Lorenzo Pavolini “Accanto alla tigre” Ed. Marsilio
L’incipit: poche righe secche, diritte, rigorosamente documentaristiche.
Non sapevo che mio nonno fosse un gerarca fascista fucilato a Dongo e appeso a testa in giù a piazzale Loreto, fino a quando non mi sono imbattuto in una fotografia sul libro di storia della seconda media. Era la riproduzione di un quotidiano dell’epoca, il titolo annunciava la fine di Mussolini e l’occhiello recitava più o meno: «Mussolini, la Petacci, Pavolini e gli altri gerarchi del fascismo fucilati presso Como.» Sotto i titoli appariva la foto di piazzale Loreto e una didascalia che precisava l’avvenimento riportando le parole di Radio Milano Libera: «Mentre trasmettiamo, i cadaveri di Mussolini, della Petacci, di Starace, di Pavolini… sono appesi al chiosco della Standard in Piazza XV martiri». Il cognome Pavolini era quindi ripetuto un paio di volte, nell’occhiello e nell’articolo, non credo che io sia stato in grado di distinguere allora la scritta sopra la pensilina, in corrispondenza della fune a cui era appeso il cadavere di mio nonno Alessandro, a torso nudo – non l’avevo mai conosciuto, è naturale, ma stava lì appeso in una foto all’interno di una foto, sul libro di storia. E nonostante in famiglia circolasse la versione generica «morto in guerra», seppi immediatamente che si trattava di lui.
Un uomo di oggi, un intellettuale democratico, scopre fra i suoi ascendenti una presenza infamante. Il libro è la faticosa rielaborazione personale di questo trauma, ma anche una riflessione su un passato recente, infamante anch’esso, col quale non abbiamo, ancora, fatto del tutto i conti.
E quello è: non ci abbiamo fatto ancora chiuso con quel passato infamante. Al solo pensiero di cosa sono stati capaci di fare i nostri recenti predecessori mi vengono i brividi. Come riuscire a buttarsi tutto dietro le spalle se nella nostra martoriata Italia c’è ancora gente che ha nostalgia di quei tempi e ne trae anche ispirazione? L’uomo, lo ripeto spesso, non riesce a trovare giovamento ed insegnamento dagli errori commessi e così tende a ripeterli, basta guardare cosa sta ancora succedendo nel mondo.
Sì, coglie la disperazione a pensarci. Ma non dobbiamo arrenderci. Grazie Bera!