–di Francesca Pieri–
Prendere l’auto e addentrarsi in Val Varenna può portare a sorprendenti scoperte. Lasciandosi alle spalle la costa, intaccata dal degrado dell’industrializzazione, il paesaggio cambia progressivamente mostrando un piacevole equilibrio tra case, antichi borghi e una natura a tratti impervia e selvaggia. Se la parte alta della valle mostra un paesaggio ancora quasi incontaminato, in cui l’affiorare delle rocce solo raramente lascia il posto a macchie boscose nell’incavo delle vallette di brevi rii, nel tratto più prossimo alla costa possiamo incontrare piccoli insediamenti che dal torrente hanno tratto la loro origine.
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La particolare natura delle rocce, in grado di convogliare l’acqua in modo costante tutto l’anno, ha permesso la nascita di un considerevole numero di mulini e cartiere le cui ruote hanno caratterizzato il paesaggio umano e naturale di questo territorio nello scorrere di alcuni secoli. Le tracce di questi edifici, alle volte davvero imponenti, si sono progressivamente perdute, inizialmente abbandonate e poi trasformate per andare incontro alle mutate necessità dei tempi.
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Ma qua e là ne troviamo traccia riconoscibile: nei ponti a schiena d’asino che numerosi attraversano il Varenna, nelle chiesette e cappelle in cui si riunivano le antiche comunità, nell’ultima ruota della cartiera di Carpenara che tenacemente testimonia un passato di cui altrimenti si perderebbe memoria.
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Oggi prendere l’auto e addentrarsi nella valle permette di toccare con mano una trasformazione urbana e sociale le cui tracce nel territorio permangono in forme sempre più labili. Ma allo stesso tempo permette di ritrovare in un ambiente naturale che si è ripreso il suo spazio e che sta lentamente costruendo nuove identità
Francesca Pieri
Consigliere Comitato Val Varenna