Con la rubrica “il mondo in città” si vogliono raccontare i fatti dalle varie regioni del nostro pianeta che sono rilevanti per noi genovesi, italiani. Sia che ci troviamo sotto la lanterna o altrove, come nel mio caso che scrivo da Bruxelles.
Alberto Spatola


Con la caduta del Muro di Berlino nel 1989 il progetto di integrazione europea accelerò e assunse una nuova forma con il Trattato di Maastricht e l’istituzione dell’area Schengen, rispettivamente nel 1992 e nel 1995.
Il messaggio era chiaro: la neonata Unione Europea aveva la libertà di movimento al suo centro. Niente muri, ma ponti anche sulla sua valuta comune: l’Euro.

La promessa e le ambizioni erano chiare, alte, ispiratrici.
Oggi, circa tre decenni dopo, invece realtà e azioni sono non solo distanti d’allora ma spesso nella direzione opposta.
I fondi dell’UE sostengono diversi paesi europei nella militarizzazione dei loro confini e nell’istituzione di strutture per la gestione di migranti e richiedenti asilo, in cui i diritti non vengono rispettati, come i diritti religiosi,.
Con i primi passi dell’Unione europea, la Generazione Erasmus stava cominciando a prendere forma, ma oggi, mentre l’UE sembra sempre più smarrita, ciò che cresce di più è il numero di persone deportate dall’Agenzia europea FRONTEX, invece degli studenti che vanno all’estero.
Nel 2014 FRONTEX ha deportato, secondo i dati, 2.000 persone; nel 2018, 12.000. Queste deportazioni di migranti e possibili rifugiati nel 2013 erano finanziate con circa dieci milioni di €, nel 2021, quasi duecento milioni di €. E la Commissione europea dell’UE prevede di aumentare ulteriormente questo budget.
Non è la stessa cosa per il programma Erasmus+ o qualsiasi altra agenzia.
La realtà e le azioni sono abbastanza esplicative, da un’Unione di pace a una Fortezza della paura.

Prima di entrare però nei dettagli di Frontex, è importante capire cosa sia un’agenzia dell’Unione Europea.
Le agenzie dell’UE non sono vere e proprie istituzioni dell’Unione Europea; sono create dall’UE, ma sono entità autonome per affrontare temi specifici tra le competenze dell’Unione.
Per esempio, in Italia, a Parma c’è l’agenzia per la sicurezza alimentare vicino alle eccellenze alimentari dell’Emilia, e si occupa di fare consulenza specifica alle istituzioni europee in merito alla salute dei consumatori e della catena alimentare.
Ma ciò che è ancora più fondamentale cogliere è come queste Agenzie per quanto istituite dall’UE non sono gestite da esse: a tirare le fila di queste autorità sono gli Stati membri dell’Unione.
Per cui Frontex, anche se ha le 12 stelle dell’UE sul suo logo, chi la governa veramente sono le polizie di frontiera e le guardie costiere degli Stati nazionali.
Frontex è conosciuta per gestire i confini esterni dell’UE come quelli di Bulgaria con la Turchia e Croazia col resto dei Balcani, e per supportare le guardie costiere nel Mediterraneo.
Confini che sono sempre più sotto pressione: da una parte per via dei flussi migratori, e dall’altra per i desideri di sicurezza degli Stati europei spinti dalla paura del diverso.
In mancanza di risposte diversificate a queste domande, nel coltellino svizzero dell’Unione Europea c’è solo uno strumento: Frontex, una specie di polizia di frontiera europea armata di tutto punto con droni, visori termici e molto altro.Non stupisce quindi che l’Agenzia non aumenti soltanto il suo bilancio, ma è previsto che passerà dagli oltre 2000 dipendenti attuali ai 10 mila nel 2027.
Ciò che dovrebbe stupire invece è come Frontex voglia ora portare i suoi metodi, il suo controllo al di fuori dell’Unione Europea, per intraprendere l’impossibile compito di fermare le persone a partire dai loro paesi d’origini.
Frontex sta cercando di cooperare con il Senegal per il controllo delle sue coste poiché molti giovani cercano di raggiungere le isole Canarie (Spagna) con semplici pescherecci: una traversata simile a un viaggio Tunisia – Genova, ma tra le acque dell’Oceano Atlantico.
Un accordo su cui giornalisti europei e senegalesi vorrebbero fare chiarezza.
L’anno scorso cinque Commissari dell’UE si sono presentati in Senegal per promuovere l’accordo tra Frontex e lo stato africano con l’obiettivo di erigere muri in Africa, e di trasferire il confine europeo sulle coste senegalesi. Ovviamente la Commissaria agli Affari interni ha usato parole diverse, e ha presentato l’accordo come una opportunità, ma non conoscendo i dettagli della possibile cooperazione l’impressione della società civile è che si voglia scaricare su altri paesi le paure europee.
In fondo è quello che ormai da anni i singoli stati europei fanno, in testa l’Italia che paga milioni di € ogni anno la cosiddetta “guardia costiera libica”. “Guarda costiera” che in realtà è un insieme di gruppi criminali di dubbia autorità che da una parte prendono i soldi dell’Italia dall’altra gestiscono il traffico degli esseri umani con violenza e profitto.
Il rischio quindi è che anno dopo anno, sotto l’influenza delle incapacità degli stati nazionali e delle paure dei suoi cittadini, anche l’Unione Europea nata come progetto di pace divenga una imbruttita cinica istituzione incapace di comprendere il mondo.
Nel frattempo Frontex cresce, e non abbiamo altri strumenti che i respingimenti per rispondere alle paure degli europei e le aspirazioni di chi vorrebbe raggiungere il nostro continente.

Alberto SpatolaAlberto Spatola
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