FOGLI SPARSI
Vagabondaggi di riflessioni e ricordi, appuntati senza un ordine preciso,
su fogli sparsi
Rubrica a cura di Grazia Tanzi


Il piacere di leggere

La lettura è un’operazione complessa che coinvolge diverse facoltà psichiche – emozione intelletto memoria – per citarle in breve.  Queste funzioni non si attivano separatamente, ma interagiscono, si alternano in modo dinamico, dando a chi la compie un piacere composito, che nella grande letteratura raggiunge punte di altissimo godimento.

Perché è inutile negarlo, leggere è una forma elevata di erotismo, là dove questo termine è da intendersi nel senso esteso di forza vivificatrice che ci attrae verso il bello, verso la ricerca del piacere, quello estetico e della conoscenza, non meno verso quello fisico: assaporare un bel libro, ma bello veramente, è un’esperienza orgasmica. Del resto tutti coloro che sono “afflitti” dalla  passione, più o meno intensa, per questo strano oggetto che è il libro,  lo sanno bene.

Due i veicoli che conducono alle vie del piacere “letturale”:  il contenuto e il linguaggio.  Le storie (parliamo qui solo di narrativa) ci prendono, specie se drammatiche, innanzi tutto perché raccontano vicende e sentimenti umani che tutti noi in qualche fase della vita abbiamo sperimentato. Ma ce ne presentano anche di nuove, che ci incuriosiscono, che vorremmo vivere e non possiamo, o non vogliamo. Ci fanno provare esperienze, anche dolorose e violente, che dovremmo conoscere, ma senza rischi: ci preparano in qualche modo, in una sorta di esercitazione protetta, alla vita. Ci fanno immedesimare nei personaggi, gioire e soffrire con loro: in qualche caso li detestiamo, in altri li amiamo, stiamo in ansia per le loro disavventure, soprattutto per quelle sentimentali.

  La narrazione, però,  è anche un costrutto architettonico, le cui parti sono composte secondo precise armonie e leggi, che variano a seconda degli scrittori; oppure il racconto può essere un congegno di precisione, concepito, con crescente intensità, per stupirci, con un effetto finale scintillante come un fuoco d’artificio. Tutte queste cose ed altre che sarebbe lungo elencare,  costituiscono gran parte del piacere, che ho definito erotico, della lettura.

Ma ugualmente, e talvolta in maggior misura, almeno per quanto mi riguarda, l’attrazione amorosa della lettura avviene attraverso, la forma: il linguaggio, uno dei più potenti e raffinati strumenti di seduzione –  in ambiti diversi, nel bene e nel male – quello scritto in particolare, che gli antichi, non a caso, concepirono come invenzione e dono degli dei.

  Il libro dunque viene affrontato e giudicato anche nei suoi elementi più oggettivi: la lingua, lo stile, la struttura narrativa, la capacità di evocare vividamente il mondo descritto, l’abilità di penetrare nella psicologia dei personaggi.

 Le diverse modalità di approccio interagiscono nella lettura, si alternano in modo dinamico, a volte ne prevale una, altre volte l’altra; ma dobbiamo considerare anche il tipo di libro, alcuni sono strutturati in modo tale da sollecitare nel lettore principalmente la modalità emozionale, altri quella intellettuale.

 Generalmente, i libri che fanno appello in prevalenza  ai sentimenti e alle emozioni del lettore, sono i cosiddetti libri popolari o di consumo,  libri rosa, gialli, thriller, horror, spesso abilmente costruiti e di grande successo, che non richiedono  molto sforzo da parte del lettore. In questo mucchio ci stanno libri biecamente commerciali, ma anche di intrattenimento intelligente, pensiamo ad Alexandre  Dumas, ad Agatha Christie, a Charles Dickens, che pubblicava a puntate su giornali popolari, al nostro Emilio Salgari, solo per fare qualche esempio, ma sono molti ed hanno superato la barriera implacabile del tempo. Giudicare su quelli odierni è meno facile, ma ciascuno avrà di sicuro in mente qualche titolo e nome, e vedremo, o meglio, nel caso, li vedranno i posteri.

La grande letteratura, quella che per contenuto o stile è stata innovativa, proprio perché grande fa appello a tutte le funzioni psichiche di cui ho parlato, parlano al cuore e all’intelletto. Qualche titolo a caso:  Delitto e castigo, Guerra e pace, Madame Bovary, I promessi sposi (letti fuori della scuola), i libri  di Verga, di De Roberto le opere di Shakespeare, di Balzac,  di Thomas Mann e tutti i classici di ogni tempo e paese che, come dice Italo Calvino, non hanno ancora finito di dirci qualcosa.

Due diversi modi di leggere

I libri-placebo sono libri che assolvono di nascosto, senza lasciarlo intendere, una funzione consolatoria, rassicurante, libri che in buona fede uno crede siano fatti di idee balsamiche, mentre in realtà non contengono alcuna sostanza rigenerativa, ardimentosa.

La vera finalità dei libri-placebo è rabbonire gli animi, acquietare e non inquietare. Sono libri che non hanno niente di vizioso, di irregolare,[…]

Insomma i libri-placebo sono libri che si leggono per soddisfare un desiderio inconscio di rilassamento, quasi di annullamento psicologico, libri che, all’insaputa del lettore, finiscono per intorpidirgli la mente, che inclinano verso il prevedibile, verso un genere facilmente rispettabile, che al lentano e rallentano le tensioni emotive, e invogliano, grazie alla loro azione sviante, a raggiungere un equilibrio statico, confortevole.

Una delle caratteristiche dei libri-placebo, forse la più perfida, è la capacità d’infondere astutamente nel lettore l’impressione di aver letto un capolavoro, un libro epocale, formativo, specie se il libro ha avuto un grande successo, confermato dalle copie vendute e dalle recensioni di critici autorevoli. […]

Riduzione da  I libri placebo dal volume Bibliografia curiosa di Paolo Albani edito da Apice libri

 (…) Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro dev’ essere la scure per il mare gelato dentro di noi. Questo credo.

Ervino Pocar, in F.Kafka, Lettere, a cura di F.Masini, A.Mondadori

Il primo brano chiarisce con grande precisione la funzione e gli effetti di tanta, troppa ormai, editoria commerciale che punta solo al profitto senza offrire al lettore alcun apporto culturale, ma come si usa dire, parlano alla sua pancia, alle emozioni più immediate e semplici, più che al suo intelletto. La citazione da Kafka, completamente opposta,  va chiarita perché ad una prima lettura potrebbe essere fraintesa. Il grande scrittore non intende che bisogna leggere (soltanto) libri drammatici, truci; ma libri che siano in grado di mettere in crisi le nostre certezze, che ci scuotano e ci facciano pensare, anche dolorosamente se è il caso. Del resto basta pensare ai suoi libri: indubbiamente “forti”, che colpiscono emotivamente, ma nello stesso tempo stimolano pensieri e riflessioni.

Il libro

Il libro è  strumento  e simbolo dell’intelletto, nutrimento della vita interiore ed emotiva, interlocutore volta a volta consolatorio e sconfortante, stimolante e pungente, comprensivo e impietoso. Il libro è capace di sfidare il tempo  conservando fra le sue pagine i pensieri immortali di uomini mortali,  di superare le grandi distanze portando le parole di maestri che vengono da lontano, di regalare storie vecchie e nuove che raccontano dell’eterna, conflittuale, condizione umana.

 Tuttavia il libro non è oggetto sacrale e intoccabile, non è né idolo né feticcio, ma un prodotto squisitamente umano e, come tale, sottoposto all’uso e alla critica, non depositario di verità assolute, ma di proposte da offrire alla riflessione e all’indagine.

 Non tutti i libri sono uguali, oggi se se ne producono molti, troppi e in gran parte inutili e non tutti valgono la pena di essere letti. Bisogna scegliere e scegliere è un’arte che si impara con l’esperienza e per molte vie, talvolta grazie a buoni maestri, che non sempre sono quelli scolastici.

Ma che cos’è un libro?

Un libro è una cosa da avere; cosa con cui si abita e si viaggia, da cui magari alla fine ci toccherà separarci, ma che occorre far di tutto per conservare e tenere vicino. È una cosa da guardare e da toccare. Un libro è quella cosa che si apre e si chiude, che si tira fuori dalla fila, che si ripone, che ha tanti strati e tante forme. Chiuso è un parallelepipedo, chiuso e visto dall’alto è un rettangolo (di rado un quadrato), aperto e visto di fronte, all’altezza d’occhi, un gabbiano e, se le pagine non si dividono su due lati come due bande di capelli (tipico dei dizionari e dei libri che hanno pagine molto sottili), fa un semicerchio di raggi.

Perché si soffre tanto quando si perde un libro, che lo si sia letto o no? Perché, quando si perde un libro, sentiamo una perdita immensa e irrimediabile? Com’è che un libro, un mazzetto di fogli, riesce a rappresentare il destino?

Se un libro esaurisse la sua ragion d’essere nell’essere letto, dovremmo disfarcene dopo che l’abbiamo letto, così come ci disfiamo del cartone dopo che abbiamo bevuto il latte. Invece lo teniamo. Rivenderlo manco a parlarne. Quel libro non ha prezzo: lui sa chi e come eravamo!

Quanti libri ho…?

 Io mi domando: quanti libri non ho?

Non li ho letti tutti, naturalmente. A tutti, però, ho fatto una promessa.

Che cosa ci fanno, infine, tutti quei libri sugli scaffali? Ci danno fiducia.

Citazioni da Nicola Gardini Il libro è quella cosa  Ed.Garzanti

Lettori (stravaganti)

Il lettore innamorato

 Legge una riga due volte e scorda la precedente; bagna di umori e saliva le pagine che, così, s’imbarcano; il cuore gli batte talmente forte nel petto che la lettura risulta instabile come fosse su un ottovolante; perde sempre il segno; non trovando mai la posizione giusta, è tormentato da fastidiosi formicolii.

 Il lettore innamorato è il peggiore sulla faccia della terra. Socialmente inutile, non sa raccontare il libro appena letto e farfuglia.

 La lettura è un’arte che va praticata in solitaria come la scalata, magari tra la fine di un amore (per consolarsi) e l’inizio di uno nuovo (per sedurre). O Paolo e Francesca stanno all’Inferno per niente? E Abelardo, che finì castrato? Diceva la sua bella Eloisa: «La mano correva più spesso al seno che ai libri».

 Il lettore feticista

 Ci sono lettori con l’ossessione di firmare i propri libri così come i cani marcano il territorio urinando su muri e lampioni. Città, data, nome, cognome oppure semplicemente le iniziali, impresse con un timbro ben pigiato nell’inchiostro o nella ceralacca.

 La libreria del feticista è molto ordinata, la spolvera ogni giorno e i volumi sono catalogati secondo un ordine così personale che nemmeno un libraio esperto saprebbe rintracciare La Divina Commedia, se non scorrendo titolo per titolo. Un ripiano, per esempio, può essere dedicato ai libri letti durante le estati al mare; un altro a quelli di una convalescenza trascorsa a letto con il fuoco di Sant’Antonio, e via dicendo.

 Tale lettore, inoltre, ha la mania di parlare con i propri libri allo stesso modo di chi parla con le piante o con le fotografie dei morti. A volte si commuove davanti a un ripiano che evoca una particolare stagione della sua vita. Tratta i libri come figli, e non li presterebbe nemmeno al miglior amico. Infine, non ha rapporti con il vicinato per paura che qualcuno si presenti sull’uscio e, con la scusa d’essere rimasto senza sale, si metta a sbirciare la libreria.

Il lettore dandy

 C’è una strana specie di lettore a cui del titolo, dell’autore e di cosa ci sia scritto in un libro non importa nulla. Mai che tiri in ballo correnti letterarie, stili linguistici, generi.

 Acquista unicamente edizioni nuove ed eleganti, brucerebbe i mercatini dell’usato e gli antiquari. Mugola schifato alla vista dei tascabili. Se un libro fa un’orecchia, lo butta.

 Ciò che conta è che il libro sia bello da vedere, che non si imbarchi con l’umidità (fosse per lui sostituirebbe la carta con fogli di lamiera) e che le pagine non ingialliscano troppo col tempo. Altrimenti lo sostituisce.

 Manda a memoria centinaia di autori e titoli, perché sono questi che legge e rilegge sulle coste dei libri, mentre li sistema con scrupolosa attenzione negli scaffali della libreria di casa.

 Il criterio supremo per il collocamento non è l’ordine alfabetico ma l’altezza dei volumi e, soprattutto, il colore delle copertine, in perfetto pendant con pavimenti, divani, tendaggi, pareti e tappeti. Può così capitare che Honoré de Balzac sia in compagnia di un ricettario di torte salate, e Giacomo Leopardi di un catalogo d’auto d’epoca.

Il lettore disorientato

 È pur sempre un lettore anche chi legge un libro l’anno o ne ha letto uno solo nell’intera vita. Quando capita in una libreria, sa di non essere nel proprio habitat naturale e per questo tiene lo sguardo basso, alzandolo di tanto in tanto alla ricerca di una bella copertina o di un titolo avvincente. Ormai si trova lì.

 I lettori lo guardano di malocchio e con sufficienza. I librai più magnanimi lo lasciano libero di girovagare. I più spietati, invece, lo accerchiano come leopardi famelici con il procione smarritosi nella foresta, e cominciano a sciorinare, tra loro, autori di complicata pronuncia: Szymborska, Coetzee e così via. “Maledetti” pensa “che cecità vi colga tutti!” E scappa via.

Citazioni da Lettori  Di  Giovanni Previdi e Alessandro Sanna Ed. Gallucci

Grazia Tanzi

(Informazioni sull’autore)

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