Paolo Repetti “Esercizi di sepoltura di una madre” Ed. Mondadori.

TENGO FAMIGLIA

La Famiglia, al singolare e con la maiuscola, come la Donna, l’Uomo, la Patria, ed altre nobili idee stanno nella perfezione eterea del mondo iperuranio, ma quaggiù in quello sublunare ci sono le famiglie, le donne, gli uomini, le patrie, minuscoli e plurali, materiali e ben lungi dalla perfezione.

La famiglia del libro è una di queste, precaria, terrena, non grata ai benpensanti, sicuramente; forse naturale, perché nella natura c’è grande varietà di aggregati parentali; non additabile come modello per una società esemplare; priva di ascendenze divine; di tradizioni ibride, poiché vi confluiscono quella ebraica e quella cattolica, temperate tuttavia da un cinico sano ateismo. Vediamola.

Paolo, lo zio; in realtà è un cugino con funzioni, decisamente eccentriche, di padre, o meglio di telepadre, perché emana le sue discutibili perle di saggezza principalmente dal telefono. Ipocondriaco, tirchio, affetto da un edipo cronico, finanziatore da una vita di psicoanalisti. Ester, la cugina, abbandonata ancor giovane, dal marito – svanito nel nulla – con tre figli ancora piccoli: Isaac, David, Saretta.

Isaac vive in un suo mondo iperscientifico e matematico, ma ha poca dimestichezza con i sentimenti propri e altrui.

David ha due soli interessi, ma totalizzanti, il calcio e le ragazze. Rifiuta ogni discussione, soprattutto col fratello Isaac, per pura incapacità È di un’ignoranza abissale e innocente.

Saretta, come la descrive lo zio:   “è la più ebraica della famiglia. Ma non tanto per la religione. Per la ricerca. Non c’è argomento che non susciti in lei uno stupore colmo di eleganza. A scuola le compagne la seguono incantate. Saretta è il cuore buono che batte dentro di me”.

Nonna Sara sionista, guerrafondaia, vive in Israele e tempesta di telefonate figlia e nipoti, soprattutto Saretta con assurdi commenti e richieste.

 Questo non è propriamente un romanzo, piuttosto una pièce teatrale, un cabaret nel quale i personaggi intessono dialoghi surreali e tragicomici. Si ride molto, ad ogni frase, ma ciononostante si percepiscono la tragedia, la perplessità, il disagio, anche pesanti che sottendono ciascuna di quelle vite.

Un uomo, lo zio con un problema mai risolto con i genitori, un nevrotico in perenne analisi, un eterno, inetto adolescente, del quale i nipoti si prendono cura a loro volta, anche irridendolo.

Anche la sorte della cugina, non è stata delle più felici; e i problemi dei ragazzi non sono da poco. Con tutti loro si sarebbe potuto creare un romanzo di dolore e strazio esistenziale, di quelli che tanto vanno di moda oggi. Invece l’ironia, e l’autoironia, di matrice ebraica, quel tanto di gesuitico, di matrice cristiana, e un bel pizzico di sana incredulità, ne fanno un racconto non solo godibile, ma a suo modo educativo.Infine il linguaggio in perfetto registro con i personaggi, scintillante e colto.

Insomma una lettura divertente, intelligente e a suo modo commovente, ma senza lacrime, che coinvolge perché specchio della tragicomica avventura dell’esistenza umana.

Grazia Tanzi

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