RUBRICA A CURA DI MARCO MALTESU

Il miracolo economico delle cooperative basche

 Quando si vive in un periodo di crisi come sta succedendo a noi, è necessario avere il coraggio di guardare avanti e tendere verso un futuro che possibilmente non abbia le stesse problematiche che stanno caratterizzando il nostro presente.

A questo proposito è molto importante osservare quello che succede al di fuori del nostro mondo per vedere se esistono anche altri modelli che possono fare da esempio per la costruzione del nostro futuro.

Uno degli esempi più interessanti che esistono, lo abbiamo abbastanza vicino all’Italia, più precisamente in Spagna nei Paesi Baschi.

Intorno al 1950 Padre José María Arizmendiarrieta, parroco del paese di Mondragòn, nella regione basca della Spagna, si fece promotore dello sviluppo di una serie di industrie controllate in forma cooperativa, per impiegare i giovani della sua parrocchia. La sua idea era che, se i lavoratori sono essi stessi i proprietari, il benessere creato si distribuisce fra i lavoratori ed ancora di più in tutta la comunità in cui vivono e che li sostiene.

Da quel momento fino ad arrivare ai giorni nostri sono diventate più di 100 le cooperative che sono nate e si sono sviluppate nella zona di Mondragòn, ed impiegano oltre 100.000 persone.

Le entrate annuali complessive di tali cooperative, si aggirano sui sei miliardi di euro, rappresentando il settimo più importante giro di affari della Spagna.

Non è chiaramente il risultato economico il tema che contraddistingue queste cooperative, ma piuttosto, le regole sociali alla base del loro funzionamento.

Ad esempio, ognuna di queste cooperative ha l’obbligo di donare il 10% dei propri profitti annuali a favore di progetti educativi e sociali, in modo tale da assicurare alle istituzioni culturali basche un flusso continuo di fondi per scopi sociali; questo sostegno ha così permesso la rinascita ed il rilancio della lingua e della cultura basca dopo i terribili anni di oppressione del periodo del dittatore spagnolo Franco.

Le cooperative sono inoltre tenute allo sviluppo di tutta la comunità destinando il 10% dei loro profitti annuali, ad un fondo sociale d’impresa, il quale viene poi utilizzato per la ricerca e lo sviluppo con progetti rivolti alle nuove cooperative e per il miglioramento delle industrie esistenti. Questa impostazione, genera un sostegno diffuso all’economia regionale, creando nuovi posti di lavoro ed espandendo la rete di imprese che cooperano. Per contratto, la paga più alta di un lavoratore delle cooperative non può superare di otto volte la paga più bassa, distribuendo ulteriormente il benessere e la ricchezza e diminuendo le distanze sociali.

Attualmente la Spagna ha una percentuale di circa il 15% di disoccupazione generale ed il 38% di disoccupazione giovanile, le Cooperative Mondragon non conoscono alcuna diminuzione dell’occupazione.

Questo è il risultato di un lavoro di aggiornamento e riqualificazione continua dei lavoratori con la ricollocazione degli stessi da settori in crisi o rallentamento verso settori attivi e più produttivi.

Nel recente passato le Cooperative Mondragòn hanno dovuto redistribuire 2000 lavoratori, spostandoli da FAGOR, il fiore all’occhiello del sistema, verso altre cooperative, a causa della diminuzione degli acquisti e quindi della produzione di stufe e lavatrici della FAGOR. Tale necessità di riposizionamento dei lavoratori e delle risorse della FAGOR è purtroppo un segnale del nostro tempo che ritroviamo in tutta la produzione industriale, ma un sistema di tipo cooperativo, con le discussioni nelle assemblee generali, fa sì che i lavoratori-proprietari possano prendere decisioni che li aiutino ad affrontare situazioni economiche in continua evoluzione. Una delle risposte all’attuale situazione economica è stata quella di stabilire una riduzione dell’orario di lavoro, decisione che è avvenuta attraverso la discussione negli organismi cooperativi, ed ha permesso di lavorare al maggior numero di persone, grazie alla scelta di ridurre l’orario di lavoro con turni più brevi.

Parallelamente alle cooperative incentrate sulla produzione, ce ne sono altre del settore secondario e terziario che forniscono servizi alle cooperative industriali. Ad esempio esistono cooperative di assistenza sociale che forniscono l’assicurazione sanitaria e fondi previdenziali integrativi, oppure cooperative di consumo come la Eroski che forniscono beni di prima necessità a prezzi accessibili per tutti. La Eroski, inoltre, produce ormai gran parte dei prodotti che vende, assicurando così ulteriori posti di lavoro nella regione.

Nell’arco di 60 anni Mondragòn, da povera città di operai metallurgici e con poche opportunità si è sviluppata fino a diventare quella che è oggi, la sede del più grande gruppo commerciale di cooperative di proprietà operaia del mondo.

Ma il suo successo non è soltanto una questione di proprietà. Padre Arizmendiarrieta mise in piedi un vero enorme progetto che riguardava l’intera comunità. Era interessato alla vita di tutto il paese e dei suoi abitanti e creò un sistema che rivelava questo suo desiderio: i profitti delle cooperative sostengono le scuole a favore dei bambini della comunità; la lingua basca, la danza e i programmi culturali creano orgoglio, coerenza e relazioni locali; gli investimenti in assistenza sanitaria e servizi sociali accompagnano i lavoratori e le loro famiglie attraverso tutte le fasi della vita. Il vero colpo di genio è stata la creazione della figura dell’imprenditore sociale, ovvero colui il quale studia, sviluppa e finanzia nuove attività adeguate alla regione e alle capacità di quelli che in essa vivono; il suo ruolo espande l’influenza delle cooperative e permette la creazione di nuovi posti di lavoro per le future generazioni basche. La sfida, adesso, è quella di esportare questa nuova figura dell’imprenditore sociale al di fuori dai Paesi Baschi, fondando industrie e produzioni legate alle comunità. Il tutto, naturalmente, deve essere unito a programmi di credito, provando così a far fronte, con progetti innovativi, alle crescenti sfide di quest’ormai fragile sistema economico globale.

Nell’ultimo periodo, la strategia è stata nuovamente aggiornata, centrando maggiormente l’attenzione sulla necessità di potenziare il capitale umano, presente sul territorio, attraverso l’investimento in educazione, ricerca e innovazione sociale. Tra i protagonisti cruciali di questa fase figurano le università basche ed i sei centri di ricerca basica ed avanzata, creati negli ultimi anni ed operanti nei settori della biologia, dei materiali, della matematica applicata e delle neuroscienze.

Il governo basco ha inoltre varato, fin dal 2002, una strategia di sviluppo sostenibile dell’ambiente, che analizza sei condizioni fondamentali per l’elaborazione di un progetto di sviluppo sostenibile nel territorio: il miglioramento della legislazione ambientale; la sensibilizzazione delle imprese e dei consumatori sui temi ambientali; un policy-making trasversale; il coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici e privati nella gestione responsabile dell’ambiente; la promozione della ricerca nei settori più direttamente coinvolti nello sviluppo sostenibile; la cooperazione internazionale nella tutela dell’ambiente.

Dal punto di vista energetico, argomento di stretta e preoccupante attualità, sono state individuate quattro linee di condotta, legate all’efficienza dei consumi, alla transizione verso energie rinnovabili, all’investimento nelle infrastrutture più efficienti per combattere gli sprechi e alla ricerca sempre più spinta nel settore energetico.

Il grande merito dell’esperienza basca, inoltre, è quello di ancorare lo sviluppo umano all’economia reale. Si tratta di uno spunto prezioso di riflessione nel tempo presente, testimone degli effetti di una crisi che mette a nudo molte delle fragilità delle economie finanziarie occidentali.

Certamente, i Paesi Baschi non saranno risparmiati dalle conseguenze dei problemi internazionali, e i bilanci, per la società basca, saranno comunque colpiti dalla crisi presente. È comunque fondamentale sottolineare l’importanza che viene sempre più diffusamente riconosciuta di un tale esperimento sociale oltreché economico. Inoltre, altro elemento molto importante, tale realtà, genera una nuova alleanza tra soggetti pubblici e privati, in nome di uno sviluppo sostenibile che rivitalizzi e “coaguli” la capacità di innovazione sociale spesso dispersa sul territorio, e bisognosa di nuovi ed efficienti processi di governance.

 E’ in questa grande cornice che Juan José Ibarretxe Markuartu, primo ministro basco dal 1999 al 2009, ha redatto un interessante rapporto sulla linea politica adottata nei Paesi Baschi. Si tratta di un progetto politico che si ispira alla visione di un “paese in pace, orgoglioso delle sue radici e tradizioni, tollerante e rispettoso delle diversità, altamente produttivo e che compete grazie ad un popolo coeso, che usa la sua creatività e che lavora responsabilmente all’interno di progetti condivisi ed in contesti internazionali aperti”.

In effetti, la coesione sociale è tanto più solida quanti più individui sono posti nelle condizioni di vivere una vita dignitosa ed indipendente, e questo stato delle cose deriva a sua volta da politiche inclusive, i cui costi impongono – con una lungimiranza che non sempre ha caratterizzato alcuni governi europei – un impiego efficiente ed il più possibile razionale delle risorse da parte della pubblica amministrazione. Lo sviluppo umano sostenibile che i Paesi Baschi stanno tentando di realizzare in questi anni intercetta, in una prospettiva di efficacia ed efficienza, cinque fondamentali direttrici: educazione e formazione di eccellenza, qualità delle cure sanitarie, inclusione sociale, uguaglianza di genere e promozione della cultura basca.

E termino con la risposta del Dirigente di una fra le cooperative più grandi dei Paesi Baschi, quando alla domanda di un giornalista che gli chiedeva con le sue competenze e capacità di amministratore, per quale motivo continuava a lavorare per la cooperativa in cui percepiva solo 200.000 € di stipendio, invece di andare in qualsiasi altra società in cui avrebbe guadagnato almeno un milione di euro, come tutti gli altri Amministratori Delegati di società di quell’importanza, e lui ha risposto che sicuramente avrebbe potuto guadagnare molto di più, ma poter lavorare per uno scopo così importante, per un progetto fondamentale per la sua città e la sua regione, con persone amiche che condividono gli stessi valori, era una cosa che nessuna cifra avrebbe potuto ripagare.

Questi sono i valori di cui parliamo tanto ma che stiamo dimenticando sempre di più

Marco Maltesu
Direttore di redazione ilponentino.it

LA LANTERNA – Rubrica a cura di Marco Maltesu
direttore de il PONENTINO

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