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Il mondo in città – Vicino Oriente: Lo stato delle istituzioni in Israele

Origini italiane, tensioni e speranze

Con la rubrica “il mondo in città” si vogliono raccontare i fatti dalle varie regioni del nostro pianeta che sono rilevanti per noi genovesi, italiani. Sia che ci troviamo sotto la lanterna o altrove, come nel mio caso che scrivo da Bruxelles.
Alberto Spatola

Vicino Oriente

Lo stato delle istituzioni in Israele[1],[2]

Le istituzioni e le regole democratiche sono spesso considerate roba noiosa, inutile e da politicanti. Eppure sono ciò che a seconda di come sono intessute possono dar vita a società prospere e pacifiche o ingiuste e pericolose.
Molto spesso chi si mette nel campo “pro Israele”, nella logica binaria in cui tutto si fa ricadere, sottolinea come Israele sia la sola democrazia nella sua regione. Il punto non è discutere questa affermazione o mettere in discussione le istituzioni israeliane. Ciò che è interessante è capire come quelle istituzioni funzionano perché altrimenti è estremamente difficile comprende la crisi politica che il paese sta attraversando.

Quando Israele nel 1947 ottenne la sua indipendenza si ripropose di scrivere una Costituzione nel giro di pochi mesi, e così il primo Parlamento (la Knesset) fu anche un’assemblea costituente, ma non fu in grado di scrivere neanche un articolo della Costituzione e così ogni Parlamento successivo è stato anche assemblea costituente. Ma anziché scrivere poco a poco una Costituzione completa che mettesse nero su bianco chi fa cosa nello Stato israeliano, quali diritti e doveri hanno cittadini e residenti, quei parlamenti nel corso dei decenni hanno sporadicamente scritto leggi definite “costituzionali”, ma nei fatti del tutto simili alle leggi sul codice della strada, il commercio, etc.

Solo nel 1995 si è messo un parziale ordine poiché la Corte Costituzionale decise che quelle leggi definite “costituzionali” dovevano assumere un valore superiore e quindi le leggi ordinarie dovevano rispettare le “leggi costituzionali”. Questo cambiamento ha donato una maggiore stabilità allo Stato d’Israele evitando che ogni parlamento decidesse a maggioranza nuove regole fondamentali.

Può sembrare tutto molto fumoso, ma in pratica, per esempio, vuol dire che in Israele non hanno mai messo nero su bianco cosa vuol dire essere uno “Stato Ebraico”, come Israele si definisce, e quindi non sono mai stati descritti i diritti per le minoranze specialmente per quella “arabo palestinese” ma di cittadinanza israeliana.

Questo fragile equilibrio tra le istituzioni del paese, tra cosa fa il Presidente e il Primo Ministro, i giudici e il legislatore, etc. basato soprattutto su tradizioni e consuetudini e ora messo in discussione dal Governo più a destra che Israele abbia mai conosciuto. Un governo con ministri che gridavano per le strade “morte agli arabi”, altri condannati per evasione fiscale, e considerati così violenti che non hanno fatto il servizio militare perché definiti troppo pericolosi.

Il nuovo governo, ma guidato dal sempiterno Bibi Netanyahu vuole limitare se non cancellare il ruolo della Corte Costituzionale e modellare lo Stato d’Israele secondo i desiderata di movimenti che non tardano a definirsi fascisti o ultra ortodossi religiosi. Una svolta che non trova il consenso della maggior parte dell’elettorato e che incontra la resistenza nelle istituzioni e nelle piazze.


[1] Constitution for Israel – Knesset.gov https://www.knesset.gov.il/constitution/ConstIntro_eng.htm

[2] The State of Israel as a Jewish State – Knesset.gov  https://www.knesset.gov.il/constitution/ConstMJewishState.htm