Di Antonello Rivano

A Pegli, sabato 7 giugno, nello studio di Arturo Santillo, abbiamo assistito a una fusione tra la parola e l’immagine che è stata un assaggio di quanto l’artista pegliese e l’autrice stanno realizzando per un evento culturale che si preannuncia interessante e affascinante.

Due artisti a loro modo poliedrici.

Arturo Santillo, un percorso artistico iniziato nei primi anni settanta con la sua pittura che predilige opere visionare e mistiche. Da circa dieci anni oltre alla pittura e alla grafica si dedica alla ceramica nelle varie forme espressive. Innumerevoli le sue mostre personali e le collettive, così come gli articoli che stimati critichi d’arte hanno scritto su di lui.

Cristina Dotto Viglino, autrice di libri di poesie e romanzi ma anche impegno sociale. Vari i premi e riconoscimenti. Tanti meriti che nel 1999 gli sono valsi il premio Lanterna d’Argento assegnato dalla città di Genova.

L’appuntamento pegliese era appunto un’anteprima riservata a un pubblico ristretto, formato da persone vicine ai due artisti ma anche di addetti ai lavori.

Credo che il modo migliore per descrivere ciò a cui abbiamo assistito sia quello di utilizzare una frase detta dalla poetessa durante la presentazione, rimodellandola e facendola nostra, cosi possiamo ben dire che “abbiamo ascoltato le opere e visto scolpire le parole”.

Perchè questo hanno fatto con il loro lavoro di squadra l’artista e l’autrice, coadiuvati dall’ottimo Enzo Dagnino autore del video che accompagnava la lettura delle poesie.

Ed è cosi che le opere di Santillo hanno preso parola, quelle facce senza volto dei dipinti, gli occhi inesistenti delle sculture, il protrarsi verso un qualcosa che non vediamo, delle figure cariche allo stesso tempo di Eros e Spiritualità, il divino che non è al di fuori ma dentro quelle forme, carnali e contemporaneamente eteree. Gli esseri incompleti con un’unica ala che sembrano cercare qualcuno, o qualcosa, che dia un senso alla loro stessa esistenza completandoli, iniziano a raccontarci la loro genesi e allo stesso tempo la loro fine. Ma quello di Cristina è anche, e forse soprattutto, un raccontare l’autore di quelle opere più che le opere stesse. Con le sue poesie non ci da un’interpretazione tecnica ma vuole fornirci una chiave, una delle tante possibili, per entrare in un mondo in cui la pittura, la scultura e la parola, a tratti unite dalla musica della chitarra suonata dallo stesso Santillo, si uniscono per porsi una domanda, presente sia nell’ ”incipit” che nell’ “explicit” scritti e declamati dalla poetessa: “l’uomo è solo su questa terra?”

Noi crediamo che l’arte, in tutte le sue forme, non nasca appunto per dare delle risposte ma per porci delle domande a cui solo scrutando in noi stessi, attraverso le opere, potremo dare delle risposte. E quanto più quelle espressioni artistiche sono capaci di farci da specchio tanto più chiaramente possiamo capire chi siamo, le nostre debolezze e la nostre potenzialità, magari percependo quell’istante di infinito che noi tutti siamo.

Riguardo alla domanda “l’uomo è solo?” noi proviamo, in base a ciò a cui abbiamo assistito in questo assaggio di Arturiana, a dare la nostra personalissima risposta : sin quando l’arte, la poesia, la musica sapranno dialogare tra loro, fondersi, armonizzarsi e assieme parlare all’uomo, questo non sarà mai solo.

Attendiamo quindi, consapevoli e certi della sua bellezza, la versione completa, questa volta pubblica e in una cornice che non vogliamo anticipare, di questo evento che, già dalla sua presentazione, ci ha emozionato e arricchito mente e anima.

Antonello Rivano – Caporedattore il PONENTINO
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