FOGLI SPARSI
Vagabondaggi di riflessioni e ricordi, appuntati senza un ordine preciso,
su fogli sparsi
Rubrica a cura di Grazia Tanzi


Di Grazia Tanzi

L’articolo precedente, Ma bella più di tutte è l’isola non trovata, si era concluso con un quesito: oggi, nel nostro tempo,  amaro e disincantato, fra tecnologie nuovissime dagli esiti ignoti ( v. l’Intelligenza Artificiale) e i danni ecologici  provocati da quelle vecchie; oggi sul pianeta ancora dilaniato da guerre e ingiustizie intollerabili, che posto e che ruolo può avere l’utopia?

 L’utopia, come abbiamo visto precedentemente, è un concetto dal valore ambiguo e multiforme, passibile di molteplici interpretazioni, una cosa  però è certa: essa è una costituente essenziale del  nostro pensiero, è la capacità, che solo noi  umani abbiamo, di creare mondi che trascendono quello materiale, di fare  nell’immaginazione progetti  audaci, che una volta realizzati lo cambiano profondamente. Tutta la cultura  intellettuale e tecnologica, ogni innovazione e cambiamento sociale, sono nati così:  da un’idea, da una visione, da un progetto immateriale, azzardati, folli forse, mai sperimentati prima, che sembravano assurdi e impossibili, osteggiati duramente, se non perseguitati, il più delle volte, e che tuttavia alla lunga si sono realizzati.  Il quesito che ci dobbiamo porre  è il seguente: saremo  noi capaci, oggi, di un grande sogno utopico che ci dia lo slancio per affrontare i grandi mali che affliggono il  pianeta, la patria di tutti noi, e che mettono a rischio la nostra stessa sopravvivenza? Saremo capaci di affrontare le difficoltà che questo comporta, gli ostacoli, le opposizioni?

Come sempre capita, la letteratura, la poesia,  tutta l’arte in generale, riescono a capire, fin nelle pieghe più recondite, le passioni, le paure, i  desideri, dell’essere umano. L’arte “spiega” poeticamente, illustrandole in figure esemplari, ogni aspetto della  nostra condizione, i rapporti fra gli uomini e le loro leggi, il potere divino e quello terreno, ne dà conto in modo immaginifico.  Ma mentre le discipline di studio esaminano i problemi in maniera analitica, argomentando razionalmente, in pagine e pagine, il messaggio artistico è trasmesso in maniera sintetica e intuitiva e arriva direttamente, senza intermediazioni alla comprensione di chi lo riceve.

Il complesso motivo dell’utopia si è incarnato nel personaggio più famoso, più poetico, più simbolico della letteratura mondiale, Don Chisciotte, l’utopista per antonomasia, nato dalla penna di Miguel de Cervantes.

Tutti lo conoscono, o  credono di conoscerlo; il suo nome ed alcune sue imprese, come la battaglia contro i mulini a vento sono diventati proverbiali. Ma don Chisciotte è qualcosa di più della macchietta divertente del “fuori di testa”  che, esaltato dai libri sulla cavalleria, si butta all’avventura, travisando completamente la realtà, in groppa ad un cavallo macilento e malandato come lui, in compagnia di un improbabile scudiero.

Come tutti i personaggi della grande letteratura è una figura complessa, ambigua, come del resto il romanzo, ironicamente provocatorio e sfuggente ad una sola interpretazione. Per secoli i critici si sono arrovellati per incasellare il nostro hidalgo in una personalità precisa e definita, che tuttavia resta una figura poliedrica, prismatica che, come il mitico Proteo cambia forma ogni volta che si tenta di intrappolarlo.

Nel XVIII secolo l’Illuminismo, considerò  don Chisciotte come la figura satirica che  ben rappresentava  i guasti che  un’immaginazione sfrenata. senza il controllo della ragione, poteva produrre sugli uomini. Il secolo successivo, quello del Romanticismo, lo vide in maniera opposta, celebrando la forza dell’immaginazione, viva e creatrice, contro la piatta, banale, prosaica e  limitante ragione. Nel XX secolo si privilegiò l’interpretazione pessimistica e amara, l’inutilità  della fede negli ideali e nella nobiltà umana. L’interpretazione che però voglio presentare qui è un’altra, è ancora una volta, come nell’articolo precedente legata a una canzone, questa volta si tratta del “Don Chisciotte” di Francesco Guccini.

Le canzoni, quando non sono semplici motivetti da canticchiare o da ballare, sono in grado di trasmettere messaggi importanti;  volano di bocca in bocca e raggiungono tanta gente, sono popolari nel senso migliore del termine.  I nostri cantautori, con una vastissima produzione, ne sono la prova: hanno saputo portare all’attenzione del grande pubblico, in maniera non banale e culturalmente valida, molti e svariati argomenti di carattere sociale, politico, psicologico.

Ma veniamo alla canzone: si tratta di un dialogo, interpretato da Francesco Guccini nel ruolo di don Chisciotte e da Juan Carlo Biondini nel ruolo di Sancho. Cercherò di darne una mia lettura riferendola ai problemi odierni.

Ho letto millanta storie di cavalieri erranti,
Di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti
Per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza
Come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza.
Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia,
Ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;
Proprio per questo, Sancho, c’è bisogno soprattutto
D’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto:
Vammi a prendere la sella,

Così comincia la canzone: don Chisciotte ha letto le imprese dei cavalieri che si sono battuti  nel passato contro le ingiustizie e le prepotenze;  è cosciente dei mali del suo tempo, si rende conto che mancano gli eroi in  grado di contrastarli, capisce che bisogna fare qualcosa,  che deve superare l’oziosa  e vile indifferenza al dolore, che “c’è bisogno soprattutto d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto”.

 E noi oggi? Siamo ben informati, un po’ più del nostro hidalgo, che la storia degli uomini è stata ed è ancora costellata di dolori e sopraffazione: abbiamo lamentato più volte la mancanza di figure autorevoli capaci di idee nuove nella politica e nel sociale, di slanci generosi e di idee folli (all’apparenza). 

Il controcanto allo slancio  impetuoso di don Chisciotte è costituito dal ruvido, prosaico, anche un po’ egoistico buon senso di Sancho.

Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore,
Contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore…

E’ la più triste figura che sia apparsa sulla Terra,
Cavalier senza paura di una solitaria guerra
 […] E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere,
Non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere
E questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini
Proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini…
È un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello:
Io che sono più realista mi accontento di un castello.
Mi farà Governatore e avrò terre in abbondanza,
Quant’è vero che anch’io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza…

Quante volte gli idealisti sono stati giudicati pazzi, sono  stati  perseguitati, hanno dato la loro vita per la fedeltà ad un’idea, per la loro visione di un mondo più giusto, la storia ne è piena. Noi stessi oggi, qui, in una democrazia forse non perfetta, ma liberi,  non stiamo forse esprimendo il nostro pensiero grazie al “sogno matto” di chi in montagna ha visto un mondo migliore e si è battuto contro ogni realistico  buon senso per realizzarlo?

Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora,
Solo i cinici e i codardi non si svegliano all’aurora:
Per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori
E per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri.
L’ingiustizia non è il solo male che divora il mondo,
Anche l’anima dell’uomo ha toccato spesso il fondo,
Ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa
Il nemico si fa d’ombra e s’ingarbuglia la matassa…

Don Chisciotte sarà anche un folle, ma è capace di fare una chiara analisi della situazione: cinismo, vigliaccheria, il “chi me lo fa fare”insomma,  sono i nemici del sogno utopico. Il cinico nega e disprezza gli ideali, il vigliacco si sottrae ai suoi doveri. L’ingiustizia è palese, anche  a coloro  che vogliono chiudere gli occhi; ma ci sono nemici meno visibili, meno evidenti (non sto sostenendo, sia chiaro nessuna teoria del complotto); la complessità del nostro mondo, globalizzato, iperconnesso, nasconde pericoli che si celano ad una visione parziale.  Qualche esempio: siamo orgogliosi e soddisfatti dei dispositivi elettronici che ci rendono (non sempre) la vita più facile, che ci consentono una maggiore comunicazione; ma quanti  sanno che alla base di essi ci sono preziosi materiali, che si trovano in luoghi del mondo poveri di beni essenziali e di diritti, esposti all’avidità delle nazioni più ricche? I nuovi mezzi di comunicazione sicuramente ci forniscono grandi quantità di informazioni,  (anche troppe) ma siamo in grado di vagliare correttamente  la loro validità?  Tutti ormai navighiamo nel web, facciamo parte, gratuitamente,  di qualche social, ma ci siamo mai chiesti il perché di tanta generosità? E perché i proprietari dei vari facebook o instagram sono così ricchi? “Il nemico si fa d’ombra e s’ingarbuglia la matassa” Credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane il solo metro che possiedo. Questa affermazione di Sancho  come abbiamo visto non è sufficiente.

Sancho ascoltami, ti prego, sono stato anch’io un realista,
Ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista,
L’apparenza delle cose come vedi non m’inganna,
Preferisco le sorprese di quest’anima tiranna
Che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti,
Ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti.
Prima d’oggi mi annoiavo e volevo anche morire,
Ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire…

Sì. facciamo un elogio alla follia di don Chisciotte.  Il suo sogno matto, che lo sottrae ad un egoistico isolamento e lo fa partecipe della sofferenza altrui,  dà senso alla  sua vita, fa di lui un uomo nuovo, che non teme il sacrificio, come non lo hanno temuto tutti coloro che hanno lottato per migliorare le condizioni di vita degli oppressi, di qualunque genere e in qualunque epoca.

Mio Signore, io purtroppo sono un povero ignorante
E del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente,
Ma anche ammesso che il coraggio mi cancelli la pigrizia,
Riusciremo noi da soli a riportare la giustizia?
In un mondo dove il male è di casa e ha vinto sempre,
Dove regna il capitale, oggi più spietatamente,
Riuscirà con questo brocco e questo inutile scudiero
Al Potere dare scacco e salvare il mondo intero?

La replica di Sancho, come al solito sembra sensata, come è possibile che uno scalcagnato hidalgo, in groppa ad una precaria cavalcatura, e un improvvisato e rozzo scudiero a cavalcioni di un asino, possano Al Potere dare scacco e salvare il mondo intero? Eppure quante volte un popolo oppresso, una classe sociale sfruttata, un gruppo privato dei diritti hanno vinto battaglie che sembravano impossibili?

Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
Perché il Male ed il Potere hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po’ di dignità,
Farmi umile e accettare che sia questa la realtà?

Il Potere è l’immondizia della storia degli umani
E anche se siamo soltanto due romantici rottami,
Sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte:
Siamo i “Grandi della Mancha”,
Sancho Panza… e Don Chisciotte!

Questa la risposta fiera e indomita. Mai rinunciare alla propria dignità, mai accettare una ingiusta realtà. Non dovremmo lasciare questi “due romantici rottami” da soli, anche a piedi, unendoci ad altre persone, dovremmo seguirli. A volte i sogni matti sono grandi, riguardano mondi e popoli, ma non mancano quelli che potrebbero migliorare piccole situazioni quotidiane, alleviare ingiustizie che per piccole che siano,  sono pur sempre intollerabili. Insomma Don Chisciotte siamo noi.
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Nella foto di copertina: Maitre des Corteges “Don Chisciotte e Sancio Panza”-1640-1660 collezione privata.

Grazia Tanzi

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