Il gatto è curiosamente presente in molte opere raffiguranti l’Annunciazione. Il fatto risale probabilmente ad alcune leggende che lo vogliono animale di compagnia di Maria, ricordiamolo, allora giovanissima. Un’altra antica e diffusa leggenda narra tra l’altro che, la notte in cui Cristo venne al mondo a Betlemme, anche una gatta diede alla luce i suoi piccoli, e riscaldando anch’essa, come e meglio del bue e l’asinello Gesù Bambino, fu gratificata da carezze sulla testolina dalla Madonna e da qui l’origine della caratteristica M sulla fronte dei gatti tigrati. Ma il gatto per il suo saper essere spesso furbo, traditore e all’occasione feroce, finisce volentieri per simboleggiare il male.

 Per via del suo modo di cacciare con perfidia e sadismo, assume il ruolo del diavolo che gioca con le sue vittime fino a ghermirne le anime.
Prendiamo però alcuni esempi pittorici. Il primo, forse il più noto per tale tema, è l’Annunciazione di Lorenzo Lotto, olio su tela del 1534, che si trova a Recanati. L’ interno è rinascimentale, piuttosto elegante, sullo sfondo giardini. La Madonna è sulla sinistra avvolta in vesti rosse e blu.

Le tinte sono accese e decise. Lo sguardo della vergine, colta di sorpresa, è sottomesso ma con un bagliore di strana malizia negli occhi. L’angelo sulla destra in veste celeste è invece un ragazzone dall’aria semplice e un po’ stralunata. La sua posa è plastica e teatrale con il classico giglio bianco in mano. Il corpo è muscoloso e un po’ pesante. Le ali sono scure ed i capelli biondi con ricci allungati. Il terzo protagonista, suo malgrado, è piuttosto caratterizzato. E’ Dio Padre che in alto a destra sbuca dalle nuvole. È un’energico anziano che, avvolto in drappi rossi e sguardo spiritato, impone platealmente e con impeto il concepimento. Sembra quasi un cacciatore che prende la mira o un boscaiolo alle prese con un taglio impegnativo. Infine lui, il nostro gatto. Che scappa spaventato. Muso demoniaco. Orecchie ferine. La coda, in palese contraddizione con lo stato di spavento, è sottile e lunga. L’interpretazione può essere semplice. Il gatto rappresenta, come molte volte succede nella letteratura, il diavolo che fugge seccato alla prospettiva della venuta di Cristo sulla Terra. 
Tale lettura negativa anche nella seconda opera, tempera olio e oro di Bartolomeo Caporali del 1467 nella Galleria Nazionale Umbra a Perugia, che cito solo brevemente. Qui il gatto, al centro della scena, inarcato, baruffa con un cane in quella che sembra la contrapposizione caratteristica bene-male in cui il gatto rappresenta inevitabilmente il maligno.


E veniamo a noi, a Genova: Musei di Strada Nuova Palazzo Bianco. Jan Proovost ci regala un’ Annunciazione fiamminga ricca di particolari ed elegante. Colpiscono nella stanza di Maria il grande baldacchino verde, gli oggetti preziosi di arredo. L’ Angelo, in lunghissima tunica celestina pare cogliere alle spalle la vergine assorta in preghiera, e invece del giglio bianco, reca un lungo pastorale istoriato e dorato. La Madonna porta un manto nero finemente lavorato.

Lo Spirito Santo è una colomba un po’ tozza che rifulge in un tondo al centro della tavola. In basso a sinistra il gatto grigio, impaurito, piuttosto grassoccio e con il muso quasi umano. Gli occhi in particolare lucidi ed intimoriti, la coda lunga e bassa ne fanno una creatura poco rassicurante e convincente, ricacciata nell’ombra dall’apparizione. In contrapposizione al gatto in diagonale un inquietante elemento antropomorfo spunta dal camino.
Quarta opera: un’affresco del Romanino del 1539 che si trova nel convento dell’Annunciata dei Servi di Maria a Rovato. I protagonisti ovviamente gli stessi in un’ambiente raccolto, illuminato da una bifora. Gabriele in questo caso è in giallo e, inevitabile giglio in mano, porta l’annuncio ad una Madonna raccolta in preghiera e, in fondo in fondo, già consapevole di quello che sta avvenendo. Buffo il Dio, che sembra anticipare l’emoj che scrolla le spalle con le braccia allargate, ma che in realtà indica benevolenza e paternità.

Quindi lui, il gatto, che in questo caso, fiducioso e curioso si avvicina all’arcangelo. Un gatto che secondo alcuni si sta trasfigurando da nero a grigetto e va quasi in trasparenza di fronte a tale figura celeste e celestiale. Forse spera in qualche bocconcino in regalo dall’inatteso ospite? La sua coda tuttavia rimane bassa… Quindi finalmente un’altra considerazione religiosa sulla presenza del gatto in un contesto così cruciale. Secondo l’interpretazione del brillante fra Stefano Bordignon, che in questo convento vive e diffonde il Vangelo e le sue preghiere anche sul web, il felino non è che il testimone privilegiato dell’eccezionale evento. La Madonna non è del tutto sola nella sua situazione incredibile. Il gatto che avverte e riconosce l’angelo, anche prima di lei, è l’ulteriore prova che non è un’illusione. E il fatto che il gatto si fidi vuol dire anche forse che non deve temere la volontà del Signore.  L’ Annunciazione del Barocci (1582-1584) è un olio su tela che si trova ai Musei Vaticani. Immagine serena. Sullo sfondo il Palazzo Ducale di Urbino. Spicca anche qui l’altro animale però. La colomba dello Spirito Santo che plana luminosa sulla scena. Gli altri protagonisti non cambiano, compreso il gatto che in questo caso, a sinistra in basso, in posizione del tutto marginale, semplicemente se la dorme su una sedia, e ronfa come solo i gatti sanno fare. Ignaro dello spettacolo e indifferente a tutto il resto. Il significato in questo caso è davvero di contorno e forse contribuisce comunque a tranquillizzare del tutto il quadretto. Come a dire: il resto delle cose va come deve andare, coi gatti che dormono. Un immagine di intimità della casa, un genius loci della domesticità. In questo caso quindi il micio è tutt’altro che testimone e forse occupa la sedia che spetterebbe all’osservatore. Ma come si fa a svegliarlo senza rischiare di incrinare la sacralità del momento? E se poi nel trambusto l’Arcangelo dimenticasse il suo annuncio?

Altri gatti più o meno dormienti o tranquilli sono raffigurati nelle Annunciazioni del Rubens del 1629, Lelio Orsi (1555-1560), di Alessandro Vitali (1603), del Garofalo (1528),  del Pomarancio (del 1613 Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze), di Giovanni Pietro da Cemmo (1491- Chiesa di S.Marie di Esine in Val Camonica, Tintoretto (Museo Nazionale Arte Romania), Pieter Lastman (1628) e  Anton Raphael Mens (1767) entrambe all’
Hermitage.
Altri due fiamminghi ritraggono invece, nella scena della loro Annunciazione, gatti bianchi “seduti”: Jan De Beer (1520) e Van Orley (1518). 
Un gatto intento a giocare lo si trova nel dipinto murale di Amalteo Pomponio, opera realizzata tra il 1535 e il 1545 nella Chiesa di Santa Maria dei Battuti a San Vito al Tagliamento.
Un micione rossiccio domina l’olio su tavola di Altobello Melone (1515/21) a Isola Dovarese (CR).
Ma non poteva mancare il cosiddetto “gatto di marmo”… Lo troviamo scolpito nell’opera del Sansovino (1518-1522).  Sembra allontanarsi un po’ impaurito ma, riluttante ad abbandonare la scena, voltato,  è ancora curioso di capire chi sarà mai quello strano seccatore con le ali. 

Insomma riepilogando se ne potrebbe trarre una Pinacoteca a tema e, considerato il numero degli amanti dei gatti, creare un database e persino pensare ad un tour per ammirare le opere più significative con il quattrozampe protagonista “annunciato”.

Gian Paolo Sacco

Il gatto è curiosamente presente in molte opere raffiguranti l’Annunciazione. Il fatto risale probabilmente ad alcune leggende che lo vogliono animale di compagnia di Maria, ricordiamolo, allora giovanissima. Un’altra antica e diffusa leggenda narra tra l’altro che, la notte in cui Cristo venne al mondo a Betlemme, anche una gatta diede alla luce i suoi piccoli, e riscaldando anch’essa, come e meglio del bue e l’asinello Gesù Bambino, fu gratificata da carezze sulla testolina dalla Madonna e da qui l’origine della caratteristica M sulla fronte dei gatti tigrati. Ma il gatto per il suo saper essere spesso furbo, traditore e all’occasione feroce, finisce volentieri per simboleggiare il male. Per via del suo modo di cacciare con perfidia e sadismo, assume il ruolo del diavolo che gioca con le sue vittime fino a ghermirne le anime.
Prendiamo però alcuni esempi pittorici. Il primo, forse il più noto per tale tema, è l’Annunciazione di Lorenzo Lotto, olio su tela del 1534, che si trova a Recanati. L’ interno è rinascimentale, piuttosto elegante, sullo sfondo giardini. La Madonna è sulla sinistra avvolta in vesti rosse e blu. Le tinte sono accese e decise. Lo sguardo della vergine, colta di sorpresa, è sottomesso ma con un bagliore di strana malizia negli occhi. L’angelo sulla destra in veste celeste è invece un ragazzone dall’aria semplice e un po’ stralunata. La sua posa è plastica e teatrale con il classico giglio bianco in mano. Il corpo è muscoloso e un po’ pesante. Le ali sono scure ed i capelli biondi con ricci allungati. Il terzo protagonista, suo malgrado, è piuttosto caratterizzato. E’ Dio Padre che in alto a destra sbuca dalle nuvole. È un’energico anziano che, avvolto in drappi rossi e sguardo spiritato, impone platealmente e con impeto il concepimento. Sembra quasi un cacciatore che prende la mira o un boscaiolo alle prese con un taglio impegnativo. Infine lui, il nostro gatto. Che scappa spaventato. Muso demoniaco. Orecchie ferine. La coda, in palese contraddizione con lo stato di spavento, è sottile e lunga. L’interpretazione può essere semplice. Il gatto rappresenta, come molte volte succede nella letteratura, il diavolo che fugge seccato alla prospettiva della venuta di Cristo sulla Terra. 
Tale lettura negativa anche nella seconda opera, tempera olio e oro di Bartolomeo Caporali del 1467 nella Galleria Nazionale Umbra a Perugia, che cito solo brevemente. Qui il gatto, al centro della scena, inarcato, baruffa con un cane in quella che sembra la contrapposizione caratteristica bene-male in cui il gatto rappresenta inevitabilmente il maligno.
E veniamo a noi, a Genova: Musei di Strada Nuova Palazzo Bianco. Jan Proovost ci regala un’ Annunciazione fiamminga ricca di particolari ed elegante. Colpiscono nella stanza di Maria il grande baldacchino verde, gli oggetti preziosi di arredo. L’ Angelo, in lunghissima tunica celestina pare cogliere alle spalle la vergine assorta in preghiera, e invece del giglio bianco, reca un lungo pastorale istoriato e dorato. La Madonna porta un manto nero finemente lavorato. Lo Spirito Santo è una colomba un po’ tozza che rifulge in un tondo al centro della tavola. In basso a sinistra il gatto grigio, impaurito, piuttosto grassoccio e con il muso quasi umano. Gli occhi in particolare lucidi ed intimoriti, la coda lunga e bassa ne fanno una creatura poco rassicurante e convincente, ricacciata nell’ombra dall’apparizione. In contrapposizione al gatto in diagonale un inquietante elemento antropomorfo spunta dal camino.
Quarta opera: un’affresco del Romanino del 1539 che si trova nel convento dell’Annunciata dei Servi di Maria a Rovato. I protagonisti ovviamente gli stessi in un’ambiente raccolto, illuminato da una bifora. Gabriele in questo caso è in giallo e, inevitabile giglio in mano, porta l’annuncio ad una Madonna raccolta in preghiera e, in fondo in fondo, già consapevole di quello che sta avvenendo.

Buffo il Dio, che sembra anticipare l’emoj che scrolla le spalle con le braccia allargate, ma che in realtà indica benevolenza e paternità. Quindi lui, il gatto, che in questo caso, fiducioso e curioso si avvicina all’arcangelo. Un gatto che secondo alcuni si sta trasfigurando da nero a grigetto e va quasi in trasparenza di fronte a tale figura celeste e celestiale. Forse spera in qualche bocconcino in regalo dall’inatteso ospite? La sua coda tuttavia rimane bassa… Quindi finalmente un’altra considerazione religiosa sulla presenza del gatto in un contesto così cruciale. Secondo l’interpretazione del brillante fra Stefano Bordignon, che in questo convento vive e diffonde il Vangelo e le sue preghiere anche sul web, il felino non è che il testimone privilegiato dell’eccezionale evento.

La Madonna non è del tutto sola nella sua situazione incredibile. Il gatto che avverte e riconosce l’angelo, anche prima di lei, è l’ulteriore prova che non è un’illusione. E il fatto che il gatto si fidi vuol dire anche forse che non deve temere la volontà del Signore.  L’ Annunciazione del Barocci (1582-1584) è un olio su tela che si trova ai Musei Vaticani. Immagine serena. Sullo sfondo il Palazzo Ducale di Urbino. Spicca anche qui l’altro animale però. La colomba dello Spirito Santo che plana luminosa sulla scena. Gli altri protagonisti non cambiano, compreso il gatto che in questo caso, a sinistra in basso, in posizione del tutto marginale, semplicemente se la dorme su una sedia, e ronfa come solo i gatti sanno fare. Ignaro dello spettacolo e indifferente a tutto il resto. Il significato in questo caso è davvero di contorno e forse contribuisce comunque a tranquillizzare del tutto il quadretto. Come a dire: il resto delle cose va come deve andare, coi gatti che dormono. Un immagine di intimità della casa, un genius loci della domesticità. In questo caso quindi il micio è tutt’altro che testimone e forse occupa la sedia che spetterebbe all’osservatore. Ma come si fa a svegliarlo senza rischiare di incrinare la sacralità del momento? E se poi nel trambusto l’Arcangelo dimenticasse il suo annuncio?

Altri gatti più o meno dormienti o tranquilli sono raffigurati nelle Annunciazioni del Rubens del 1629, Lelio Orsi (1555-1560), di Alessandro Vitali (1603), del Garofalo (1528),  del Pomarancio (del 1613 Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze), di Giovanni Pietro da Cemmo (1491- Chiesa di S.Marie di Esine in Val Camonica, Tintoretto (Museo Nazionale Arte Romania), Pieter Lastman (1628) e  Anton Raphael Mens (1767) entrambe all’
Hermitage.
Altri due fiamminghi ritraggono invece, nella scena della loro Annunciazione, gatti bianchi “seduti”: Jan De Beer (1520) e Van Orley (1518). 
Un gatto intento a giocare lo si trova nel dipinto murale di Amalteo Pomponio, opera realizzata tra il 1535 e il 1545 nella Chiesa di Santa Maria dei Battuti a San Vito al Tagliamento.
Un micione rossiccio domina l’olio su tavola di Altobello Melone (1515/21) a Isola Dovarese (CR).
Ma non poteva mancare il cosiddetto “gatto di marmo”… Lo troviamo scolpito nell’opera del Sansovino (1518-1522).  Sembra allontanarsi un po’ impaurito ma, riluttante ad abbandonare la scena, voltato,  è ancora curioso di capire chi sarà mai quello strano seccatore con le ali. 

Insomma riepilogando se ne potrebbe trarre una Pinacoteca a tema e, considerato il numero degli amanti dei gatti, creare un database e persino pensare ad un tour per ammirare le opere più significative con il quattrozampe protagonista “annunciato”.

Gian Paolo Sacco

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