Jules Verne “Una fantasia del dottor Ox” Passigli Editore
Un Jules Verne decisamente insolito.
Ricordate il gioco del “se fosse”? Lo facevamo da ragazzi.
Per indovinare un oggetto o una persona si ponevano delle domande indicanti delle affinità o delle similitudini.
Qui non c’è nulla da indovinare, ma il gioco delle similitudini è divertente e stimolante in sé. Ebbene questo libro se fosse una musica sarebbe “La campanella” di Paganini, vivace e trillante. Se fosse una bevanda sarebbe un boccale di birra fresca, chiara e spumeggiante. Se fosse un dolce sarebbe una tavoletta di cioccolato fondente allo zenzero, un po’ amaro, pastoso e con una nota decisamente piccante. Se fosse di un altro autore sarebbe sicuramente di Mark Twain o di Charles Dickens. Insomma in una parola, nella lingua d’origine, un racconto petillant, frizzante come la Perrier o lo champagne.
Un testo breve che si fa leggere in pochissimo tempo, traboccante di intelligente ironia nella descrizione di ambienti, situazioni, personaggi. La trama, pur nella sua esilità, è in grado di scatenare associazioni mentali e quesiti, anche profondi, a valanga. Effetto miracoloso che solo agli scrittori davvero grandi riesce.
Nella città fiamminga di Quiquendone, sonnacchiosa e apatica, – dove la vita trascorre lenta e pacifica, senza mutamenti di alcun tipo a turbarla – capita un brillante scienziato, con assistente al seguito, che offre quale munifico dono, l’illuminazione per mezzo dell’ossigeno ossidrico. I lavori di separazione del gas dall’acqua richiedono tempo e la cosa non sarà immediata.
Intanto fra gli abitanti, prima flemmatici, pacifici, amabili e cordiali, comincia a serpeggiare una certa irritabilità, che va crescendo di frequenza e intensità; discussioni insolitamente animate, scontri verbali, insulti, polemiche pubbliche fino al culmine: la dichiarazione di guerra ad una città vicina per un affronto subito secoli addietro.
E qui mi fermo per non anticipare nulla di un racconto che non prevede molti avvenimenti, ma piuttosto temi su cui riflettere, sorridendo.
[…] è una città in cui da un secolo non ci fu l’ombra di discussione, in cui i carrettieri non bestemmiano, in cui i cocchieri non si dicono villanie, in cui i cavalli non si impennano, ed i gatti non graffiano, una città in cui il tribunale di polizia fa vacanza dal primo dell’anno all’ultimo! una città in cui non si piglia passione alcuna né alle arti, né ai negozi! una città in cui i gendarmi sono allo stato di miti ed in cui non fu fatto un processo verbale in cento anni; una città infine in cui da trecento anni non fu dato né un pugno, né uno schiaffo! […] una tal cosa non può durare e […] noi modificheremo tutto ciò.