Il Ponentino intervista Massimo Currò, Consigliere Municipale del Movimento 5 Stelle nel Municipio VII Ponente.

  • Quali sono le sue considerazioni dopo la grande manifestazione di sabato?

    Riguardo alla manifestazione del 25 Marzo 2023, contro l’espansione del porto e la fabbrica dei cassoni, organizzata dai Comitati Uniti del Municipio VII Ponente che ha visto l’adesione anche di alcune forze politiche, ci sarebbero tantissime cose da dire. La prima è che è stata, sul piano della partecipazione, un qualcosa di straordinario. Circa 5000 cittadini sono scesi pacificamente in piazza per testimoniare la loro assoluta contrarietà a qualsiasi ipotesi di insediamento della fabbrica di cassoni e di future espansioni del porto di Pra’.  La manifestazione è stata la chiara espressione di un malessere, del dolore che, trasversalmente attraversa ed unisce i cittadini del nostro territorio, senza guardare età, sesso od estrazione sociale.
  • Cosa rappresenta oggi il porto per il suo territorio?

    Il porto è ad oggi un nervo scoperto per questo territorio, una ferita mai sanata. Una ferità che torna a bruciare ogni qual volta che, periodicamente, qualche amministratore torna a parlare di espansione e di ulteriore distruzione di territorio e del nostro mare.
    A distanza di circa 40 anni, possiamo tirare delle somme e capire, numeri alla mano, cosa il porto sia stato capace di prendere e cosa sia stato capace di restituire al territorio. 
    Possiamo insomma dire che quel porto per come è stato concepito e successivamente sviluppato è stato un enorme errore.
Massimo Currò
  • Affermazioni molto forti, ci vuole argomentare meglio?

    Parto dalle ultime affermazioni del Sindaco, o Commissario, Bucci nel consiglio municipale del 23 Gennaio scorso: “Grazie allo sviluppo del porto di Prà le vostre case acquisteranno valore e ci saranno nuovi posti di lavoro“, per proseguire con le affermazioni del Presidente dell’Autorità Portuale di Sistema Signorini :”Io penso che lo sviluppo del porto faccia bene e sia necessario per Genova“.
    Io penso che i veri portatori di interesse, i cosiddetti stakeholders,  termine che tanto piace a certi amministratori, ancora prima di Confindustria, terminalisti o armatori,  siano prima di tutto i cittadini. Noi cittadini siamo coloro che hanno deciso di vivere la nostra esistenza investendo su questo territorio, scegliendo di crescere i nostri figli e magari investendo il patrimonio di una vita con l’acquisto di una casa. 
    Con l’arrivo del porto le nostre case hanno perso valore, in alcuni quartieri anche più del 40%,  e ancora oggi, qualsiasi cosa avvenga in area portuale  finisce inevitabilmente, giorno dopo giorno,  per riflettersi negativamente  sui nostri investimenti.
    Anche il tessuto economico di alcuni quartieri si è sfaldato pezzo per pezzo portando alla chiusura di decine di attività storiche a causa del degrado derivato dalla presenza del porto e del conseguente  spopolamento di alcuni quartieri che ancora oggi subiscono solo  disagi dal punto di vista ambientale, paesaggistico e territoriale.

    Riguardo ai numeri sull’occupazione tanto decantati in queste narrazioni che vengono  propinati da decenni  vorrei fare alcune osservazioni.
    Il  porto di Genova è il primo porto in Italia, uno tra i primi in Europa ed è  la prima attività produttiva del paese che contribuisce per circa 10 miliardi/anno  al PIL Italiano.
    Possiamo quindi dire che Genova ospita la prima attività produttiva del paese Italia.
    Faccio spesso questo parallelo, se vai a visitare una città universitaria, cosa ti aspetti di trovare? Tanti giovani, tanta vita e una città con i servizi orientati a quel tipo di indirizzo. Così è, basta visitare alcune delle città italiane considerate tra i migliori atenei   e troverete esattamente quanto ci si aspetta.
    Per lo stesso principio, cosa mi aspetto di trovare nella città del nord Italia che ospita la prima attività del paese? Mi aspetto di trovare una città estremamente popolosa, con un importante ricambio generazionale, servizi per i cittadini al top. 
    Invece Genova è, numeri alla mano, la città, più “vecchia” di Europa con l’età media più alta di qualsiasi altra città europea. È la città che da decenni vive una crisi demografica inarrestabile con un calo demografico di circa oltre 50 mila abitanti ogni anno. 
    Il Municipio VII Ponente, che è il municipio che ospita il porto di Pra’, territorialmente è il municipio più esteso, da solo è un terzo di tutta Genova. Il nostro Municipio, che ha circa 60 mila abitanti, ha l’età media più alta di tutta la città di Genova che già detiene il primato di città più vecchia d’Europa, ed è il municipio meno popoloso in rapporto suolo/abitante.
    Insomma, il porto desertifica tutto ciò che ha intorno, numeri alla mano, altro che ricchezza, ricambio generazionale, lavoro e servizi.
    La verità è che il porto ha esaurito la propria spinta occupazionale, ormai da decenni. La strada per la sua maggiore competitività è segnata dall’automazione. In un incontro tenutosi a palazzo San Giorgio, lo stesso presidente Signorini ha affermato che nello scalo portuale PSA a Singapore è come camminare nel deserto, è tutto automatizzato e non si incontra anima viva.
    Ecco demolita l’ennesima balla sui posti di lavoro.
  • Quali sono le sue conclusioni sul rapporto fra territorio e Porto di Prà?

    Oggi la rottura tra città e porto è sempre più profonda, direi ormai insanabile.
    Oggi il porto non rappresenta solo una “difficile convivenza quotidiana”, ma anche una continua ombra sul futuro nostro e dei nostri figli.
    Dopo decenni di convivenza con inquinamento acustico, ambientale, distruzione delle nostre coste, se la loro idea di convivenza è caratterizzata da periodici tentativi di espansione, che ciclicamente ci costringono a scendere in piazza per rivendicare i nostri diritti e tutelare la nostra salute e quotidianità, il nostro atteggiamento nei confronti del porto deve iniziare a   cambiare.
    Insomma, sentire il sindaco Bucci, in consiglio Municipale propinarci le stesse identiche narrazioni che vennero usate 50 anni fa per convincerci ad accettare il porto ed a perdere il nostro mare e le nostre spiagge mi fa capire che la strada da percorrere al fine di trovare finalmente amministratori lungimiranti e capaci di comprendere questo territorio, è ancora lunga e tortuosa.

Marco Maltesu
Direttore di redazione ilponentino.it

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