di Stefano Parodi

Francesco Ingravalle, docente di Storia delle Istituzioni Politiche presso il Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali (DIGSPES) dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, affrontando, in un saggio del 2005, il tema de La sussidiarietà nei trattati e nelle istituzioni politiche dell’UE (Working Paper n. 55, Università del Piemonte Orientale, Alessandria, ottobre 2005, p. 3; consultabile nel sito dell’Università), cita la formulazione del principio di sussidiarietà contenuta nel Trattato che adotta una costituzione per l’Europa: «In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’Unione interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere meglio raggiunti a livello di Unione».

Tale formulazione delinea perfettamente, a mio parere, la logica operativa fondata sul principio di sussidiarietà, che non può non essere considerato strettamente e intimamente connesso ad ogni forma di decentramento, a qualsiasi livello.

La vicenda dei Municipi genovesi e del loro rapporto spesso problematico con il Comune, se affrontata in questa prospettiva, mette a nudo la quasi totale assenza di una vera progettualità politico-amministrativa in coloro che hanno avuto in questi anni la responsabilità di realizzare il famoso “avvicinamento” delle istituzioni ai cittadini.

Un modello di decentramento efficace ed efficiente, infatti, deve prevedere che l’Ente di livello inferiore abbia tutte le competenze compatibili con la sua effettiva capacità operativa. In altre parole, l’Ente di livello inferiore deve fare quello che è in grado di fare (bene, ovviamente). Di conseguenza, nel momento in cui l’Ente di livello inferiore dimostra di aver raggiunto il proprio limite operativo, l’Ente di livello superiore interviene. Questo schema, naturalmente, è valido, come si è visto, a tutti i livelli: dal Municipio all’Unione Europea.

Tutto questo prevede però non solo una cessione di competenze, di funzioni, ma anche una cessione di risorse, che rappresentano la “benzina” della “capacità operativa” di qualsiasi Ente.

Sussidiarietà, Municipi
Palazzo Tursi-sede del Comune di Genova

È pertanto evidente che tutto ciò possa avvenire solo in presenza di una forte e chiara volontà politica di procedere in tal senso. Una volontà politica che probabilmente non esisteva nel momento in cui sono stati istituiti i Municipi e che sicuramente non esiste oggi, considerato che proprio negli ultimi mesi sono giunte dal Comune di Genova delle “Proposte di modifica del Regolamento sul funzionamento degli organi del Municipio Ponente VII”, che sottendono un maggior controllo da parte del Comune sull’operato del Municipio (dei Municipi).

Appare quindi evidente la progressiva perdita di senso del Municipio, che deve essere necessariamente inteso come l’Istituzione che meglio può risolvere i problemi dei cittadini; che ha un rapporto diretto con il territorio; che è accessibile e controllabile; che non si limita a raccogliere le istanze (i “mugugni”) della gente.

In realtà il Municipio non è mai stato fino in fondo questo e in futuro quasi sicuramente lo sarà sempre meno.

La scarsa utilità dei Municipi, creati (ed eventualmente modificati) in palese contrasto con quel principio di sussidiarietà che dovrebbe costituire la “bussola” di qualsiasi vera politica di decentramento, potrebbe essere considerata il prodotto della politica, sempre più imperante, della “foglia di fico”. Di una politica, cioè, che usa i “nomi” come paraventi che nascondono ciò che non esiste o ciò che non va nella direzione dell’interesse dei cittadini. E questo è un problema che va al di là della singola questione; si tratta di un male evidente della politica, soprattutto di quella degli ultimi decenni, caratterizzata da slogan, “tavoli programmatici” e “foglie di fico”.

Foto di copertina: Cortile interno Palazzo Tursi, Sede del Comune di Genova

           Stefano Parodi  
Si è laureato in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Genova, dove ha successivamente conseguito il Dottorato di Ricerca in Pensiero Politico e Comunicazione Politica. Si è occupato professionalmente di consulenza politica. Attualmente è membro del Laboratorio di Storia, Politica, Istituzioni (La.S.P.I.) dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Svolge attività di ricerca nel campo della Storia del Pensiero Politico.                                                                                                                           

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