Rachel Ingalls “Mrs. Caliban” Ed. Nottetempo
148 pagine, una scrittura piana e dimessa, personaggi banali e anonimi, sentimenti squallidi, tutto di un grigio uniforme e deprimente. Unica nota di colore il verde dell’uomo-rana, extraterrestre catturato ed evaso dal laboratorio dove, col pretesto di analisi scientifiche, viene torturato e persino abusato sessualmente. Fra il Mostruomo, come viene chiamata la creatura aliena, e Dorothy la protagonista nasce una storia d’amore: delicata, struggente, disperata, fra due esseri reciprocamente “alieni” ma tanto simili nel comune bisogno di affetto. Lei lo accoglie e lo protegge dai suoi persecutori nascondendolo in una stanza della casa (la cameretta del figlio morto adolescente) dove il marito non entra mai. Niente di insolito, di fantascientifico. Il surreale non spezza, come ci si aspetterebbe, la tetraggine monotona di tutta la vicenda, ma ne viene inghiottito, quasi normalizzato, negli aspetti peggiori. Come si conclude la storia non lo rivelo, nulla di imprevisto comunque. Conclusione? Uno splendido romanzo (per me), uno di quelli che a libro chiuso continuano a mulinare in testa e non ci lasciano. Un romanzo può essere analizzato con vari strumenti critici, sezionato, rivoltato, ma in nessun modo si potranno individuare gli elementi che ne fanno un capolavoro o uno scartafaccio. Mistero della letteratura. Questo può risultare insulso e noioso a qualcuno, forse ai più, mi corre l’obbligo di segnalarlo; credo che si tratti di diversi livelli di fruizione, diversi per ogni lettore.