In punta di penna. Rubrica settimanale a cura di Antonello Rivano

Lavoro: così è se vi pare


Come scritto in fondo ad ognuno di questi editoriali “in punta di penna” il loro scopo è di stimolare delle riflessioni. Questa volta, con la festa del Primo Maggio appena trascorsa vogliamo tornare sul tema del lavoro.

In questi giorni, mentre i media continuano a darci notizie di “morti bianche”, ci viene anche raccontato che l’ISTAT certifica che la disoccupazione è in fase calante, grazie all’aumento di contratti a tempo determinato. Contratti che non danno nessuna garanzia e che, anzi, determinano, in tanti casi, quella dipendenza “padrone-lavoratore” che permette ai primi di pretendere silenzi e prestazioni sempre più “al limite” ai secondi.

lavoro

E’ anche questa condizione di “sudditanza”, in cui il rinnovo del contratto si fa arma di ricatto, che avvengono spesso gli incidenti mortali, a volte a causa dell’inosservanza delle norme di sicurezza, altre per le condizioni psicofisiche delle vittime.
Non si salva nessun settore dai “contratti capestro” del tempo determinato, neppure quello delicatissimo della sanità, dove con la speranza del veder comparire la parolina fatata “indeterminato” vengono accettati turni massacranti, spesso a discapito della qualità di servizio e prestazioni.

Fra i contratti che L’ISTAT prende come buoni, come dati positivi, ci sono anche quelli “pseudo” che si riscontrano specie nella ristorazione. Contratti di quattro ore al giorno per gente, nella fattispecie ragazzi, che ne devono fare nella realtà anche quindici su ventiquattro, sette giorni su sette e che, nelle migliore delle ipotesi, percepiscono cinquanta euro giornalieri. Pseudo contratti, che “magicamente” vedono sparire TFR, malattia e ferie retribuite, presenti solo sulla carta.
Ovviamente non possiamo fare di tutta un’erba un fascio, ci sono “anche” imprenditori onesti, osservanti della legge e rispettosi dei loro dipendenti prima ancora che dei loro diritti. Ma è quel “anche” che dovrebbe sparire per sempre. Perché l’onestà, l’umanità e il rispetto non possono essere eccezioni ma devono diventare norma.

lavoro


Fa però rabbia leggere della scarsa voglia dei ragazzi di impegnarsi, del loro rifiuto di lavori che non prevedono fine settimana liberi e spesso neppure riposi infrasettimanali, del non voler accettare più orari “disumani”. Quei ragazzi sono quelli che partono per fare gli stessi lavori, che hanno rifiutato nel loro paese, all’estero. E non parliamo di “fuga di cervelli” ma di quella di “camerieri, pizzaioli, cuochi e lavapiatti”, in cerca di una retribuzione equa e condizioni lavorative e umane più compatibili con gli stili di vita degli anni duemila.
Fa rabbia come l’opinione pubblica non voglia vedere dove sta il problema e punti il dito sulla vittima anziché sul carnefice, fuorviata da slogan elettorali (non possiamo neppure chiamarli politici) e dalla facile e becera discussione sui social. Una Opinione Pubblica sempre più vittima ed ostaggio di quel “dividi et impera” che ha reso, da sempre, facile governare i popoli.

In Punta di Penna, perché la nostra non è e non sarà mai una informazione urlata. Perché questa rubrica vuole essere come un venticello leggero, un PONENTINO, che vi sfiora appena e rinfresca il vostro senso critico. Senza la pretesa di dare risposte ma con lo scopo di fare riflettere e porre domande

Antonello Rivano – Caporedattore il PONENTINO
(Vedi informazioni sull’autore)

image_printScarica il PDF