Con la rubrica “il mondo in città” si vogliono raccontare i fatti dalle varie regioni del nostro pianeta che sono rilevanti per noi genovesi, italiani. Sia che ci troviamo sotto la lanterna o altrove, come nel mio caso che scrivo da Bruxelles.
Alberto Spatola

Nord America
Quando sono nati gli Stati Uniti?

Se sfogliamo velocemente un libro di storia delle scuole superiori, ci racconterà gli Stati Uniti più o meno così: il continente americano fu “scoperto” nel 1492, varie potenze iniziarono a colonizzare le sue terre, gli inglesi si concentrarono nel Nord America, ma solo nel 1620, con i Padri Pellegrini Puritani, cominciarono a trasferirsi dei civili soprattutto alla ricerca della libertà religiosa mancante in Europa. Mentre gli schiavi venivano portati nelle piantagioni, montò l’insofferenza verso il dominio inglese e così ci fu la rivoluzione americana che culminò nel 1783 con la nascita degli Stati Uniti d’America, e perciò la cosiddetta più anziana democrazia al mondo.
La Storia continua con una guerra civile, tra il 1861 e il 1865, tra Stati del Nord e del Sud, intorno alla questione dell’abolizione della schiavitù, ma superato quello scoglio gli Stati Uniti sono avanzati verso una sempre maggiore influenza sul mondo e prosperità al proprio interno, soprattutto grazie al duro lavoro dei tanti immigrati dall’Europa che sono passati con umiltà da Ellis Island per rimboccarsi le maniche in America. Nel mentre, però, agli USA non sono mancati momenti di tensione, che sono citati sul finire dei libri di storia scolastici, come il movimento dei diritti civili, l’uccisione di Kennedy e Martin Luther King.

Questa narrazione così lineare della storia degli Stati Uniti è negli ultimi anni presa di mira soprattutto dalla sinistra e dalle minoranze aprendo un’ulteriore faglia nella già divisa società americana.
Una messa in discussione legittima, frutto di numerose ricerche storiche, ma che sta mettendo in discussione le fondamenta del paese.
Ormai quattro anni fa il “The New York Times” pubblicò “The 1619 Project”: una ricerca storico giornalistica sull’arrivo dei primi schiavi afroamericani negli Stati Uniti. La ricerca prosegue nel sottolineare che ben difficilmente l’America avrebbe mai potuto assumere i contorni della “Terra Promessa” agli occhi degli europei, senza lo sfruttamento della manodopera schiavile dall’Africa.
Anche cronologicamente, prima sono arrivati gli schiavi, 1619, e poi sono arrivati i Padri Pellegrini, 1620.
Queste nuove interpretazioni hanno aperto numerosi, interessanti dibattiti storici, ma dobbiamo volgere lo sguardo altrove e capire quanto queste discussioni stiano trasformando la vita attuale degli Stati Uniti, il paese, al momento, più influente al mondo.

I repubblicani stanno censurando, togliendo dalle scuole e dalle biblioteche, non solo i libri che parlano della comunità LGBTQ+ e questioni di genere, ma anche libri che stanno mettendo in discussione la storia degli Stati Uniti così come raccontata fino a oggi.
Di fronte all’idea che i padri fondatori avessero ricercato l’indipendenza dalla corona d’Inghilterra anche per poter continuare più facilmente con la schiavitù, i cittadini più conservatori e tradizionalisti si irrigidiscono. Così sono disposti ad accettare anche Trump pur di far argine a una sinistra che sentono come sovversiva. Se larghe fette dell’elettorato americano hanno paura dei movimenti di sinistra che si battono per “una democrazia multietnica” ancor più che dei sostenitori di Trump che uccisero poliziotti e presero d’assalto il Campidoglio il 6 Gennaio 2021, è dovuto al fatto che trovano inaccettabile e offensiva la radicalità con cui si vuol mettere in discussione storia e valori degli Stati Uniti.

Queste divisioni, come la storia ci mostra, hanno le radici in più secoli, ma sembrano appunto esplose negli ultimi 10 anni.
Sono appunto esplose col dispiegarsi della Presidenza di Barack Obama, il primo Presidente nero degli Stati Uniti.
In questi ultimi anni diversi hanno studiato cosa ha portato molti americani a votare Obama nel 2008 e nel 2012 e poi votare Trump nel 2016 e anche nel 2020.
I risultati sono più o meno sempre gli stessi: c’erano due sentimenti paralleli e contrastanti nel voto a Obama, molti lo votarono sperando fosse l’inizio di una discussione e un serio cambiamento nei rapporti tra le diverse anime del paese, altri invece lo votarono con la speranza di porre la parola fine a tutte le discussioni razziali nel paese. Dopotutto Obama è stato cresciuto da una mamma bianca americana.
Quello che vediamo oggi è soprattutto il frutto di quella contraddizione nel voto a Obama: da una parte c’è chi vuole andare avanti, dall’altra chi vuole che la storia si fermi, tanto meno che venga riscritta.

Con le primarie di Repubblicani e Democratici alle porte, in vista delle elezioni del 2024, questa battaglia culturale si farà più intensa e si inizierà a capire in che direzione vuole andare il paese, ma anche quale sia stato il suo vero passato: gli Stati Uniti sono iniziati con lo sfruttamento degli schiavi o con la ribellione contro gli inglesi, la democrazia americana è nata con la Dichiarazione d’indipendenza o con le marce per i diritti civili?
Negli Stati Uniti, in un certo qual senso, si voterà anche per questo.

Alberto SpatolaAlberto Spatola
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