DI Giuseppe Bruzzone 

Il 20 maggio ogni anno si celebra la giornata mondiale delle api, istituita dall’ Onu con lo scopo di richiamare l’ attenzione su questi operosi insetti, e di tutti gli altri animali impollinatori. 

Questi animali, visitando i fiori alla ricerca di nettare e polline, s’imbrattano di polline. Posandosi su altre piante trasferiscono il polline che giunge poi a fecondare l’ovario del fiore, permettendo così la riproduzione della pianta. Se le api cessassero di esistere noi saremmo in difficoltà, non avremo solo del miele, ma scomparirebbero tante specie vegetali, con effetti negativi su tutta la catena alimentare. 

Tra gli impollinatori, le specie del genere Apis sono le più numerose: oltre 20.000 in tutto il mondo, gran parte delle quali selvatiche. La più popolare è l’ape domestica, nome scientifico Apis mellifera, conosciuta nel mondo come ape italica, specie, originaria dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, proprio nelle aree che hanno visto sorgere le civiltà antiche. Oltre che al servizio d’impollinazione l’ ape produce il miele, cera, propoli e pappa reale. Negli ultimi anni gli apicoltori devono fronteggiare un grave fenomeno: lo spopolamento degli alveari o moria delle api. Oggigiorno le api muoiono a ritmi spaventosi a causa di diversi fattori, tutti legati al nostro comportamento. 

L’uso in agricoltura dei pesticidi le disorienta, non riescono a ritrovare la strada dell’alveare. Le monocolture le privano di fonti di nutrimento e le costringono a spostarsi a caccia di cibo sfiancandosi. Le stagioni impazzite influiscono sugli alveari: il troppo caldo in inverno può spingere la regina a riprodursi precocemente e ad allargare la colonia quando i fiori nell’ambiente circostante non sono ancora pronti al nutrimento. In Europa ci sono almeno 600.000 apicoltori, che gestiscono 17 milioni di alveari e producono circa 250.000 tonnellate di miele l’anno. In Italia, gli apicoltori al 2020 erano 65.000, per (1.950.000 alveari ), con una produzione di miele stimata in circa 25.000 tonnellate. Io ho confidenza con le api, le ho conosciute da piccolo, sono figlio di un apicoltore. 

Sono cresciuto a pane e miele di cui sono ghiotto. Mio padre Benedetto è stato credo uno dei primi apicoltori praesi, era già un “green” negli anni 50’, curioso delle erbe officinali, bevitore di tisane, preso in giro dai tre fratelli per questa abitudine allora insolita. Galeotto fu un frate dell’ Antica farmacia di Sant’ Anna in Genova che lo avvicinò a questo mondo, letto il manuale di apicoltura per tramutare la teoria del libro e i consigli del frate in pratica doveva avere un posto in campagna per gli alveari, ma lui era sfavorito: era un praino cittadino, abitava davanti alla stazione ferroviaria. Il posto lo trovò da fidanzato; mia madre Angela era figlia del nonno Giacomu da Dunda, uno degli agricoltori della piana Podestà. Così al nonno oltre alla mano di mia madre chiese la possibilità di installare alcuni alveari sul terreno della “villa”.

Inizialmente il nonno era scettico “Magari ne punzan” ma poi cedette alle spiegazioni di mio padre; ebbe una striscia di terreno alle spalle del baraccun dove installò la prima arnia che si costruì da solo, come la tuta e la centrifuga per l’ estrazione del miele; ricavata da un bidone per alimenti. Nelle sere d’inverno assemblava i telaini con i fogli di cera per gli alveari, io da piccolo lo osservavo, crescendo divenni il suo aiutante. Piano piano gli alveari aumentarono, la piana Podestà aveva una bella colonia di impollinatori, che esportò in seguito in zona Torre Cambiaso a metà collina sul terreno del cugino Maxin da Ture e poi anche in altura sui terreni degli amici della Penna.

Costantemente seguiva la vita degli alveari, al sabato o alla domenica accudiva gli alveari, mi portava con lui ma seguivo le sue azioni a distanza, mia madre timorosa, non voleva che mi vestissi da palombaro come lui; così non divenni un apicoltore. Quando era il momento, armato di tuta col soffione sparafumo allontanava le api e tirava via velocemente dall’ alveare i telai pieni di miele. Era uno spettacolo vederlo immerso nel fumo circondato dalle api ronzanti.I telai li portavamo subito nel garage-laboratorio di Lungarello. Messi i telai nella centrifuga, entravo in azione io, giravo la manovella: il miele per la forza centrifuga usciva dal telaio, sbatteva sulla parete e scivolava nel fondo del serbatoio, raccolto poi in arbanelle di diverse dimensioni, che poi mio padre regalava a parenti e amici. Il miele ricavato era un mille fiori essendo piana Podestà, Torre Cambiaso e la Penna territori di flora eterogenea. Era anche un recuperatore di sciami: succede che nell’ alveare può nascere una seconda regina, questa con un gruppo di api sue fedeli lascia l’ alveare e va a stabilirsi dove capita: un albero, un palo, una cappellina votiva, formando un alveare all’aperto. A Pra’ gli capitò diverse volte di liberare degli sciami dai “giardinetti”.

Essendo conosciuto ricevuta la chiamata indossava la tuta accorreva sul posto con una arnia vuota (ne teneva sempre una a disposizione) e trasferiva lo sciame dandole una vera sistemazione. Gli alveari della Penna e di Torre Cambiaso a un certo punto li lasciò esaurire e poi davanti all’ avanzare dei lavori del casello autostradale nella piana Podestà chiuse a malincuore i suoi primi alveari regalandoli a un amico apicoltore di Mele. Quando vedo una ape che mi ronza attorno sul terrazzo a Pra’ penso che probabilmente è una discendente delle api trasferite a Mele; l’insetto ape può percorrere circa 10 km. L’ ape è un minuscolo insetto, che riesce a fare cose che sembrano impossibili. Dobbiamo aiutarla con semplici gesti che sono molto importanti: realizzare nei giardini siepi o aiuole di piante da fiore locali, ridurre l’uso dei pesticidi; rinunciare allo sfalcio dell’erba nei mesi di aprile e maggio, per evitare il taglio dei fiori; mettere acqua a disposizione delle api nel giardino e sul balcone accanto ai fiori; diffondere questi consigli in famiglia e amici, costa poco e tanto fà.

Nell’ottobre 2017 fu deciso, di celebrare la Giornata mondiale delle api il 20 maggio, una data simbolicamente importante per l’apicoltura. Questa data coincide con la nascita di Anton Janša (1734-1773), un allevatore e apicoltore sloveno che è ricordato principalmente come uno dei precursori dell’apicoltura razionale. Dalla Slovenia a Mele, piccolo comune adiacente a Pra’; il suo nome deriva dalle api: nello stemma comunale vi è un’ arnia con 7 api d’ oro sormontate da una scritta in lingua latina “ex melle mihi nomen“ , tradotta in “dal miele il mio nome“.

(Articolo tratto da SUPRA’TUTTO del 19/08/2022)

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