Piccole storie in bianco e nero
Ognuno di noi ha un cassetto, una vecchia scatola piena di foto in bianco e nero di persone, forse parenti, di cui oramai si è persa memoria. Guardarle una ad una, cercare di ricostruire un ricordo, risalire ad un nome, ad un’epoca, sembra un’impresa dovuta, un piccolo riconoscimento ad una vita compiuta. Anche la rete è diventata un immenso vecchio ripostiglio di volti a cui tuttavia è possibile restituire una memoria grazie alle tracce che vengono conservate negli archivi e nelle infinite interazioni che ora sono possibili. Questa rubrica è il frutto del tentativo di riportare alla luce queste memorie
Patrizia Brugnoli
14. Adriana Pincherle
(Roma 1905 -Firenze 1996)
L’arte delle donne nascosta negli archivi.
Nel 2010 a Firenze si tenne una mostra dal titolo: “Autoritratte. Artiste di capriccioso e destrissimo ingegno”. Ve la siete persa? Anch’io, d’altro canto l’esposizione durò poco più di un mese, dopo di che la maggior parte delle opere tornò nei sotterranei, protetti e incogniti, degli Archivi e dei depositi museali. Tra le opere esposte nella mostra fiorentina, c’era un autoritratto di Adriana Pincherle, opera solitamente ospitata dal deposito degli Uffizi.
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L’evidenza della rarità con cui le artiste riescono ad aggiudicarsi un posto stabile nei musei è tale per cui sarebbe inutile qualsiasi discorso venato di polemica. Ritengo molto più utile concorrere a svelare l’esistenza di opere ed artiste, in modo che non continuino a restare sepolte, anche se egregiamente. Un po’ come successe per Artemisia Gentileschi, o per Plautilla Bricci, sconosciute ai più finché la loro storia non fu raccontata.
Adriana Pincherle iniziò a dipingere per la fascinazione che suo padre esercitò su di lei: poteva stare guardarlo per tutto il tempo mentre lui dipingeva acquarelli. Non ebbe una formazione accademica, pur frequentando molti corsi liberi a Roma. Tuttavia non passò inosservata, iniziò ad esporre le sue opere, occasione in cui si fece notare per il suo uso dei colori perfino dal famoso critico Roberto Longhi, che continuerà a seguirne l’evoluzione artistica, considerandola “la sua prediletta”. Durante un soggiorno a Parigi nel 1933, Adriana iniziò a studiare i pittori francesi e a rielaborare il suo stile. Sempre in quegli anni sposò il pittore Onofrio Martinelli e si stabilì a Firenze. Le sue attività si arrestarono nel periodo delle persecuzioni raziali, quando fu costretta a fuggire e a nascondersi in quanto di origini ebraiche. Dopo la Liberazione ritornò a lavorare con entusiasmo e ad esporre le sue opere dai colori intensi, definiti gioiosi e “matissiani” tanto amati da Longhi. Alla sua morte donò le sue opere e i carteggi al fiorentino Gabinetto Viesseux.
Se volete vedere il famoso autoritratto di Adriana Pincherle, cercate in rete gli archivi digitali degli Uffizi: vi apparirà in tutto il suo colorato splendore. Tra gli altri suoi ritratti famosi troverete anche quello di Alberto Moravia, di cui era la sorella maggiore.
PICCOLE STORIE IN BIANCO E NERO GIA’ PUBBLICATE
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