Thomas Catchcart Daniel Klein “Heidegger e l’ippopotamo” Ed.Rizzoli
La filosofia è bella (vabbe’ sono di parte), perché pratica molte vie per affrontare i problemi, non che li risolva, questo il rimprovero che le viene giustamente mosso, ma come spesso capita, il viaggio è più interessante della meta. Mi spiego: una cosetta da niente come il senso della vita, può essere discusso in varie maniere, secondo l’epoca e il carattere (più o meno bilioso) del filosofo. Per riprendere il paragone precedente, si possono imboccare tanti sentieri per osservare un orizzonte che non si raggiunge mai, perché continua a spostarsi. La questione centrale è, citando il libro:
Pensate davvero di morire?
Ne siete realmente convinti?
Pensate davvero che un giorno o l’altro la vostra vita finirà?
Prendetevi il tempo che vi serve. Non affrettatevi a rispondere. Be’, a parte il fatto che ogni momento che passa è uno in meno che vi resta da vivere.
Ecco l’uomo sa di dover morire, se non glielo dicevano era meglio, (mannaggia a Eva che ci ha fatto addentare, a tutti, il frutto della conoscenza!) ma allora non sarebbe umano. Allora come la affrontiamo la faccenda? Con uno strumento che solo noi fra tutti gli animali possediamo: l’umorismo, di cui, per inciso, non si trova traccia nel giardino dell’Eden. Per ridere bisogna aver pianto, è la legge eterna dell’apprendimento per contrasto.
E con questo libro si ride e si riflette, in modo umano, troppo umano. (se si faceva qualche risata anche lui era meglio, capito vero?).