Piccole storie in bianco e nero
Ognuno di noi ha un cassetto, una vecchia scatola piena di foto in bianco e nero di persone, forse parenti, di cui oramai si è persa memoria. Guardarle una ad una, cercare di ricostruire un ricordo, risalire ad un nome, ad un’epoca, sembra un’impresa dovuta, un piccolo riconoscimento ad una vita compiuta. Anche la rete è diventata un immenso vecchio ripostiglio di volti a cui tuttavia è possibile restituire una memoria grazie alle tracce che vengono conservate negli archivi e nelle infinite interazioni che ora sono possibili. Questa rubrica è il frutto del tentativo di riportare alla luce queste memorie
Patrizia Brugnoli


Flora Tristan (1803 -1844)

Una vita intensa e breve quella di Flora Tristan.

La madre di Flora era un’aristocratica francese in fuga dalle violenze della Rivoluzione. In Perù conobbe, e quindi sposò, un ricco colonnello peruviano. Stabilitisi in Francia, dopo la nascita di Flora e del fratello, alla morte precoce del padre, scoprì che il matrimonio peruviano non era stato trascritto e che Tristan non aveva lasciato testamento. Per lo stato francese Flora ed il fratello erano figli illegittimi e non avevano diritto ad alcuna eredità. Questo provocò la rovina sociale della famiglia e la madre indusse Flora a lavorare per il loro sostentamento. Il fratellino morì dopo qualche anno. Flora, dall’età di quindici anni lavorò come operaia per sostenere economicamente la madre, la stessa che la spingeràa sposarsi all’età di diciassette anni con il suo datore di lavoro. Un matrimonio sofferto da cui la ragazza si allontanò, incinta del terzo figlio, poco più che ventenne a causa delle violenze subite. Non potendo divorziare per legge, tentò di sopravvivere con i figli, cercando di nascondersi a causa delle continue molestie del marito. Ripresi i contatti con la famiglia del padre a Lima, si imbarcò per raggiungere il fratello del padre con una qualche speranza di veder riconosciuti i suoi diritti. Dopo il viaggio avventuroso riuscì parzialmente nell’intento in quanto lo zio le assegnò una rendita, ma non la sua parte di eredità. La stessa rendita le fu revocata quando Flora, tornata a Parigi e intrapresa la carriera di scrittrice, pubblicò la sua storia: “Le peregrinazioni di una paria” (1838). Lo stesso anno, il marito, da cui aveva ottenuto l’emancipazione, le sparò al petto. Flora sopravvisse all’attentato ma morì dopo qualche anno, all’età di 41 anni, a seguito delle complicanze.

Fino a qui potrebbe essere la trama di un qualsiasi romanzo di appendice, ma Flora fu molto di più che una ragazza sfortunata.

Le sue peregrinazioni, il senso di ingiustizia, la consapevolezza delle vessazioni subite dalla classe operaia ne fecero un’attivista dei diritti civili. Nel 1837 e nel 1838 appaiono sulla stampa alcune petizioni della scrittrice: nel 1837 su Le Bon Sens quella per la reintroduzione del divorzio, e nel 1838 su Le Journal du Peuple quella per l’abolizione della pena di morte.

Le sue ricerche giornalistiche la portarono quindi a pubblicare un testo sulle condizioni degli operai e sulla necessità di emancipazione della donna, temi che lei vedeva intimamente connessi. In seguito, pubblicò un testo rivolto agli operai e alle operaie, perché reclamassero i propri diritti, ma anche unissero le loro forze contribuendo ad una società in cui i figli avrebbero potuto studiare, i malati avrebbero potuto essere curati e le donne liberate. Un aspetto che anticipa l’opera del 1848 di Karl Marx in senso pacifista.

Nel 1848 gli operai e le operaie fanno erigere un monumento in sua memoria nel cimitero della città di Bordeaux dove si era fatta conoscere per il suo impegno politico.

Di lei viene ricordata la parentela con il pittore Gaugin. Era sua nonna, la madre di una delle figlie che non era riuscita a salvare dalle molestie di quel marito e padre violento.

Patrizia Brugnoli

PICCOLE STORIE IN BIANCO E NERO GIA’ PUBBLICATE

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