E PAROLLE DO MESSIAVO

Alle origini della parlata e delle tradizioni genovesi
a cura di Nino Durante


GIOCHI DI STRADA: I CANNONETTI

E veniva poi il tempo dei cannonetti. Infatti i giochi di strada avevano una loro stagionalità ma, stranamente, non programmata.

Non c’era un calendario giochi da rispettare e l’adozione della tale pratica era lasciata al caso. Bastava che uno della compagnia si presentasse in strada attrezzato per un determinato gioco che poi tutti gli altri venivano coinvolti. E così succedeva che, improvvisamente, si dava vita a quelle innocue (ma a volte non era così) battaglie combattute imbracciando la cerbottana. Questa arma si poteva ricavare da segmenti di canna ripuliti e resi idonei a essere messi in bocca. Ma era un po’ il primo passo in quanto una canna, per alta che fosse, non aveva mai una sua parte lunga abbastanza che garantisse una certa gittata al proiettile di carta (o cannonetto), e così si rimediava adottando dei tubi da lampadari, di ottone o d’alluminio, più o meno lunghi, che ci permettevano di arrivare anche a una certa distanza. I cannonetti si preparavano con delle striscioline di carta, per lo più ottenute tagliando a dovere pagine di vecchi quaderni, che venivano arrotolati attorno al dito indice per poi essere stirati in modo da ottenere una specie di cono da gelato in miniatura, che veniva sigillato sulla punta bagnandolo con la saliva (con un pö de spüo). Bisognava, a questo punto, inserirlo nella bocca della cerbottana per poi strapparne l’eccedenza che, ahimé, lasciavamo tranquillamente cadere a terra. C’è da dire che si trattava di semplici pezzettini di carta che a volte il vento, in questo caso nostro alleato, trasferiva chissà dove. Il reparto munizioni, se vogliamo chiamare così le striscioline di carta in dote, si trovava nella piega addominale dei nostri pantaloni, in modo che queste fossero sempre a portata di mano. L’aspetto pericoloso di cui ho detto prima si presentava quando qualcuno, sciaguratamente, sistemava uno spillo sulla punta del cannonetto; questo per avere la certezza che il proiettile avesse colpito l’avversario in quanto vi rimaneva conficcato magari sulla maglia o sui pantaloni, ma poteva succedere che andasse a colpire l’occhio del malcapitato di turno e allora la frittata era fatta. Io, e non ero il solo, facevo anche delle partire a mo’ di “solitario” divertendomi a tirare verso le finestre dotate di zanzariera per cui i cannonetti vi rimanevano conficcati. Gli inquilini sapevano benissimo chi fosse l’autore di quel tiro al bersaglio, ma facevano finta di niente e, ripulita la zanzariera, magari chiudevano le persiane.

Nino Durante
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