Attenzione: Le righe che seguono non sono scritte a mente fredda, perché non riesco a mantenermi fredda ed analitica davanti a certi squallidi spettacoli che oltretutto si ripetono ad ogni giornata di campionato o quasi

di Sara Piccardo

Quando, circa una mezz’ora fa, ho spento disgustata e infuriata la tv dopo aver assistito alla gazzarra che ha chiuso una peraltro gradevole Cagliari-Milan, il mio primo pensiero è stato che era meglio quando si giocava a porte chiuse. E, purtroppo, non è la prima volta che questa riflessione mi sfiora.
Questo, infatti, non è un pezzo su ciò che è accaduto a Cagliari. Non descrivere una cronaca dei cori, della reazione di Thomori e Maignan, dell’intervento in campo di Maldini ecc., non lo farò per un motivo semplice e tragico, non lo farò perché i cori di Cagliari non sono un’eccezione, bensΐ la regola. Striscioni sulla presunta puzza dei napoletani, incitamenti all’eruzione del Vesuvio, versi scimmieschi, balcanici trasformati in “zingari” e chi più ne ha più ne metta: ormai è pane quotidiano negli stadi italiani.
E no, non bastano i DASPO, peraltro applicati in maniera a dir poco ballerina. I DASPO non arginano il disprezzo, l’odio e lo scherno che trasuda dagli atteggiamenti di molti. Alla base di questo schifo dilagante ci sono stereotipi e modus pensandi per estirpare i quali ci vorranno generazioni, sempre che lo si voglia davvero fare e non ci si limiti a qualche dimostrazione di facciata.
Per questo motivo ho pensato di mettere su carta la provocazione che oramai da mesi covo in mente: finché non riusciremo ad essere tifosi decenti, meglio le porte chiuse. Almeno il pus immondo che quasi ad ogni partita va ad accumularsi sull’erba dei campi e sul cemento delle gradinate, ci limiteremo a vomitarcelo addosso sul divano di casa.

Sara Piccardo

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