Racconto a puntate di Pier Guido Quartero


Cogliendo le sollecitazioni degli amici inizio qui a proporre, a chi abbia del tempo da dedicare alla lettura, una vecchia storia, risalente ai primi tempi in cui mi dedicai a prove di scrittura. Il protagonista di questa avventura si chiama Peo Traverso. Chi ha già letto qualcosa di mio sa che questo cognome compare nella saga familiare attraverso la quale ho provato a narrare la storia di Genova, e tutto questo non avviene a caso.


P.G.Q

L’AFFARE SPAMPANATO TRIPOLI

Cap 15: ALLE TRE IN PUNTO

Alle tre in punto Peo suonò al campanello di casa Spampanato Tripoli.

La sua cliente lo accolse già vestita per uscire e gli ricordò subito che il tempo a disposizione era poco: il dentista la aspettava. Subito dopo incominciò ad interrogarlo.

-Allora mi vuol spiegare cosa è andato a fare a Rossiglione?

-Sono andato a ricostruire tutte le cose che Lei non mi ha detto, Signora. –Peo aveva scelto la via dell’attacco- Quando mi ha conferito l’incarico, mi ha dato un quadro della situazione assolutamente parziale. Il regime contributivo può cambiare in rapporto alla situazione familiare, e soprattutto le prestazioni che ne derivano possono esserne influenzate. Lei si rende conto che anche la prima moglie può avere dei diritti sulla eventuale pensione in caso di premorienza del coniuge?

-Insomma, io le ho dato un incarico per avere più soldi e lei se ne viene bel bello a dirmi che invece me ne spetteranno di meno?

-Non sono io che faccio le leggi, Signora. Il mio compito era di ricostruire una situazione, e l’ho fatto. Poi c’è quell’altra faccenda dell’INAIL. Vuole che me ne interessi o no? Ho l’impressione che si tratti di somme indebitamente percepite, per cui Le anticipo che anche su questo piano possono esserci dei rischi, ma secondo me Le converrebbe almeno sapere cosa è successo, per avere tutti gli elementi che Le consentano di affrontare la situazione…

Mentre parlavano, si erano trasferiti nel tinello, dove il Tripoli era seduto nella stessa posizione dell’altra volta. Peo ebbe la netta sensazione che l’uomo lo avesse riconosciuto e che cercasse di seguire i loro discorsi.

-Mi sembra che Suo marito stia meglio dell’ultima volta…

-Lasci perdere mio marito. Sulla questione INAIL, se è vero che c’è il rischio di perderci ancora dei soldi, mi verrebbe da dirLe di mollare tutto: ho già abbastanza problemi senza aggiungerci anche questo. D’altra parte…

-Guardi, io avrei trovato un contatto che forse ci permetterebbe di capire cosa è successo senza esporci. Se vuole faccio questo tentativo e poi semmai ci fermiamo. Cosa ne dice?

La Spampanato esitò…

-Va bene. Tant’è, l’idea che quei soldi mi siano passati sotto il naso senza che ne abbia neanche sentito l’odore non mi va proprio giù. Se c’è una possibilità di recuperarli non voglio perderla. Se invece c’è da rimetterci veda di tenermi fuori…

Così dicendo guardò Peo con un’aria di minaccia degna di una miglior causa. Non era certo brandendo le sue immaginette o un flacone di Prozac che poteva spaventarlo…

-Stando così le cose, le spiacerebbe se dessi ancora un’occhiata al documento? La fotocopia che ne avevo fatto è un po’ troppo chiara, e vorrei appuntarmi almeno gli estremi di protocollo…

La donna si alzò dalla sedia:

-Aspetti- disse, e si diresse verso una stanza che doveva essere la camera da letto.

Peo si alzò per sbirciare. Dalla porta semiaperta poteva vedere una stanza illuminata da una lampadina piuttosto fioca. Sul letto era steso un vecchio mezzaro. Nell’angolo opposto alla porta si scorgeva una specie di altarino sormontato da una raccolta di fotografie, davanti alle quali era acceso un lumino.

La Spampanato onora i Lari e i Penati, pensò Peo sogghignando tra sé e sé. Erano anni che non vedeva un accrocco del genere, rimanenza di costumi atavici che, da bambino, aveva visto in casa di famiglie contadine.

La donna riemerse dalla camera con il foglio. Lui gli diede una scorsa, confrontandolo con la fotocopia e riscrivendo a penna i dati che su questa risultavano poco chiari. Poi, non riuscendo a trattenere la curiosità, chiese:

-Mi vuol dire come ha saputo della mia presenza a Rossiglione?

La cicciona lo guardò con una punta di compiaciuta malizia.

-Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, caro mio: Lei si attenga a questa massima e vedrà che si troverà bene.

Peo incassò con signorilità.

-Vedo che non le sfugge nulla… D’altra parte si ricordi che quando chiede a un professionista di lavorare per Lei più informazioni gli dà e meglio è; del resto, come ha visto, le cose poi saltano fuori comunque.

-Non mi stia a insegnare la vita, dottor Traverso. So come regolarmi e se sbaglio preferisco farlo da sola. Comunque ora sa quel che deve sapere e ha visto il documento che Le interessava. Se non Le spiace sarebbe ora che io andassi.

Così dicendo Miss Simpatia Spampanato si diresse, senza ulteriori indugi, verso l’ingresso, dove indossò il cappotto. A Peo non era rimasto che seguirla. Questa volta però, si era girato verso l’uomo seduto al tavolo e gli aveva fatto un cenno di saluto. Gli occhi dell’uomo sembrarono rispondere.

Gli toccò scendere insieme alla donna, dentro l’ascensore con le porte a scorrimento orizzontale. Durante la discesa stette ben attento a non sfiorarla e guardò costantemente i propri piedi. Il silenzio era imbarazzantissimo.

Finalmente arrivarono in fondo. La Spampanato lo salutò senza neanche dargli la mano e si precipitò verso la fermata dell’autobus. Peo si accese una sigaretta con calma e si diresse verso il bar più vicino. Quella dannata stronza non gli aveva nemmeno offerto un caffè.

Per il resto del pomeriggio non aveva nulla da fare. Ridiscese a valle per le creuze guardando il cielo che andava perdendo la sua luminosità. L’aperitivo rinforzato preso all’una meritava una compensazione serale. Pensò di prepararsi un bel piatto di pasta all’amatriciana.

In realtà la ricetta che seguiva avrebbe fatto storcere il naso a un purista. Intanto partiva facendo un soffritto di cipolla e peperoncino, poi non usava guanciale ma pancetta coppata –per via che era un po’ più magra-, poi ancora aggiungeva abbondante pomodoro e infine, subito prima di spegnere il fuoco sotto l’intingolo, lo cospargeva con una manciata di origano. Insomma, l’unica cosa che questo piatto aveva in comune con l’amatriciana era il pecorino che alla fine andava ad imbiancare la rossa montagna di spaghetti sul piatto di Peo.

Dopo cena telefonò a Pietro e lo ragguagliò. Rimasero d’accordo che la mattina dopo Peo avrebbe telefonato al compagno Prefumo per sapere se potevano incontrarlo nel week end. Pietro era disponibile sia per sabato che per domenica: l’idea dei ravioli alla piemontese lo galvanizzava, e non avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
[Continua]
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Pier Guido Quartero
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