Per sabato 18 Marzo Il Circolo Culturale Sopranzi, in collaborazione con il Comune di Sant’Agata Feltria (RN), organizza un incontro su Angelo Mariani, genio musicale dell’Ottocento. Ripercorriamo le tappe fondamentali della sua vita.

A cura di Antonello Rivano

Angelo Mariani nasce a Ravenna l’undici ottobre del 1821. SI conoscono poche informazioni della sua famiglia a parte le umili origini. Secondo testimonianze dell’epoca il padre e il nonno sarebbero stati carcerieri a Ravenna. Natale, il padre, sarebbe divenuto poi “Papalino, Liberale e Patriota”, secondo le memorie del Conte E.Fabbri, patriota Cesenate.

Angelo a undici anni fu avviato agli studi musicali presso L’Accademia Filarmonica di Ravenna. Prese lezioni di teoria e di violino. Il conte G. Roberti, sacerdote e organista della cattedrale, attratto dal suo talento, gli diede lezioni gratuite di armonia e lo indirizzò presso padre Levrini di Rimini per lo studio del contrappunto.

Nel 1842 è già direttore della banda municipale di Sant’Agata Feltria (RN), dove poté studiare altri strumenti, in particolare i fiati.  Tra il 1843 e il 1844 lo troviamo come direttore e maestro degli strumenti ad Arco della Società Filarmonica di Faenza.

A Sant’Agata ed a Faenza diede anche le sue prime prove compositive: pezzi sacri (tra cui un Miserere), pezzi strumentali per vario organico, tra cui due sinfonie e un Concertone. In particolare, una sinfonia in sol minore eseguita nell’estate 1844 a Faenza fu apprezzata da G. Rossini, che il 16 agosto gli scrisse una lettera molto elogiativa. Tale apprezzamento lo spinse a spostarsi a Bologna, dove prese per breve tempo lezioni da Rossini e da T. Marchesi. Nel frattempo aveva sposato Virginia Fusconi, da cui aveva avuto una figlia, morta precocemente; il matrimonio era naufragato quasi subito, probabilmente a causa delle infedeltà del Mariani.

Angelo Mariani

Dopo una intensa esperienza in Italia ed all’estero il 15 maggio 1852 salì sul podio del teatro Carlo Felice di Genova come direttore stabile dell’orchestra civica di nuova costituzione, diventando di fatto il Primo Direttore dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice, compito che precedentemente veniva svolto dal Primo Violino nell’orchestra. Tale incarico venne occupato per tutta la vita, malgrado le successive offerte pervenutegli da diverse istituzioni: Liceo musicale di Bologna (1860 e 1866), teatro S. Carlo di Napoli (1860), Lima (1863), Théâtre-Italien di Parigi (1863 e 1865), Madrid (1865), oltre agli inviti non ufficiali alla Scala nel 1867.

Unica nel panorama italiano, l’orchestra genovese era finanziata dalla Municipalità e prevedeva un organico stabile di 56 musicisti (36 effettivi e 20 soprannumerari) più un direttore, cui il municipio garantiva anche una pensione.

Fu questa per il M. l’opportunità di mettere in luce le sue doti e d’imporre un nuovo modello che in Italia stentava a prendere piede: quello del direttore unico, che in sé riuniva il duplice ruolo di maestro concertatore e di direttore d’orchestra. Il M. fa risalire questa sua innovazione alla stagione 1846-47 a Vicenza. In realtà il processo fu molto più complesso: fino al 1861 a Genova il M. condivise la direzione con N. Uccelli, e ancora nel 1852 e nel 1857 dirigeva impugnando l’archetto e non la bacchetta (Gazzetta musicale di Milano, X [1852], pp. 94 s.; L’Armonia, 16 marzo 1857, p. 20). A quell’innovazione contribuirono anche altri direttori come G. Bregozzo a Torino, C.E. Bosoni a Venezia, E. Muzio e A. Mazzuccato a Milano, nonché la nuova concezione dei lavori di Verdi e di Meyerbeer, che cominciavano a circolare in Italia dagli anni Quaranta. Il M. fu, non a caso, fra i principali interpreti delle opere di questi due maestri e nel 1871 il primo in Italia a dirigere un’opera di R. Wagner.

Oltre che a Genova e a Bologna, il M. diresse frequentemente in altre città italiane e le cronache attestano che il suo prestigio e la sua popolarità crebbero esponenzialmente: ne è prova anche il rilievo sempre maggiore dato al suo nome sui cartelloni. Il 7 marzo 1857 ricevette la nomina a cavaliere e nel 1868 quella di commendatore della Corona d’Italia.

Gli anni genovesi furono occasione di un’intensa frequentazione con Verdi e Giuseppina Strepponi, che passarono diversi inverni in quella città e subaffittarono al M. un mezzanino di palazzo Sauli, dove si erano installati nel marzo 1867. Le lettere di Verdi testimoniano ch’egli riteneva il M. il maggior Direttore d’orchestra italiano ancora nel 1871, dopo la loro rottura (I copialettere, p. 259).

Come attestato dal carteggio fra i due, la figura di Verdi segnò indelebilmente gli ultimi vent’anni della vita del M., dalle lunghe permanenze a Sant’Agata, alle battute di caccia, ai viaggi a Parigi (1867), alle discussioni politiche, alle continue richieste di piccole commissioni da parte di Verdi e di consigli da parte del sempre irresoluto Mariani. Fiumi d’inchiostro sono stati scritti sui motivi che portarono alla rottura del sodalizio. Le lettere pubblicate da Zoppi attestano che quelli sentimentali (la rottura del fidanzamento con la Stolz nel settembre 1870 e la successiva probabile relazione di questa con Verdi dal 1871-72) vi ebbero gran parte. Tuttavia, furono importanti anche divergenze di carattere (Verdi e sua moglie mal sopportavano la spacconeria alternata a indecisione del M., che avevano soprannominato «testa falsa»), artistiche e professionali. Occasioni di contrasto furono il fiasco della Forza del destino a Genova nel 1866, lo scarso impegno mostrato dal M. (a detta di Verdi) per il progetto di una messa da eseguirsi a Bologna nel primo anniversario della morte di Rossini (1869), l’indecisione e poi il rifiuto del M. a dirigere la prima di Aida al Cairo (1871).

Alla base del dissenso fu soprattutto il fatto che il M. rappresentò la figura di direttore moderno che avoca a sé il completo controllo dell’esecuzione di un’opera e pretende di fornirne una «interpretazione», sebbene distante dalla volontà dell’autore. Eloquenti in tal senso le sue stesse lettere: «un vero direttore deve anche dirigere e regolare tutto, allora si avrà unità nella esecuzione, nel concetto, e nella interpretazione» (lettera del 12 genn. 1862; cit. in Jensen, p. 55); nonché le parole di critici come F. Filippi: «è lui solo ad organizzare la musica, dalla genesi delle prime letture al cembalo fino alla perfetta fusione dell’orchestra colle voci e colla scena, a cui egli stesso accudisce» (La Perseveranza, 4 nov. 1865). Le lettere di Verdi, al contrario, mostrano chiaramente come egli non approvasse tale novità: «Io non ammetto né ai cantanti né ai direttori la facoltà di creare che, come dissi prima, è un principio che conduce all’abisso» (lettera a G. Ricordi dell’11 apr. 1871; cit. in I copialettere, p. 256).

Gli ultimi anni di vita del M. furono tristissimi, malgrado le «prime» wagneriane che lo consacrarono grande interprete anche della «musica dell’avvenire»: abbandonato dalla Stolz, in rotta con Verdi, soffrì moltissimo per un male incurabile manifestatosi nel 1868. Continuò a dirigere quasi fino alla fine (un’accademia a Bologna il 5 dic. 1872), passando il resto del tempo a letto.

Il M. morì a Genova, assistito dall’amico C. Del Signore, il 13 giugno 1873.

Fonte: Treccani.it: Marani Angelo di Anna Tedesco – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 70 (2008)

Di Antonello Rivano

Antonello Rivano – Caporedattore il PONENTINO
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