazione, l’yprite, un gas tossico usato in guerra, capace di uccidere 5000 uomini in 10 minuti…
Non mostra alcun interesse per le esigenze della moglie, che invece si sente profondamente tradita negli ideali della scienza, non solo per il disinteresse dell’uomo nei suoi confronti. Accusa il marito di perversione e rifiuta di sentirsi complice silenziosa delle stragi efferate perpetrate con la sua invenzione.
Dopo aver scritto alcune lettere d’addio, Clara si uccide sparandosi un colpo al cuore con la pistola del marito, che, indifferente, al mattino è già partito per supervisionare il primo attacco con i gas contro i russi, sul fronte orientale.
Fritz Haber viene ricordato per l’invenzione dello ZIKLON B, il gas cianidrico che verrà usato per uccidere milioni di ebrei nell’Olocausto.
Fritz Haber era ebreo e lui e tutti i suoi parenti saranno sterminati.
Questa tragica storia c’interessa da vicino?
Si, il micidiale ZYKLON B nel Ventennio veniva prodotto all’ACNA DI CENGIO in Val Bormida dalla I.G.Farben, condannata alla fine della guerra a Norimberga insieme ai capi nazisti.

Angelica Lubrano

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