CINENOSTALGIA

Una rubrica relativa alla mia cineteca del cuore: non tanto i migliori film che abbia mai visto, ma quelli che amo maggiormente, quelli, cioè, che non mi stanco di rivedere.
Riccardo Mora


Les Enfants du Paradis

Nel 1936 il regista Marcel Carné ed il poeta Jacques Prévert iniziano una collaborazione che li condurrà alla realizzazione di sette film, cinque dei quali grandissimi successi di critica e di pubblico.

Marcel Carné e Jacques Prévert

Il più importante è “Les enfants di Paradis”, che si può tradurre “I ragazzi del loggione”, essendo il Paradis, nel gergo parigino, il loggione del teatro, la nostra piccionaia, che ospitava il pubblico più popolare.

E’ considerato generalmente il più grande film francese di sempre; personalmente lo considero il più grande film di sempre in assoluto…e non credo di essere il solo a giudicarlo tale.

Carné e Prévert, reduci dal loro quinto film assieme, “Les visiteurs du soi” (L’amore e il diavolo) girato nel ’42, sono alla ricerca di un soggetto non contemporaneo, onde evitare la censura degli occupanti tedeschi e del governo collaborazionista di Pétain (che peraltro non si erano accorti del messaggio allegorico del finale del film precedente, dal significato palesemente resistenziale).

A Nizza, presso cui vivono entrambi, incontrano casualmente l’attore Jean-Louis Barrault: questi dà la stura ad una ridda di aneddoti sulla vita del famoso mimo Baptiste Debureau; uno di questi suscita l’interesse dei due e, dopo le opportune faticose ricerche d’archivio (non c’era Wikipedia), nasce il soggetto, che riunirà nella stessa vicenda tre personaggi vissuti a Parigi nella prima metà dell’800: il detto Debureau, il celebre attore teatrale Frédérick Lemaître ed il ladro ed assassino, con velleità letterarie, Pierre-François Lacenaire, finito sulla forca nel 1936.

Le vicende dei tre protagonisti ruotano attorno a Garance, personaggio femminile di fantasia, che rappresenta la parigina disinibita e padrona di sé stessa.

Forte del grande successo dei film precedenti, Carné ottiene dalla produzione i più famosi attori del periodo: lo stesso Barrault nel ruolo di Debureau; Pierre Brasseur in quello di Lemaître;

Baptiste Debureau e Pierre Brasseu

Marcel Herrand è Lacenaire, il personaggio che certamente ha più interessato Préver: e la grande Arletty, già presente, come Herrand, nel precedente “Les visiteurs du soir”

Marcel Herrand e Arletty

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Arletty (Léonie Bathiat), era donna dal carattere molto indipendente, come si evince dalla risposta che diede a chi, dopo la liberazione, le rinfacciava di essere stata l’amante di un ufficiale tedesco: ”Il mio cuore è della patria, ma il mio culo è internazionale”.

Vi allego un dialogo fra Garance e Lacenaire, che è la vera presentazione di quest’ultimo:

Les Enfants du Paradis – Monologue de Pierre-François Lacenaire – YouTube

Sono quattro attori straordinari, ma personalmente rimango sempre strabiliato da Brasseur, il cui uso delle mani resterà straordinario, anche quando gli anni passeranno (per lui in modo particolarmente e repentinamente impietoso): lo si guardi trent’anni dopo in “La più bella serata della mia vita” di Scola, dove Brasseur è quello che fa l’avvocato difensore.

La più bella serata della mia vita – 1T
La più bella serata della mia vita – 2T

Per la verità vi sono anche un paio di attori non all’altezza:

Maria Casarès, nota attrice teatrale spagnola, fuoriuscita dal suo Paese dopo la vittoria fascista, risulta un po’ melensa nel ruolo della moglie di Debureau; anche Pierre Renoir (fratello del regista Jean e figlio del pittore Auguste) è poco convincente nella parte di Jéricho, lo straccivendolo. In effetti si trattava per lui di una sostituzione in corsa, poiché l’attore designato Robert Le Vigan, antisemita viscerale, poco dopo l’inizio delle riprese, allo sbarco in Sicilia da parte degli Alleati, si rifugia in Germania, dove resterà fino alla fine della guerra.

Il film viene iniziato nel 1943 negli studi di Nizza, ma lo sbarco alleato in Sicilia, di cui si è detto, facendo temere ai tedeschi anche quello sulle coste francesi, impone l‘arresto delle riprese e ci si trasferisce forzatamente a Parigi.

Lì, grazie all’eccezionale lavoro del grande scenografo Alexander Trauner (futuro premio Oscar per “L’appartamento “ di B.Wilder), che lavorava di nascosto in quando ebreo (come peraltro Joseph Kosma, parzialmente autore delle musiche), viene effettuata la splendida ricostruzione del “Boulevard del delitto” (il Boulevard du temple, chiamato così per i crimini che venivano commessi sui palcoscenici dei numerosi teatri presenti).

Indimenticabile la scena finale sul boulevard, durante il Carnevale, rimasta giustamente nella storia del cinema.

La complessità della vicenda determina un’inusuale lunghezza del film, che verrà infatti distribuito in due parti, “Il boulevard del delitto”, ambientato nel 1830 e “L’uomo in bianco”, nel 1835.

La lavorazione, causa le restrizioni dei tempi di guerra, è lunga e faticosa, ma Carné riesce a ritardare di proposito ulteriormente i tempi di lavorazione per poter proiettare la prima nella Francia liberata, all’inizio del ’45, dopo quasi due anni dall’inizio delle riprese.

In Italia la Scalera film, titolare dei diritti di distribuzione, temendone la lunghezza, massacra il capolavoro, tagliando 83 dei 189 minuti della durata originale, riducendo le due parti ad un unico lungometraggio di 106’ ed imponendo l’assurdo titolo di “Amanti perduti”.

Solo nel 1969 Gian Luigi Rondi farà proiettare alla TV il film completo, trasmesso in due diverse puntate, nella sua versione integrale, doppiata egregiamente in italiano, con una sola notazione a mio parere negativa: i nomi dei protagonisti maschili sono tradotti in italiano (Battista, Federico, Pier Francesco), ma Garance (che, se tradotto, sarebbe Robbia, evidentemente improponibile) resta ovviamente Garance…e allora, perché non lasciare a tutti i nomi originali?

Sul grande schermo, tuttavia, il film completo compare solo una decina d’anni fa, nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna in versione originale con sottotitoli italiani.

In commercio esiste un bellissimo cofanetto che fornisce:

  • La restaurata versione originale sottotitolata
  • La versione televisiva in italiano
  • L’orribile versione di “Amanti perduti”, che consiglio di vedere solo per verificarne le nefandezze.

Riccardo Mora

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