Presentazione

Il Ponentino ha il piacere di presentare ai suoi lettori una nuova rubrica, Piccole Storie in bianco e nero, e una nuova collaboratrice Patrizia Brugnoli. Le storie che, assieme all’autrice, racconteremo, sono quelle piccole, spesso al margine della “Grande Storia”, ma non per questo meno importanti. Storie straordinarie proprio perchè sono quelle della gente comune. Tutte le nostre “Piccole storie in bianco e nero” hanno un comune denominatore: sono storie di donne.
Antonello Rivano – Caporedattore ilponentino.it

Piccole storie in bianco e nero
Ognuno di noi ha un cassetto, una vecchia scatola piena di foto in bianco e nero di persone, forse parenti, di cui oramai si è persa memoria. Guardarle una ad una, cercare di ricostruire un ricordo, risalire ad un nome, ad un’epoca, sembra un’impresa dovuta, un piccolo riconoscimento ad una vita compiuta. Anche la rete è diventata un immenso vecchio ripostiglio di volti a cui tuttavia è possibile restituire una memoria grazie alle tracce che vengono conservate negli archivi e nelle infinite interazioni che ora sono possibili. Questa rubrica è il frutto del tentativo di riportare alla luce queste memorie
Patrizia Brugnoli


1.Kathi Beer

I Paesi dell’area dell’Europa centrale hanno mutato spesso confini e governi, ogni volta a costi altissimi in termini di sofferenze umane. La conoscenza della storia europea è uno degli abissi culturali da cui credo non emergeremo mai, a meno che qualcuno non cominci a raccontarci storie. Storie su cui riflettere e personaggi in cui immedesimarci e stimolarci a volerne sapere di più..

All’inizio del 1945, tutti le persone di lingua tedesca idonee al lavoro che si trovavano nei territori di Romania, Jugoslavia, Ungheria, Bulgaria e Cecoslovacchia occupati dall’Armata Rossa, furono utilizzati per la ricostruzione in Unione Sovietica, tra loro circa 70.000 Sassoni Romeni. A 74 anni di distanza la maggior parte dei deportati è morta. Sono, quindi, preziose le testimonianze scritte che ci sono giunte, come gli appunti di Katharina Fabich. Nata Katharina Beer il 13 febbraio del 1923 a Sibiu e oggi residente a Stoccarda, fu deportata nel 1949 dalla sua città, Neppendorf, e rimase internata in campi di lavoro in Ucraina, allora parte della URSS fino al 1979.

Riassunto della traduzione dell’articolo riportato più sotto.

Il 13 gennaio 1945 i militaristi romeni rastrellano tutte le donne dai 18 ai 35 anni e gli uomini dai 17 ai 45 e, senza dare alcuna spiegazione li obbligano a presentarsi alla sala del consiglio comunale dove vengono trattenuti in arresto e sorvegliati per impedirne la fuga. A tutti è stato permesso di prendere una piccola valigia con un set di vestiti e cibo per due giorni, ma non viene loro permesso nemmeno di recarsi in bagno. Rassicurati sommariamente con la comunicazione che dovranno lavorare per lo stato per un lasso di tre settimane, vengono invece caricati sui camion che li porteranno ai vagoni ferroviari (gli stessi usati per gli Ebrei e i Rom durante l’occupazione nazista), diretti in Russia. Per tre anni saranno fatti lavorare a Dnipro, poi a Zaporizhya per altri due. A Dnipro vengono presi in carico da un militare ebreo di lingua tedesca, subiscono le prime disinfestazioni. Le donne vengono inviate ai Kolkhoz a lavorare la terra. Lì vivono nelle baracche con i letti a castello e vengono sfamate con tè e pane di crusca. Il lavoro è durissimo e gli ordini si ripetono a raffica. Katharin, che ha studiato lingue, viene inviata alla logistica e, nei tempi extra ufficio, in lavanderia, una cella sotterranea dove vengono messi a bollire i panni allo scopo di levare i pidocchi, è addetta alla bollitura e al trasporto dell’acqua che dovrà portare con secchi da un pozzo lontano dal campo.

Le donne sopravvivono solo grazie a piccoli e pericolosi furti di cereali, ma tra il ’46 e il ’47 molte moriranno di fame a causa della carestia. La cugina di Kathi si suicida buttandosi sotto un treno. Raccolto il corpo, alle donne viene permesso di portarlo in obitorio dove sono ammassati centinaia di corpi nudi…[Vi risparmio il seguito perché è disumano da stare male]

Riferimenti: esiste un portale WEB per i Sassoni che nel secondo dopoguerra tornarono in Germania. L’articolo in originale al seguente link.https://www.siebenbuerger.de/zeitung/artikel/kultur/19613-das-tagebuch-der-kathi-beer-1945_1949.html?fbclid=IwAR25Bd1NTFShYlFJzA4i7bENyk1fnBS9YG5NUg1CwR5lNI-FOQ-w93C2g7A

Patrizia Brugnoli

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