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Pegli. Rinnovato il legame con le comunità carlofortina con la SS. Messa in onore della Madonna dello Schiavo nella chiesa dell’Immacolata

Di Antonello Rivano

Domenica 26 novembre si è rinnovato quel legame indissolubile tra la comunità pegliese e quella tabarchina di Carloforte, fatto di fede, storia e solidi rapporti interpersonali. Come ogni anno, l’occasione è stata la SS. Messa in onore della Madonna dello Schiavo, patrona di Carloforte, celebrata nella Chiesa dell’Immacolata a Pegli. Qui, dal 1967, è conservata la riproduzione del simulacro ligneo, donata da Carloforte, del simulacro originale custodito nella cittadina dell’Isola di San Pietro in Sardegna. Le celebrazioni religiose in onore della Madonna dello Schiavo a Carloforte si svolgono il 15 settembre, culminando con una solenne e partecipatissima processione. È oramai tradizione che, alcuni giorni dopo, un gruppo di carlofortini, questa volta grazie all’organizzazione a cura delle parrocchie di Carloforte, giunga a Pegli per celebrare la loro patrona. Questo evento rappresenta la prosecuzione di quella che è conosciuta come l’Epopea Tabarchina, una storia che ha inizio nel cinquecento con la partenza da Pegli dei liguri verso l’isola di Tabarca, in Tunisia, per pescare il corallo, agli ordini della famiglia dei Lomellini.

Il Parroco dell’Immacolata, don Corrado Franzoia con due “veterani” dei viaggi da Carloforte a Pegli: Mario Curcio e Pia Maggiolo

La messa è stata celebrata dal parroco della Parrocchia di San Carlo Borromeo di Carloforte, Don Andrea. I Carlofortini hanno potuto salutare e abbracciare i loro conterranei, residenti a Pegli e nelle zone limitrofe, stabilendo nel corso degli anni un rapporto di amicizia fatto anche di visite reciproche. L’atmosfera intrisa di emozione e fratellanza ha permeato sia la funzione religiosa che gli eventi pre e post-messa. culminando nelle rituali foto di gruppo. Particolare commozione ha suscitato ciò che ha detto una carlofortina, Pia Maggiolo, che il parroco dell’Immacolata, Don Corrado, ha presentato come una veterana di questo appuntamento: “finché la salute me lo permetterà verrò sempre a Pegli in questa occasione, lo promisi a mio padre“.

Foto di gruppo dei carlofortini con Don Andrea, alcuni amici del Ponente Genovese e il parroco dell’Immacolata don Corrado.

A pranzo, i Carlofortini sono stati ospiti della Parrocchia di San Maria Immacolata e San Marziano di Pegli.

Ad Acquasanta

Il giorno precedente, accompagnati dall’amico di Voltri Matteo Frulio, sono stati in visita ad Acquasanta

Di fronte alla Cappelletta di N.S Dell’Acquasanta e sulla Scala Santa che da questa porta al Santuario

al Santuario sono stati accolti da Padre Binoy Joseph Myladoor che ha accordato anche una messa nel Santuario stesso.

La messa nel Santuario di N.S dell’Acquasanta

La Madonna dello schiavo

Per comprendere appieno l’importanza della “Madonna dello Schiavo” per la comunità tabarchina, è necessario fare un salto indietro nel tempo. Il 3 settembre 1798, tre navi corsare tunisine attaccarono Carloforte, catturando quasi mille abitanti e trascinandoli come schiavi a Tunisi. In mezzo a questa tragica vicenda, Nicola Moretto, uno dei carlofortini prigionieri, fece una scoperta straordinaria il 15 novembre 1800: una statua lignea, probabilmente la polena di una nave, raffigurante la Vergine Immacolata nel giardino di Nabeul, vicino a Tunisi.

Da sinistra: Carloforte, il simulacro ritrovato a Tunisi nel 1800 – La riproduzione donata a Pegli nel 1967

Con grande cautela, Moretto nascose la statua nel suo mantello e la portò a casa, condividendola con gli altri prigionieri. Successivamente, l’immagine sacra fu affidata a Don Nicolò Segni, un sacerdote che aveva seguito gli schiavi durante la prigionia. Questa immagine della Vergine Immacolata divenne un simbolo di conforto e coesione, dando inizio al culto della “Madonna dello Schiavo” come protettrice degli schiavi carolini. Nel 1803, con la liberazione degli schiavi, la statua fu riportata a Carloforte, dove fu eretta la chiesa omonima in suo onore.

Una storia fatta quindi di fede ma anche di resilienza e amore per le proprie origini, quelle radici che nei tabarchini sono più che mai salde e che a Pegli sono nate.