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Libri alla Ponentina – Jarmila

Ernst Weiss “Jarmila” ed. Adelphi

È la storia di una ossessione amorosa cieca e devastante, di quelle capaci di portare alla rovina chi ne è preda. Il racconto, articolato secondo una serie di piccoli eventi contingenti, che sembrano legati da una scansione fatale, prende l’avvio da una banale dimenticanza: un commerciante, in viaggio verso Praga, ha lasciato il suo orologio a casa, ne acquista uno di poco prezzo che marca il tempo bizzarramente, a capriccio, impedendo al suo proprietario la corretta organizzazione dei suoi impegni. Arrivato a destinazione lo fa riparare da uno strano venditore di giocattoli meccanici incontrato in una locanda dall’atmosfera inquietante; costui, una sorta di mago, armeggia con i congegni dell’orologio e intanto racconta la sua passione amorosa per la bella Jarmila, una donna sposata, che gli ha dato un figlio, ma che non vuole fuggire con lui per non rinunciare all’agiatezza e alla rispettabilità che il ricco marito le offre. La storia, in apparenza banale, ma che si dipana in un’atmosfera onirica e magica, tipicamente praghese, pare concludersi in modo drammatico (che non rivelerò, naturalmente), ma non è così: a Parigi, dove il commerciante vive ed è tornato dopo il suo viaggio d’affari, avviene un altro incontro con l’orologiaio-giocattolaio e la storia troverà una sua particolare conclusione. Uno smilzo, esiguo, denso volume. Ulteriore prova che non occorrono mille pagine per descrivere situazioni e sentimenti universali. Prosa sobria ed elegante, incisiva. Personaggi delineati in pochi tratti essenziali, ma vivi e dolenti. ciascuno chiuso nella propria piccola, tragedia esistenziale. Lei Jarmila, sfuggente, forse non consapevole di essere oggetto di un desiderio e di un amore così totale, assoluto, o forse incapace di amare davvero. Inquietante il bambino, figura misteriosa, anch’essa aperta all’indagine, causa, innocente (quanto?) e perversa, della rovina dell’orologiaio. . Ma sopra ogni cosa l’orologio, col suo bizzarro, irregolare segnare il tempo, che ne contraddice la funzione. A poco vale smontarlo, indagare il segreto delle sue componenti Forse il romanzo avrebbe dovuto intitolarsi “L’orologio”, perché l’orologio è motore della trama: tenta, dico tenta, di misurare il tempo, è un congegno meccanico con leggi proprie, si può inceppare e spesso non è riparabile, come la vita. Tutto il racconto è un bel congegno meccanico che funziona, a meraviglia, paradossalmente proprio nel mostrare il cattivo funzionamento delle vicende umane.