Ibn Hazm “Il collare della colomba” Ed. SE

L’amore ai tempi della dominazione araba in Spagna, secolo XI, raccontato da un grande intellettuale dell’epoca Ibn Hazm. Un’opera finissima e preziosa, per l’accuratezza e la passione con cui il tema è svolto sotto l’apparenza, falsamente austera, di dotto trattato scientifico. Ma questo è anche un illuminante documento storico, una narrazione vivida e brillante, che ci riporta a tempi e luoghi lontani per dirci che il cuore umano non cambia: l’amore in tutte le sue forme lo fa palpitare sempre allo stesso modo. Tutti noi ci possiamo riconoscere nell’illustre studioso arabo che, forse in preda a pene o delizie d’amore, ha preso la penna (d’oca) e per soffocare i tumulti del suo cuore, ha cominciato a scrivere.

STRALCI DAL LIBRO

L’ESSENZA DELL’AMORE

L’amore comincia in scherzo e finisce come cosa seria. I suoi significati sono per la loro altezza troppo sottili per poter essere descritti, e la sua vera essenza non può esser colta se non con accurato studio Il mio parere è che amore sia l’unione tra le parti delle anime, divise in questo mondo.

I SEGNI DELL’AMORE

L’amore ha certi suoi segni caratteristici che l’uomo perspicace avverte e l’acuto osservatore giunge a scoprire. Il primo fra questi è il tener lo sguardo di continuo fisso sull’oggetto amato. Il mio occhio non posa su altri che su te, quasi tu avessi le favoleggiate proprietà della calamita. Lo dirigo là dove tu ti dirigi, così come, in grammatica, l’attributo segue il nome. Altri segni sono l’affrettarsi al luogo dove l’amato si trova, il cercare in ogni modo di sedere al suo fianco e di stargli vicino, il lasciar perdere ogni occupazione che obbligherebbe l’amante a separarsi da lui, il trascurare ogni grave faccenda che l’indurrebbe a staccarsene, il camminare con lenti e tardi passi quando da lui si allontana. Quando ti lascio, cammino col passo di un prigioniero che vien condotto alla morte. Nel venire a te, mi affretto sollecito come la luna quando percorre la volta celeste./Solo se costretto mi diparto da lei, e sempre mi volto a guardarla, e sono come una cavalcatura che abbia gli zoccoli offesi. Quando il mio corpo s’allontana e non riesco a staccar gli occhi da lei, sono come il naufrago che tra le onde volge lo sguardo a riva. Mi sento soffocare se penso a lei lontana, come colui che boccheggi in mezzo alla polvere, sotto un sole ardente. Se tu mi dici: «E possibile giungere al cielo?» rispondo: «Sì, e so quale sia la scala».

Grazia Tanzi

(Informazioni sull’autore)

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