Piccole storie in bianco e nero
Ognuno di noi ha un cassetto, una vecchia scatola piena di foto in bianco e nero di persone, forse parenti, di cui oramai si è persa memoria. Guardarle una ad una, cercare di ricostruire un ricordo, risalire ad un nome, ad un’epoca, sembra un’impresa dovuta, un piccolo riconoscimento ad una vita compiuta. Anche la rete è diventata un immenso vecchio ripostiglio di volti a cui tuttavia è possibile restituire una memoria grazie alle tracce che vengono conservate negli archivi e nelle infinite interazioni che ora sono possibili. Questa rubrica è il frutto del tentativo di riportare alla luce queste memorie
Patrizia Brugnoli


Edith Harms
(Vienna ? – 1918)

Tra le molte e pregevoli opere custodite nel museo Kunst dell’Aja, c’è un ritratto a figura intera di una giovane donna. Veste un abito a righe, le mani sono diafane, i piedi hanno una prospettiva per cui sembra che non tocchino terra. Il viso, dalle fattezze fanciullesche, ha una espressione da bambola. I tratti sembrano caricaturali, come se il pittore avesse voluto prendersene gioco: lei è Edith Harms, sua moglie. La famiglia di Edith odiava questo quadro perché sosteneva che il marito l’avesse dipinta così per farla apparire stupida.

Della ragazza non si conosce nemmeno la data di nascita, ma solo quella della morte, in quanto, dopo tre giorni, morì anche il suo famoso e controverso marito, Egon Schiele.

Edith è passata alla storia come la moglie di Schiele, tanto che è l’unico cognome con cui venga ricordata. Quando si parla di lei si deve per forza parlare di lui, perché la sua esistenza è vista solo in funzione dell’opera artistica di quest’ultimo. E allora, parliamone.

Egon Schiele fu un pittore geniale del periodo secessionista austriaco. Il tratto inconfondibile, il disegno innovatore, allievo di Klimt, ne fanno uno dei maggiori espressionisti. Nonostante i paesaggi struggenti, è più famoso per i suoi nudi, quasi sempre espliciti e conturbanti, spesso di ragazze, spesso adolescenti, per i quali fu perfino arrestato. Dopo questa esperienza e oppresso dai debiti, nel 1915 Schiele, fino ad allora unito alla modella Wally Neuzil (ex modella anche di Klimt), si mise alla ricerca di una moglie che potesse risanare le sue scarse fortune e al tempo stesso garantire l’appartenenza ad un ceto sociale più elevato. Chiese quindi in moglie Edith, appartenente ad una famiglia benestante, che non abitava nemmeno tanto lontano, con l’intenzione di continuare anche la relazione con Wally. Le due ragazze si trovarono d’accordo sul fatto che nessuna di loro era disposta a condividere il loro compagno. Wally lasciò Schiele che, nonostante tutto, continuò a dipingerla nel tempo, stretta a lui, in posizione estremamente erotica, quasi a voler sancire un legame che per lui non era mai finito.

In quanto a Edith, sappiamo che aveva avuto una educazione religiosa protestante, che non le piacesse farsi ritrarre, che era incinta da sei mesi quando morì, che aveva una espressione triste. Sappiamo che anche la sorella Adele fu ritratta con il medesimo vestito a righe, e che la stessa ammise di avuto una relazione con il pittore. Tutto ciò che ci rimane di Edith, sono le ultime opere di Schiele, degli schizzi del suo viso vicino alla morte.

https://thevision.com/cultura/egon-schiele

Patrizia Brugnoli

PICCOLE STORIE IN BIANCO E NERO GIA’ PUBBLICATE

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