FOGLI SPARSI
Vagabondaggi di riflessioni e ricordi, appuntati senza un ordine preciso,
su fogli sparsi
Rubrica a cura di Grazia Tanzi
L’amore è un animale selvaggio
Ti respira ti cerca
Nidifica sui cuori spezzati
Va a caccia vicino baci e candele
Si attacca saldamente sulle tue labbra
Scava tunnel tra le costole
Si lascia cadere soffice come neve
Prima diventa caldo, poi freddo, alla fine fa maleAmore Amore
Tutti vogliono solo addomesticarti
Amore Amore alla fine
impigliati tra i tuoi dentiL’amore è un animale selvaggio
Morde e graffia e salta verso di me
Mi tiene con mille braccia
Mi trascina nel suo nido d’amore
Mi divora con pelle e capelli
[…]
L’amore è un animale selvaggio
Ti respira ti cerca
Nidifica sui cuori spezzati
Va a caccia vicino baci e candele
Mi divora con pelle e capelli
e mi vomita fuori dopo tanti anni
[…]L’amore è un animale selvaggio
Cadi nella sua trappola
Ti fissa negli occhi
Incantato quando il suo sguardo ti colpiscePer favore per favore dammi del veleno
Per favore per favore dammi del veleno […]Forse basterebbe questo testo per rispondere alla domanda del titolo[1]. Per ora lo lascio in attesa, alla riflessione di chi vuole.
Sono consapevole di essermi cacciata in un ginepraio, da millenni l’essere umano cerca una risposta al quesito: cos’è l’amore? Poesia, letteratura, arte, musica, psicologia, scienza hanno tentato dal loro angolo di darne un’interpretazione, senza fornire però una risposta univoca e definitiva (per fortuna), ma dandone infinite, nelle quali spesso ci siamo ritrovati o… perduti. Ma in fondo le domande più importanti sono proprio quelle senza risposta, quelle che ci costringono a pensare, a cercare, a interrogarci in continuazione.
Amore e verità sono incompatibili, l’amore ha mille facce, la verità non può essere che una sola e, in questo caso, non può dare nessun aiuto, meglio rivolgerci altrove. Cercheremo là dove l’umanità ha cercato il senso della sua complessa condizione esistenziale: nel mito, quello greco-latino in particolare, e presso i poeti che lo hanno trasmesso fino a noi.
Le spiegazioni del mito non sono mai definitive, la pluralità di significati, ad esso intrinseca, fa sì che esso possa essere piegato a più interpretazioni ed usato per dar conto anche di situazioni attuali.
Amore in greco si dice Eros, i latini lo chiamavano Cupido, entrambi i termini fanno riferimento ai rispettivi verbi eromai e cupio che significano desiderare ardentemente, bramare. L’accezione più comune che il termine assume nella nostra lingua è pressoché lo stesso: impulso d’amore, componente sessuale dell’amore. Le cose tuttavia non sono così semplici; si sente dire spesso che l’erotismo non va confuso con il semplice impulso sessuale, è qualche cosa di più elevato, insomma anche le parole per descrivere le situazioni amorose, sempre molteplici, conservano molte ambiguità. Ma torniamo alle origini: Eros in Grecia è un dio, anzi due come vedremo. Cominciamo dal primo.
Nei miti più noti, Eros è figlio di Afrodite (che i Romani chiamano Venere) e di Ares (Marte); è un figlio adulterino perché il legittimo sposo di Afrodite era il brutto e storpio fabbro degli dei, Efesto (Vulcano). Cominciamo bene.
Ma intanto, chi è Afrodite? In tutto il Mediterraneo antico esistevano, con nomi diversi, varie divinità che presiedevano alle cose d’amore, Afrodite, venerata in Grecia, per esempio corrisponde alla dea semitica Astarte, e alla ben nota Venere Romana, ma tutte le popolazioni antiche, in tutti i continenti hanno avuto una dea dell’amore, questo la dice lunga sulla sua importanza.
Secondo la tradizione omerica la dea è figlia di Zeus e di Dione, ma un mito più arcaico, suggestivo e violento, la vuole nata dalla spuma del mare che si formò quando il dio Crono gettò fra le onde i genitali del padre Urano che egli stesso aveva evirato per prenderne il potere.
Afrodite è una divinità molto potente:
[…] presiede all’attrazione e all’incontro sessuale: è una forza insieme biologica, psicologica e affettiva. La sua azione è inesorabile: nulla, fra tutto ciò che esiste, può resisterle, né uomini né dèi, né esseri raziocinanti né animali bruti. I miti che la riguardano raccontano vicende d’amore […] spesso violente, non di rado anche tragiche, poiché i Greci avvertivano l’eros come una passione lacerante. (Miti greci Giuseppe Zanetto).
Come si è detto Afrodite consuma con il prestante Ares, dio della guerra, dei soddisfacenti amori adulterini; il marito tradito, Efesto fabbro divino, informato da Elios, il Sole che tutto vede, finge di uscire di casa, ma ha già preparato una trappola costituita da fili invisibili. Appena i due amanti si coricano nel letto si ritrovano legati, oltre che dal loro abbraccio, da una rete che nessuno può spezzare. Tutti gli dei vengono chiamati ad assistere alla vendetta e alla vergogna dei due fedifraghi, l’invito è raccolto dai soli dei maschi che sghignazzano allegramente, in modo poco divino in verità. L’episodio è raccontato nell’VIII libro dell’Odissea.
Molti furono gli amanti di Afrodite, dei e comuni mortali: Adone, Anchise, Ares, Dioniso, Ermes, Poseidone, secondo alcuni lo stesso Zeus. Con Ares, dio della guerra, generò Eros come si è detto; da Anchise, principe troiano, ebbe un figlio che diventerà molto famoso, Enea. Questa vicenda è splendidamente raccontata nell’Inno ad Afrodite, compreso nella raccolta dei cosiddetti Inni Omerici, che così ha inizio:
Musa, cantami le opere dell’aurea Afrodite,
la dea di Cipro, che suscita dolce desiderio negli dèi
e soggioga le razze degli uomini mortali,
gli uccelli del cielo e tutte le specie animali,
che la terra e il mare nutrono in gran copia […]
Nessuno sfugge al potere di Afrodite, nè gli immortali, né gli umani, né gli animali, tranne tre dee, irriducibili vergini, sprezzanti di ogni amore: Atena (Minerva) guerriera e protettrice degli artefici e delle tessitrici; Artemide (Diana) dea della caccia, Estia (Vesta) dea della famiglia e del focolare.
Questi sono i cuori che essa non sa piegare né ingannare:
ma nessun altro può sfuggire ad Afrodite,
né fra gli dèi beati né fra gli uomini mortali.
Sconvolge anche la mente di Zeus, signore del fulmine,
che è il più grande e ha avuto il potere più grande:
facilmente inganna il suo animo scaltro, ogni volta
che vuole, e lo fa unire a donne mortali;
Zeus, la fa innamorare di Anchise per punirla dello scompiglio di cui è causa e perché capisca ella stessa cosa significhi essere preda dei tormenti d’amore per un mortale.
Ma anche ad Afrodite Zeus insinuò nel cuore il dolce
desiderio di unirsi a un uomo, perché al più presto
facesse anche lei esperienza di un letto mortale
e perché la dea amica del sorriso non potesse più vantarsi
al cospetto degli dèi, ammiccando beffarda,
di avere unito gli dèi a donne mortali […]
L’Inno ad Afrodite è un’opera poetica di straordinaria bellezza e sensualità, nella quale possiamo ancora oggi identificarci.
Essa arrivò alla capanna ben costruita
e trovò l’eroe Anchise, bello come un dio, […]
si aggirava qua e là, suonando la cetra sonora.
Afrodite, figlia di Zeus, si fermò accanto a lui,
con l’aspetto e la figura di una vergine indomita:
non voleva che si spaventasse, vedendola con gli occhi.
Anchise la scorse e prese a osservarla, ammirandone
l’aspetto e la figura e le vesti splendenti.
Indossava un peplo più fulgido della vampa del fuoco,
portava bracciali ritorti e orecchini lucenti,
e al collo delicato erano appese collane bellissime,
d’oro intarsiato: illuminavano il suo morbido petto
quasi di un bagliore lunare, e l’effetto era meraviglioso.
Anchise fu preso d’amore […]
Afrodite mente ad Anchise facendogli credere di essere una fanciulla mortale, bugie e amore, si sa, si ritrovano spesso assieme.
Anchise fu preso d’amore, e le rivolse queste parole:
«Se sei una mortale, e ti ha generato una donna,
[…] nessun uomo mortale
potrà fermarmi, prima che mi sia unito a te in amore,
subito adesso: neppure se lo stesso arciere Apollo
scoccasse frecce dolorose con il suo arco d’argento.
Pur di salire sul tuo letto, donna simile alle dee,
sono pronto poi a sprofondare nella casa di Ade».
Così dicendo, le prese la mano: Afrodite amica del sorriso,
voltando la testa e abbassando i begli occhi, lo seguì
sul letto ben fatto, ricoperto di soffici manti,
che già era pronto per il principe: sopra erano stese
pelli di orsi e di leoni dal ruggito profondo,
che lui stesso aveva ucciso sugli alti monti.
Saliti che furono sul letto ben fatto, Anchise
anzitutto le tolse di dosso gli splendidi ornamenti,
le fibbie, i bracciali ritorti, gli orecchini e le collane,
le sfilò la cintura e le sciolse le vesti lucenti,
che depose sopra un seggio dalle borchie d’argento.
Poi per volontà degli dèi e del fato si coricò,
– lui, un mortale – accanto a una immortale, senza saperlo.
Il resto non è difficile immaginarlo. Da questa unione nascerà Enea figura epica e leggendaria, protagonista di eroiche imprese, fuggito da Troia in fiamme approderà, secondo il racconto di Virgilio in Italia e sarà il progenitore del popolo romano.
Torniamo ora ad Eros, figlio di tanta madre possiamo immaginare cosa sarà capace di combinare.
Eros non conosceva regole. […] e faceva nascere l’amore, indifferentemente, fra esseri mortali, dèi, figure semiumane, animali, uomini, donne… persino i fiumi si innamoravano, o le sorgenti. […] una donna poteva innamorarsi di un fiume, una sorgente di un bel ragazzo. Persino la Luna poteva innamorarsi. Per non parlare di Zeus, il padre degli dèi, che si invaghiva periodicamente e con preoccupante ripetitività non solo di altre dee, ma anche (e spesso) di ninfe, regine e comuni donne mortali. E per unirsi a loro si trasformava negli animali più disparati, dal toro al cigno.(Eva Cantarella L’amore è un dio)
Insomma dove non arriva la madre ci pensa il figlio. A volte è raffigurato come un bambino paffuto con arco e occhi bendati, a volte come un maschio adulto che incarna il potere sessuale; era anche considerato il protettore dell’amore omosessuale.
Euripide, individua i due aspetti del dio Eros, felicità e tormento e, per la prima volta, presenta la sua immagine armata di arco e di frecce:
[…] duplice è l’arco della beltà
che l’Amore (Eros) tende su di noi:
l’uno ci porta felicità,
l’altro la vita torbida fa.»
(Ifigenia in Aulide)
Una cosa è certa: l’amore, fosse suscitato da Afrodite o dal suo sregolato figlio, non era mai una condizione serena. Così lo videro i poeti:
Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente:
dolceamara invincibile belva. (Saffo)Ma per me Eros non dorme
in nessuna stagione:
come il vento di Tracia infiammato di lampi
infuria accanto a Cipride
e mi riarde di folli passioni,
cupo, invincibile,
con forza custodisce l’anima mia. (Ibico)
Ancora Eros m’ha colpito:
con un gran maglio, come un fabbro,
e mi ha temprato tuffandomi
in una fiumana invernale. (Anacreonte)
Ma i Greci concepirono anche un altro Eros, un dio delle origini, primordiale, così lo descrive Aristofane:
All’inizio c’erano solo Chaos, Notte (Nyx), Oscurità (Erebus) e Abisso (Tartarus). La Terra, l’Aria e il Cielo non avevano esistenza. In primo luogo la Notte oscura posò un uovo senza germe nel seno delle profondità infinite delle Tenebre, e da questo, dopo la rivoluzione dei lunghi secoli, scaturì il grazioso Amore (Eros) con le sue scintillanti ali dorate, rapide come i turbini della tempesta. Si accoppiò nel profondo Abisso con il caos oscuro, alato come lui, e così nacque la nostra razza, che fu la prima a vedere la luce.
Insomma noi siamo i figli di Eros.
Il concetto di Eros è quanto di più profondo e ammaliante abbia prodotto la cultura greca, che già molti secoli fa aveva intuito attraverso il mito e la filosofia, tutto l’abisso e le vette di cui sono costituiti il pensiero e le emozioni umane. Eros racchiude in sé lo slancio vitalistico del corpo proteso verso la sopravvivenza, che trascende l’individuo e ne perpetua la specie. Eros è il piacere condiviso con l’oggetto del desiderio, qualunque esso sia. Eros è anche lo slancio del desiderio intellettuale che spinge alla conoscenza, a trascendere il limite dello spazio e del tempo, a penetrare i segreti della materia, a creare oggetti simbolici con l’arte e con leggi di comportamento etico, di libera scelta, realizzando la cultura che vince la morte. Solo una creatura consapevole, di sé e della propria morte poteva concepire Eros.
Chiudiamo il cerchio tornando al testo di apertura: sono le parole di una canzone di oggi, un brano rock metal, genere che credevo lontano dal mio gusto musicale. È arrivato a me dalla mia nipotina adolescente accompagnato da un ” fa venire i brividi”. Sono passati i secoli, ma non è cambiato niente.
Amour – Rammstein ~ Traduzione e testo (canzonimetal.altervista.org)
Bibliografia
I miti Greci a cura di Giuseppe Zanetto BUR
Inni omerici a cura di Giuseppe Zanetto Rizzoli
Eva Cantarella L’amore è un dio Feltrinelli
Simone Beta Francesco Puccio Il dono di Afrodite Carocci
Roberto Luca Labirinti dell’Eros Marsilio
Giorgio Ieranò Il mare d’amore.Eros tempeste e naufragi. Laterza
[1] Il titolo è quello di una raccolta di poesie di W. H. Auden