E PAROLLE DO MESSIAVO

Alle origini della parlata e delle tradizioni genovesi

GIOCHI DI STRADA: LE AGRETTE

Innanzitutto facciamo chiarezza sul termine “agrette”: si dice agrette e non grette (che però può essere considerato un diminutivo) in quanto Agretta era il nome di una bibita al limone per la quale era stato usato per la prima volta un tappo corona.

Ma dove si reperivano le agrette? In casa ne arrivavano ben poche, per cui bisognava reperirle nelle osterie o nei bar a cui si chiedeva di mettercele da parte. E con le agrette, adeguatamente zavorrate con stucco o con bucce d’arancia per renderle più stabili, si organizzavano dei “potentissimi” Giri d’Italia, anche se poi si trattava di un semplice circuito, tracciato in terra col gesso, in un angolo della strada o di una piazza dove nessuno ci poteva disturbare. Si giocava secondo un criterio molto semplice, cercando di far avanzare il proprio campione (a tal proposito qualcuno, oltre alla zavorra, metteva l’immagine del suo preferito presa da una figurina) lungo il tracciato a suon di baciccole o bicellæ, ossia di colpi dati con il dito medio rilasciato dopo essere stato trattenuto, e quindi in tensione, dal dito pollice. Naturalmente vinceva chi tagliava per primo il traguardo. Ma in che maniera ci si arrivava? Il regolamento prevedeva che si tirasse un colpo a testa, cercando di non far uscire dalla “sede stradale” la nostra agretta. Naturalmente si cercava, come si suol dire, di andare in fuga, cercando di allungare il tiro il più possibile, con il rischio di uscire dal tracciato, e allora si tornava indietro.

Qualcuno dirà che, in effetti, parlare di Giro d’Italia, fosse improprio, ma questo era il frutto della nostra fervida fantasia e poi, organizzandoci a dovere, riuscivamo davvero a produrre una corsa a tappe, dove vinceva chi accumulava più punti in base all’ordine di arrivo di ogni frazione.

Nino Durante
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