Di Lorenzo Bisio, storico dell’arte

Nella chiesa di San Lorenzo in Chiale, posta su un’altura nella sponda di ponente del torrente Cerusa lungo la strada che conduce a Fabbriche di Voltri e Fiorino, è possibile ammirare un’interessante tela del pittore voltrese Orazio De Ferrari (Voltri 1606- Genova 1657) raffigurante il Martirio di San Lorenzo.

Chi entrando in chiesa nota questo dipinto, collocato in posizione sopraelevata tra le cappelle a destra dell’altare, in un primo momento si potrebbe domandare quale sia l’originaria provenienza dell’opera dato che l’edificio presenta un’architettura ben più recente seppur con caratteri tradizionali.

Guardiamo un po’ la sua storia: una prima menzione di una Rettoria presso la località di Claro o Chiale, come succursale della chiesa parrocchiale di Sant’Erasmo di Voltri la si ha nel 1380, mentre il Sac. G. B. Cabella nel suo libro Pagine Voltresi del 1908, tramanda di come nel 1643 gli abitanti del luogo si rivolsero all’Arcivescovo chiedendo di far benedire la cappella intitolata a San Lorenzo, iniziata circa 40 anni prima ed ultimata, per potervi far celebrare la Santa Messa.

La cerimonia avvenne il 10 Agosto di quell’anno, giorno della festa del Santo Titolare, la cappella venne soggetta alla parrocchia di Sant’Erasmo e la concessione del Cardinale e Arcivescovo di Genova Stefano Durazzo (Multedo 1594 – Roma 1667) prevedeva di celebrarvi Messa eccettuati i giorni di Natale e Pasqua.

Alcuni atti notarili e testamenti dell’epoca citati dal Cabella, permettono di ricostruirne la storia della fondazione e i benefattori: […] “al 19 Dicembre 1638 Antonio Vigo fu Rocco sopra i beni denominati la riva, il canale e la terra di S. Giovanni fondava una cappellania quotidiana a favore della Cappella” […]; col termine “cappellania quotidiana” si indica una donazione alla chiesa da parte di un privato di una certa somma, una proprietà o una rendita, affinché venga celebrata la Messa tutti i giorni nella cappella destinataria del beneficio.              

In un altro testamento del 1 gennaio 1646 lo stesso Vigo permetteva a Gerolamo, suo fratello, di poter godere del possesso di quei terreni obbligandolo però a pagare una somma di 200 lire annue per il mantenimento della cappellania; in caso di inosservanza questo suo diritto decadeva e i Massari della cappella erano autorizzati a impossessarsi e gestire direttamente questi appezzamenti.

Il 19 Novembre 1662 però venne stipulata un’altra convenzione nella quale Antonio Vigo cedeva definitivamente i terreni de la torretta e la riva come rendite della cappellania, in cambio i Massari avrebbero dovuto rinunciare ai diritti concessi in precedenza sull’appezzamento di Costa di S. Giovanni.

Il Cabella dalla documentazione da lui rinvenuta tramanda inoltre che nel 1641 vennero pagate […] “l. 18 per una porta di pilastrata alta 11 palmi e larga 5 ½ ” […] e che nel 1643 Gerolamo Muzio donò alla cappella la somma di 300 lire, mentre altri parrocchiani fornivano legna e formaggio da rivendere, il cui profitto avrebbe contribuito a dare altre entrate alla cappella.

Altre notizie sono inerenti ai decreti di Visita del 1652, alle elezioni dei reverendi cappellani nel 1662 e nel 1669 e a una tassa annua di 25 lire, da devolvere alla cappella per la celebrazione della Messa, imposta nel testamento del Nob. Puppo Nicolò fu Gio. Stef.o a suo fratello Domenico, in merito ai beni che gli lascia in eredità.

Sempre il Cabella riporta l’esistenza di un inventario redatto nel 1679 nel quale sono riportati i modesti beni di cui disponeva l’edificio: un’ancona sull’altare raffigurante il Santo Titolare del quale non riporta il nome dell’artefice- ossia il dipinto ancora conservato nella nuova chiesa e attribuito a Orazio De Ferrari -, due palli […] “uno di durante e l’altro di damasco cremisi con l’arma Porrata e Fravega”[…], quattro pianete – una recante l’arma di Agostino Musso-, un corporale, un messale, un calice d’argento, una lampada di ottone, una campana per le Messe, eccetera.

Ulteriori notizie relative alla fine del Seicento fino alla metà del Settecento riportano il raggiungimento nel 1681 dell’obiettivo di far celebrare quotidianamente Messa nella cappella, la notizia di un furto sacrilego in data 8 Giugno 1702 e dei relativi danni riportati, inoltre della concessione nel 1712  da parte di Papa Clemente XI (Urbino 1649 – Roma 1721) dell’indulgenza plenaria per un settennio in occasione delle feste del Santo Titolare e infine della concessione ai Massari nel 1745 di una procedura monitoria per effettuare il recupero di un reddito di 200 lire devoluto da un benefattore, Antonio Piccardo di Fiorino.

L’attuale edificio di culto risale al 1901 come riporta una lapide visibile all’interno e la prima pietra venne benedetta il 12 agosto 1900. L’edificio venne completato in 10 mesi su progetto dell’ing. Stefano Cuneo, con il sostegno della famiglia Tassara e per iniziativa del rettore della parrocchia Don Angelo Bruzzone, al quale è intitolata la piazza del sagrato e le cui spoglie sono sepolte nella cripta, in quanto resse la parrocchia per ben 64 anni.

Il campanile e la nuova facciata vennero completati in seguito e benedetti nel 1907 a spese del Comm. Giovanni Tassara mentre nel 1943 la chiesa divenne nuova parrocchiale.

Al suo interno oltre alla tela di Orazio De Ferrari che trovò posizione tra le cappelle della navata di destra, sono visibili due vetrate a mosaico e due trittici realizzati in periodi diversi sulla base dei bozzetti del sacerdote ed artista Francesco Boccardo(Campomorone 1927- La Spezia 2013), raffiguranti “Il Padre misericordioso” e “La Cena disertata”; è possibile inoltre contemplare quattro statue marmoree realizzate dal prof. Valdieri Pestelli e dal figlio Giovanni raffiguranti San Benedetto, Santa Caterina da Genova, San Carlo Borromeo e San Francesco, benedette nel 1986.

Il dipinto del De Ferrari, realizzato ad olio su tela attorno al 1630, ornava l’altare della primitiva cappella seicentesca fungendo quindi da ancona ed a seguito della costruzione della nuova chiesa venne posto nell’attuale collocazione.

Il Santo Titolare, rappresentato nel momento del suo martirio, è raffigurato seminudo mentre viene posto su una rovente graticola attorniato dai suoi aguzzini, volge lo sguardo verso l’alto dove campeggiano le figure della Madonna, assisa sulle nubi, con Gesù Bambino in grembo e un angelo recante in mano un vessillo con la scritta “Ecce Agnus Dei”.

Orazio De Ferrari, pittore allievo del voltrese Giovanni Andrea Ansaldo (Voltri 1584 – ivi 1638), nacque a Voltri nel 1606, lavorò presso il suo maestro fino al 1634, anno nel quale si stabilì a Genova in piazza dei Luxoro avviando una bottega autonoma.

Il De Ferrari dal suo maestro apprende i fondamenti dell’arte pittorica ispirandosi e studiando i migliori artisti del tempo sia nel disegno che nel colore, frequentando anche le Accademie per “esercitarsi con il naturale” […] come riporta l’erudito Raffaele Soprani nel suo libro “Le Vite de pittori, scoltori, et architetti genovesi”.

Considerato fra i maggiori esponenti del barocco genovese, il suo stile di stampo naturalista era volto a creare una narrazione realisticamente concentrata e netta senza abbandonarsi al senso del tragico.

In questo suo naturalismo colse le suggestioni e la maestria dei pittori genovesi dal terzo al quinto decennio del Seicento quali l’Assereto e il Fiasella, oltre alle influenze di Rubens e Van Dyck per il colore e accogliendo la lezione luministica del Caravaggio.

Le scene che crea, infatti, paiono richiamare le rappresentazioni tipiche di un “teatro popolare”, i cui personaggi e le vicende sembrano tratte dalla quotidianità nella quale lo spettatore riusciva a proiettarsi e riconoscersi, contestualizzando quindi ciò che veniva rappresentato.

L’interessante e complesso intreccio di vicende che si è andato ad articolare partendo da un’opera, conservata in una chiesa poco nota per quanto molto frequentata e amata dagli abitanti della Val Cerusa e di Voltri, porta a riflettere su come il patrimonio storico-artistico debba essere preservato e fatto oggetto di divulgazione scientifica per generare consapevolezza e rafforzare l’identità culturale e il senso di appartenenza di una comunità.

Lorenzo Bisio

BIBLIOGRAFIA

SOPRANI R., Le vite di pittori scoltori, et architetti genovesi. E de’ forastieri, che in Genova operarono, Genova, 1674.

DONATI P., ORAZIO DE FERRARI, Sagep, Genova, 1997
AA.VV., GRANDE REGESTO DELLE CHIESE ITALIANE LA CITTÀ DI GENOVA, Di Baio Editore – De Ferrari Editore, Genova, 1998

PASTORINO T., DIZIONARIO DELLE STRADE DI GENOVA, Tolozzi Editore, Genova, 1968

AA.VV., LA PITTURA A GENOVA E IN LIGURIA, secondo volume dal Seicento al primo Novecento, Sagep Libri & Comunicazione, Genova, 1998

SITOGRAFIA

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