Ancora pochi giorni e saranno due anni quelli passati dall’inizio dell’incubo che stiamo vivendo. Due anni difficili per i malati, per gli operatori sanitari e per tutto il sistema sanitario. Due anni passati dal personale ad un ritmo di lavoro e con livelli di stress fuori dal comune. È davvero impensabile come sia possibile riuscire a sopportare da parte loro dei ritmi di lavoro che sono rimasti costantemente molto alti, per lo più assurdi, con la quantità di personale non tarata sul picco di necessità come più volte annunciato, ma piuttosto su una normalità che purtroppo da due anni a questa parte, non si è neppure intravista. Questo ha significato non solo turni ravvicinati, impossibilità di prendere ferie, o permessi di qualsiasi tipo, ha significato la mancanza di pause durante il lavoro anche solamente per poter andare al bagno, non si sono davvero mai fermati. È sconvolgente riflettere su cosa possa voler dire passare giornate intere di lavoro, spesso oltre le 8 ore previste, con la paura che non ti abbandona ed in continua tensione ed attenzione, lavorando con strati e strati di vestiti ed affidando l’espletamento delle funzioni corporee all’efficacia di pannoloni indossati in sede di vestizione. Pensare che non sono più esistiti pasti e tutto ciò che rende il lavoro sopportabile, comprese quelle piccole pause del passato per prendere un semplice caffè. Quindi il personale devastato dalla pandemia è passato inoltre dal ruolo di Eroe dei primi tempi a quello molto più scomodo di “capro espiatorio” agli occhi di quelli che oggi imputano al personale colpe che non esistono in natura ma solo nella mente malata di qualche assurdo personaggio.

A due anni dallo scoppio della pandemia le strutture ospedaliere rimangono praticamente inalterate, quest’ultima ondata ci conferma che viene utilizzato ancora un profilo emergenziale, spazi allestiti a scapito di ambienti esistenti, a scapito anche di tutte le altre malattie esistenti, inoltre in ambiti precari e non sempre adeguati. Nessuna traccia di un profilo sanitario più adatto e moderno ad affrontare in maniera più decorosa la situazione sia per i pazienti che per il personale lavorativo. Una sanità più funzionale sarebbe quella che non costringe ad andare nel pronto soccorso dell’ospedale per affrontare qualsiasi emergenza di carattere sanitario, convergono sul pronto soccorso tutta una serie di  patologie che in una organizzazione efficiente dovrebbero essere curate in altre strutture create ad hoc. Mancano quindi quelle strutture di prossimità che grazie all’azione quotidiana possano scongiurare lo sviluppo di situazioni di emergenza per i singoli cittadini. Come ad esempio non riflettere sulla necessità di  ripensare il ruolo dei medici di base a partire dal fatto che è assolutamente fuori dal tempo, e dalle esigenze della vita reale, un servizio che termina il venerdì e riprende il lunedì e non può certo essere sostituito dal servizio della guardia medica, e come non pensare alle tante esigenze domiciliari o comunque di prossimità che non trovano soluzione se non con il ricorso al privato. Ed infine, come non riflettere sugli anziani e sul loro grado di abbandono ed aumenta la prostrazione davanti ad  un sistema che concede solo ai più abbienti la possibilità di vivere una vita degna. L’attenzione ai più anziani è lo specchio del nostro attuale grado di civiltà.

Marco Maltesu
Direttore di redazione ilponentino.it

LA LANTERNA – Rubrica a cura di Marco Maltesu
direttore de il PONENTINO

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