FOGLI SPARSI
Vagabondaggi di riflessioni e ricordi, appuntati senza un ordine preciso,
su fogli sparsi
Rubrica a cura di Grazia Tanzi


Ed ecco che dopo una lunga cavalcata attraverso i secoli, le righe sono arrivate fino a noi, all’epoca presente. L’articolo precedente si era concluso con una domanda che faceva riferimento ad una delle tante funzioni simboliche che l’uomo ha attribuito alle righe: sbarre che proteggono, che impediscono alle “forze del male” di ghermirci,   perché  dunque i nostri indumenti intimi, quelli che stanno a contatto con la pelle, sono rigati? La tecnica della tessitura, la storia delle pratiche igieniche, non sono sufficienti a spiegarlo, ancora una volta è l’attitudine simbolica, connaturata all’uomo, a dar conto della questione. Come vedremo la caratteristica fondamentale delle righe, nonostante i mutamenti di connotazione, resta quella di rappresentare il buon ordine sociale, la giusta norma,  questa volta in riferimento all’igiene.

Per molti secoli il bianco,  o   tessuto grezzo non tinto, “naturale”, hanno dominato i capi di abbigliamento e gli accessori in tessuto che stavano a diretto contatto con la pelle, camicie, mutande, veli, lenzuola. Su questa scelta intervenivano  anche prescrizioni religiose relative alla purezza e all’austerità. Non sembri un’idea strana, amcora oggi l’intimo nero femminile è considerato sexy. Intorno  al 1860 il colore, proveniente da America e Inghilterra, comincia ad affacciarsi, durerà circa un secolo, ma  senza affermarsi del tutto, resterà circoscritto ad alcuni capi.   Una camicia da uomo celeste, impensabile prima del 1860, era normale nel 1920 e nel 1980 banale; invece  le  lenzuola di colore acceso restano tabù fino agli anni ‘70, il cambiamento è rapido e improvviso.   Una annotazione personale: ricordo bene l’avvento delle prime lenzuola colorate, fine anni ‘60,  in tinta unita o variamente decorate.  Ero sposata da poco, e le signore si dividevano in due scuole di pensiero:  per le più conservatrici era impensabile una tale eresia, le lenzuola di un corredo serio ed elegante dovevano essere bianche; be’ io la pensavo diversamente, ero molto giovane.

Interessante notare che il passaggio dal bianco ad un colore  acceso avviene spesso attraverso  fasi  intermedie, per gradi:   il color pastello o il rigato;  un colore “incompiuto” il primo, e un colore spezzato il secondo.

Marinai francesi

La stessa gradualità si verifica per gli oggetti  che hanno attinenza con la cura  del corpo: muri di cucina,  di bagni, di ospedali, piscine, vasellame, oggetti da toeletta, dal bianco arrivano al colore deciso con il  tramite del pastello  e del rigato.

E non basta, le righe non sono tutte uguali, larghe o strette, verticali o orizzontali, alternate a un colore chiaro o scuro; alcune si dice che ringiovaniscano o invecchino, alcune sono eleganti, altre volgari; insomma la moda dice la sua, cambia da un tempo e da un luogo all’altro. Tuttavia ovunque le righe sottili e pallide sono quelle scelte per indumenti e oggetti a contatto col corpo. Ancora, la rigatura è considerata maschile, ma non esclusivamente; il tessuto punteggiato, a pois per esempio, è solo femminile.

Esaminiamo ora una rigatura molto importante: quella marinara. I primi marinai che indossano abiti a righe – rosse e bianche o bianche e blu – compaiono in alcuni quadri inglesi e olandesi alla metà del XVII secolo, da quella data in poi le testimonianze saranno sempre più numerose. Nel XVIII secolo questo abito ormai identifica i marinai, ma solo quelli in fondo alla gerarchia, i semplici uomini dell’equipaggio, ancora oggi chiamati con disprezzo zebre dagli ufficiali.

Perché le righe per la divisa marinara? Marchio spregiativo? Indumento segnaletico, ben visibile  nelle manovre? Forse, ma non si esclude neppure l’origine tessile. Il camiciotto a righe è una maglia, tiene caldo, è perfetto per i mari freddi, ed è un prodotto dell’arte della maglieria;   insieme a calze, brache, berretti, guanti, è confezionato a righe dai telai meccanici, le righe sono dovute a motivi tecnici.

La riga è ormai simbolo della marineria e si estende ad alcune vele e soprattutto alle bandiere segnaletiche. Vestono a righe anche pescatori, navigatori da diporto, gondolieri veneziani.

La moda dei bagni di mare vedrà le righe diffondersi anche sulla spiaggia oltre che al largo. Gli scopi salutari della balneazione rimettono in voga le righe conciliandole con la morale. Il costume bianco, prescritto dai medici, bagnato diventa trasparente, quindi la rigatura che associa colore chiaro e scuro,  in genere blu, è un perfetto compromesso.

Ormai la riga è ovunque sulla spiaggia: oltre ai costumi da bagno, è sfoggiata su accappatoi, tende, ombrelloni, borse, accessori diversi. Tra gli anni ’30 e  ’60 del XX secolo si accompagna alla proletarizzazione della frequentazione delle spiagge; solo negli anni ’70 e ’80 sarà sostituita da decorazioni tropicali e “californiane”.

Le righe tuttavia mantengono il loro chic, sono sempre indice di buon gusto, soprattutto quando associate al bianco, che conferisce loro una connotazione di pulizia e freschezza. Per questa ragione sono spesso in uso nell’arredo dei negozi di merci deperibili, latterie, pescherie, macellerie. Ma come si vedrà anche altri negozi le adotteranno, perché le righe si diffonderanno anche nel mondo dei giochi e dello sport, e in quello dell’infanzia e della giovinezza, acquisendo una connotazione ludica e allegra.

Pablo Picasso Le marin 1943

Bambini e righe: già l’iconografia medievale mostra a volte lattanti fasciati in rigato,  e la moda dell’Ancien Regime, vista nella puntata precedente, interessò anche i piccoli. Ma la massima diffusione si ebbe nella seconda metà del secolo XIX ed ancor oggi dura. Le righe infantili richiamano igiene, salute, pulizia; il tessuto rigato è considerato meno sporchevole, non è vero naturalmente,  è solo un inganno percettivo, lo sporco si vede meno.

I bambini rendono giocose le righe, che vanno  a ricongiungersi con quelle balneari e vacanziere

 viste sopra, ma anche con quelle dei clown, dei comici, dei fumetti (le brache a righe di Obelix).

Anche le zebre, considerate diaboliche e pericolose nel Medioevo, sono riabilitate:

animali teneri e giocherelloni, sembrano essere in maschera, diventano emblema di giovinezza.

Data questa caratteristica gioiosa, le righe vengono sfruttate abilmente a fini pubblicitari, qualcuno ricorderà il dentifricio Signal a strisce bianco-rosse che ebbe un grande successo e vantò diverse imitazioni.

Anche la riga sportiva, ben visibile da lontano, ha molto in comune con quella dei bambini, ludica, giovane, vivace, energica. Gli sportivi come i buffoni, i saltimbanchi, si esibiscono in pubblico, si servono in certo qual modo di un travestimento.  Le righe sportive, infine, hanno lo scopo di segnalare l’appartenenza ad un gruppo, si  pensi alle maglie  di alcune squadre di calcio italiane.

Ma allora come sono queste benedette righe, buone o cattive? Difficile dirlo, il confine è fluido e sfuggente.

Durante la Belle Epoque nel giro delle avanguardie artistiche e letterarie

appare un indumento, camicia  o maglia, dalla rigatura cosiddetta canaille,  che mette insieme tre categorie di abbigliati a righe: carcerati, marinai, atleti; righe soprattutto maschili. Sono quelle dei canottieri della Senna, o quelle che si vedono nei quadri degli impressionisti, uomini che si divertono nelle osterie o nei balli all’aperto. Le righe, che balzano immediatamente all’occhio, che si stagliano sullo sfondo, hanno sempre attirato i pittori, alcuni dei quali le hanno adottate anche nel loro abbigliamento, Picasso per esempio le ostentava provocatoriamente.

Monelli e teppisti dei fumetti le portano, come i gangster sui loro completi gessati.

La riga dispregiativa resiste, convive con quella “buona”, ma non rimanda più al diavolo, bensì al pericolo; i segnali stradali ne fanno grande uso, spesso per indicare un divieto, le righe bianche e rosse di un passaggio interdetto ad esempio, o le strisce pedonali.

Oggi noi ammiriamo molto le striature naturali, quanto il Medioevo le temeva, e per la stessa ragione: la loro rarità.

La rigatura in pochi casi appare in natura, è invece un marchio culturale diffuso e potente,  legato ad attività umane materiali e simboliche. L’aratro e il rastrello producono righe, righe sono le segnature sulle strade,  binari ferroviari, pali, fili elettrici; numerose scie sul paesaggio lasciate dai lavori dell’uomo.

Le righe hanno anche una funzione di controllo, rigare una superficie significa metterla in evidenza, distinguerla, classificarla, controllarla come quelle del codice a barre dei prezzi, o quello sui libri che li  identifica.

Sui corpi e sugli abiti la riga segnala, classifica, controlla, gerarchizza, sistema gli individui e i gruppi come abbiamo visto.

La riga è un segno impresso, come quello dell’aratro, ma è anche creazione, costruzione, la palizzata, la scala, lo scaffale, la stessa scrittura è un insieme di righe.

Rigare significa anche segnalare il disordine, e in tal modo fare ordine: i reprobi così segnati, nel Medioevo, erano messi al loro posto, distinti dai cottadini “normali”.

Ma la riga è bizzarra e ribelle, fa vedere e nasconde; è figura e sfondo insieme, la zebra è bianca a strisce nere o nera a strisce bianche? Pone problemi  visivi, crea illusioni ottiche,  disturba e confonde. Ma questa è materia per le neuroscienze, lo storico non può rispondere.

Grazia Tanzi

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