L’ingresso in una RSA va fatto “ in punta di piedi”: ogni ospite è un delicatissimo insieme di ricordi, mancanze, emozioni, sofferenza, solitudine

di Donatella Toniutti

Ognuno di loro si trova li non per propria volontà (casi rarissimi), perciò vivono in ogni momento un profondo senso di abbandono e smarrimento.

Tutti sentono la mancanza della propria casa, può capitare chi chiede di essere accompagnato al proprio domicilio. A tutti mancano affetti, oggetti, riferimenti, piccole cose di tutta una vita.

Vivono in un ambiente confortevole (speriamo) ma anonimo, spersonalizzante, non hanno momenti di autonomia, dividono gli spazi con altre persone, la camera con estranei e spesso il rapporto è conflittuale. Le caratteristiche del carattere di ognuno deve obbligatoriamente adeguarsi a questo nuovo modo di vivere.

Non possono prendere iniziative e fare scelte di alcun tipo.

Le reazioni sono diverse davanti a nuove presenze provenienti dal “mondo fuori”:

– c’è chi si isola e non vuole parlare

– c’è chi si commuove e probabilmente pensa a chi vorrebbe vedere, capita che ci chiami con il nome di un figlio, una nipote…

– c’è chi si arrabbia perché ritiene venga turbata la quiete e la routine che li rassicura

– c’è chi è contento e cerca l’approccio facendosi notare in qualche modo, parla a voce alta, ci chiama (vieni qui da me!), fa zittire gli altri

– c’è chi vuol parlare e raccontare di sé, vuole la nostra vicinanza in esclusiva

– c’è chi ci vuole conoscere, sapere perché siamo li, come ci chiamiamo, cosa facciamo, cosa vogliamo da loro

– c’è chi dice di non avere soldi per pagarci

c’è chi dice che è stanco, non si sente bene, si lamenta della propria salute o del trattamento che riceve. Capita chi si lamenta del vicino di letto.

Cosa fare?

Presentarsi salutando, sorridenti, dire il proprio nome e chiedere il loro, se l’ospite fa domande e si interessa…il ghiaccio è rotto! Possiamo chiedere come sta, cosa gli piacerebbe ascoltare, se fa piacere passare un pò di tempo insieme, fare qualcosa di gradevole, ricevere un piccolo ricordo.

Usare un tono di voce pacato, scegliere parole rassicuranti e di conforto ma senza che traspaia pietismo, in generale tranquillizzare con dolce fermezza. A chi confida di non poter pagare il nostro intervento o l’omaggio di un oggetto è mia esperienza positiva proporre il baratto con una carezza, una stretta di mano, un bacio, un abbraccio.

Piccoli gesti affettuosi, per far si che non si sentano in debito, tenendo presente che loro sono realmente, sempre, a “mani vuote”.

Diamo loro l’opportunità che le mani possono procurare merce di scambio senza sentirsi umiliati. Quando si conclude l’incontro, sarebbe opportuno salutare promettendo di tornare, daremo loro così il pensiero positivo di una piacevole attesa, la certezza di essere considerati con affetto.

Nei giorni a seguire ricorderanno tra loro il tempo passato con noi, aspetteranno di rivederci e tutto ciò per loro è “vita preziosa”!

Donatella Toniutti, volontaria AVO in RSA Castelletto dal 2004
*AVO Genova èuna OdV che opera sul territorio, in molte strutture ospedaliere e in strutture per anziani (RSA). Quotidianamente i volontari AVO portano una parola di conforto agli anziani ed ai malati, compresi i piccoli pazienti del Gaslini, e alle loro famiglie)

image_printScarica il PDF