Con la rubrica “il mondo in città” si vogliono raccontare i fatti dalle varie regioni del nostro pianeta che sono rilevanti per noi genovesi, italiani. Sia che ci troviamo sotto la lanterna o altrove, come nel mio caso che scrivo da Bruxelles.
Alberto Spatola

Lontano Oriente
La rivoluzione verde passa per la Cina

Ezra Klein, uno dei più importanti opinionisti americani, in un episodio del suo show, chiese a un suo collega esperto di transizione ecologica, se per gli USA sarebbe più semplice passare a “un’economia verde” se i rapporti con la Cina fossero distesi come quelli con la Germania.
La risposta fu netta: sì, senza dubbio

Insomma, la Cina da sola non può risolvere la crisi climatica, ma senza la Cina difficilmente si arriva a una soluzione. Non importa da quale lato la si guardi, la Cina è il secondo più grande emettitore di CO2 ed è da 35 anni che la sua crescita ha forti costi ambientali per il mondo, ma anche, se non soprattutto, per la Cina stessa. L’inquinamento dell’aria e delle acque ha raggiunto livelli rischiosi per la salute, molte aree della Cina sono a rischio desertificazione.
Inoltre, anche in Cina non mancano i fenomeni meteorologici estremi come alluvioni e ondate di calore. Così la preoccupazione per lo stato di salute delle persone e dell’ambiente è spesso priorità dei cinesi, non a caso rischiano di frequente la repressione del Partito Comunista e scendono in piazza. Come, per esempio, l’attivista per il clima Howey Ou, che Greta Thunberg definisce “straordinariamente coraggiosa”[2].

Xi Jinping, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, quando ascese al potere nel 2012 seppe cogliere l’inquietudine proveniente dal basso e la conseguente richiesta di maggiore giustizia ambientale. Perciò nel 2013 in una riunione del Politburo dichiarò che la Cina non avrebbe più sacrificato l’ambiente sull’altare di una temporanea crescita economica.
Quelle parole trovarono maggiore concretezza nel 2015 quando il piano quinquennale lanciò l’idea di una “civiltà ecologica” che, tra le altre cose fece sì che dirigenti e governatori del Partito venissero giudicati non solo per la loro capacità di creare crescita economica nelle loro province, ma anche rispetto per l’ambiente.

Però la Cina continua a emettere gas serra che contribuiscono al cambiamento climatico su scala globale. Nel 2020 il 28% dei gas serra emessi erano cinesi, soprattutto dovuti al fatto che il Partito Comunista Cinese fa ancora fatica a liberarsi delle centrali a carbone.
Nonostante però le difficoltà nel fare i compiti a casa, la Cina, quando entra in classe fa spesso la sua bella figura: quando si tratta di rispettare gli accordi internazionali sul clima, negli ultimi anni la Cina è stata stabile e affidabile, a differenza degli Stati Uniti che cambiano politica a seconda dell’amministrazione. Per esempio a Settembre 2021 la Cina annunciò che avrebbe fermato tutti i suoi investimenti in centrali a carbone in giro per il mondo.
Ora si parla addirittura che potrebbe sostituire quegli investimenti, previsti nel carbone, con un piano verde di “nuova via della seta”: l’etichetta sotto cui stanno tutte le iniziative politiche, commerciali, infrastrutturali della Cina all’estero.

Ma la vera ragione per cui la Cina è sempre più indispensabile per la necessaria rivoluzione verde, è la sua capacità di abbattere costi e creare innovazione in numerosi ambiti tecnologici che riguardano le energie rinnovabili, veicoli elettrici, batterie e soluzioni per lo sviluppo delle “smart cities”: la cosiddetta quarta rivoluzione industriale.
La Cina è fondamentale in virtù della sua capacità produttiva, innovatrice e grazie al controllo di numerose risorse cruciali per le tecnologie necessarie per la sfida della lotta alla crisi climatica.
Nonostante tutto ciò, non è scontato che la Repubblica Popolare Cinese riesca nel suo intento di creare “una civiltà ecologica” e raggiungere gli obiettivi climatici promessi, anche perché potrebbe costare fino a 15 bilioni di €; per capirsi, circa 5 volte l’intero debito pubblico italiano.

La Cina è quindi fondamentale nella lotta al cambiamento climatico, ed è importante che continui a fare i suoi passi in avanti, nonostante le tante, troppe contraddizioni. Così com’è fondamentale che si faccia lo stesso in Europa.
Forse fra qualche decennio scopriremo che abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo prefissati, messo in sicurezza la nostra salute e quella del pianeta, lavorando in parallelo, in concorrenza gli uni con gli altri.
Ma se abbiamo a cuore, come molti cinesi e altri cittadini in giro per il mondo, la sicurezza alimentare, la protezione dell’ambiente, in breve il futuro dell’umanità, è meglio non rischiare con l’ipotesi che la competizione possa portare a qualcosa.
Con la Cina, come col resto del mondo, la cooperazione è il più delle volte la migliore delle soluzioni.

Alberto SpatolaAlberto Spatola
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