Alexandre Dumas “Il tulipano nero” ed. Newton Compton (disponibili anche altre)

La vicenda si svolge in Olanda nel 1672 , nel periodo travagliato dalle lotte per il potere che videro contrapposti il Gran Pensionario, il borghese Johan de Wit e lo Statolder, l’aristocratico  Guglielmo III d’Orange, il secondo dei quali avrà la meglio, mentre il povero de Wit, insieme al fratello, sarà trucidato dalla folla inferocita.
Ma questo è anche il periodo d’oro dei tulipani; questi fiori provenienti dalle colonie scatenarono una vera e propria ossessione nella classe agiata e furono la causa della prima bolla speculativa della storia della finanza: il loro prezzo crebbe a dismisura e l’intervento dello Stato, che ne incrementò la produzione, portò al crollo del mercato. Queste brevi note servono per comprendere l’ambiente e il clima nel quale si svolge la storia narrata; il romanzo viene anche definito, forse un po’ impropriamente, un caso di spionaggio industriale.
Cornélius Van Baerle medico colto e ricchissimo è preso dalla passione collettiva per i tulipani e ne diventa appassionato coltivatore, il suo più grande desiderio è quello ottenere il tulipano nero per il quale la città di Haarlem ha stanziato un premio di 100.000 fiorini. Ma non ha fatto i conti con l’invidioso suo vicino Isaac Boxtel, anch’egli coltivatore e aspirante al medesimo premio, che con le sue trame condurrà il povero innocente Cornelius – che ha anche la sventura di essere figlioccio di uno dei de Wit – in prigione, e gli sottrarrà il prezioso fiore. In carcere Cornelius si innamora di Rosa la figlia del carceriere e… “Il tulipano nero”, pubblicato nel 1850, è un perfetto esemplare di feuilleton, romanzo popolare di appendice: trama intricata, ricca di suspense e colpi di scena; personaggi ben differenziati fra “buoni” e “cattivi”, trionfo dei buoni sentimenti, storia d’amore tormentata, ma inevitabilmente a lieto fine. Quantunque appartenente ad un genere che non è considerato alta letteratura, il libro ha dei meriti innegabili. Un buon linguaggio, preciso e articolato; una regia narrativa perfettamente calibrata fra aspettative e colpi di scena, notevole per esempio il taglio “cinematografico” delle prime pagine relative al linciaggio di de Wit; una vivida capacità descrittiva delle scene collettive e di massa. Tutto questo ha una grande presa sul lettore, anche smaliziato, Dumas è un grande narratore, un abile artigiano, capace di offrire il piacere, direi atavico, di farsi raccontare una storia. Vorrei inoltre ricordare che il romanzo fu scritto per soldi, in uno dei tanti momenti difficili della vita, economicamente spericolata, dell’autore. Una lettura godibile, leggera come si usa dire, ma non vacua, adatta magari a rilassarsi dopo aver affrontato un libro impegnativo; una lettura per quando si ha poco tempo o si è infastiditi da qualche pensiero molesto.

Grazia Tanzi

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