Con la rubrica “il mondo in città” si vogliono raccontare i fatti dalle varie regioni del nostro pianeta che sono rilevanti per noi genovesi, italiani. Sia che ci troviamo sotto la lanterna o altrove, come nel mio caso che scrivo da Bruxelles.
Alberto Spatola

Africa

Nigeria, l’elezione che sa di futuro prossimo

Le elezioni presidenziali in Nigeria, come ne ha discusso Il Post, sono le elezioni più importanti di cui non avete sentito parlare.
In sintesi, la Nigeria è il gigante d’Africa con il potenziale d’essere un modello di democrazia e crescita economica, d’ispirazione per i suoi vicini e il continente intero. Eppure, questo potenziale è da anni che resta inespresso.
Il Presidente uscente Muhammadu Buhari ha governato per gli ultimi 8 anni ed esce di scena come un politico che ha saputo tenersi lontano dalla corruzione, nonostante anche nel suo cerchio più ristretto gli scandali dilagassero. Dopo 8 anni, passa il testimone dopo essere stato attento che le elezioni per il suo successore fossero trasparenti e giuste. Ma l’elezione non si è svolta in maniera del tutto tranquilla, e soprattutto i nigeriani dopo 8 anni sono più poveri, i problemi d’insicurezza sono ancora largamente presenti e la corruzione è un problema strutturale del paese contro cui Buhari è riuscito a far ben poco, nonostante le promesse e le speranze.

Per tutto ciò, soprattutto i più giovani nel paese, hanno riposto le loro aspettative e sostegno nel candidato più giovane, pur sempre di 62 anni, ma soprattutto fuori dai due blocchi principali che condizionano la politica nigeriana dal 1999, cioè da quando il paese è tornato alla democrazia. Peter Obi, del Partito Laburista, era quindi sulla cresta dell’onda, ma come si è visto a spoglio finito la strada era in salita per l’imprenditore dalle maniere semplici e già governatore di uno Stato del sud est della Nigeria.
Peter Obi era ben lontano dall’essere il candidato perfetto, quando intervistato su temi cruciali come la sicurezza e il cambiamento climatico era estremamente vago, lasciando il suo carisma fare il resto. Un carisma costruito sui suoi modi di fare umili: serve il tè ai giornalisti che incontra e si porta lui stesso “le sue borse”. Tutto ciò in chiaro contrasto con i politici ordinari che in Nigeria hanno l’apri porta dell’apriporta, gli assistenti degli assistenti con il biglietto da visita platinato e i camion di contante intercettati in entrata e uscita delle ville dei “grandi elettori” per gestire, corrompere, comprare il consenso.

Insomma, i giovani nigeriani (l’età media del paese è 18 anni), soprattutto del sud della Nigeria e della capitale Lagos nel centro del paese, volevano porre la maggior distanza possibile tra il loro voto e Bola Tinubu, il cosiddetto padrino di Lagos, il candidato che sostenuto dal suo partito “Congresso di tutti i Progressisti” ha infine vinto. Il suo slogan era “è il mio turno”. Dopo decenni in politica a tirare le corde dietro le quinte ha incassato il premio più grosso della politica nigeriana, ma col risultato più magro mai ottenuto: ha vinto ma col solo 36% e in solo 12 Stati su 36 (più il distretto della capitale Lagos, dove ha vinto Obi).

Il motivo di questa differenza tra la mobilitazione giovanile e il risultato finale è tristemente semplice: le differenze geografiche, religiose ed etniche sono ancora la spinta principale degli elettori nigeriani. Perciò il voto del sud, a maggioranza cristiano, si è diviso tra Peter Obi, arrivato terzo col 25%, e Atiku Abubakar, secondo col 29%. Nel nord, a maggioranza musulmana, invece la divisione è stata tra i due candidati dei partiti più tradizionali: Atiku Abubakar e il Presidente eletto Tinubu. Ma, ancor di più sono le etnie che condizionano le vite di molti africani, dai matrimoni alle elezioni, e tutte queste differenze, seppur con diverse difficoltà, convivono all’interno di confini disegnati da altri; nel caso della Nigeria soprattutto dal Regno Unito. Il risultato finale ha portato quindi, frustrazione, rabbia, e anche disordini e recriminazioni. Il “padrino” ha sconfitto l’umile imprenditore che voleva cambiare il più grande paese d’Africa con i suoi oltre 200 milioni d’abitanti: questo sembra essere il punto finale della storia.
Ma in realtà i protagonisti, in una democrazia, sono gli elettori e in particolare i giovani che dal nulla hanno portato il candidato del Partito Laburista dal 3% al 25%, attraverso l’ironia dei social e la speranza di un’economia più solida e promettente.
Loro sono i protagonisti attraverso cui interpretare le elezioni nigeriane; i nostri protagonisti hanno perso questo giro, ma stanno costruendo un nuovo futuro. Per ora, ancora, un futuro prossimo.

Alberto SpatolaAlberto Spatola
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