1

La Lanterna 12 dicembre 2022 – Il ponente genovese violentato

RUBRICA A CURA DI MARCO MALTESU

Il ponente genovese violentato

 

Quello fra Genova ed il suo ponente è un rapporto molto strano, la città ha deciso di sacrificare, sempre più nel corso del tempo, questa parte di territorio, in funzione della modernizzazione che via via ha significato il prolungamento del porto, la costruzione di una centrale elettrica, l’installazione di un’acciaieria, la realizzazione di un aeroporto, di tre porti turistici, la creazione di un porto chimico e petrolifero, ed infine di un nuovo porto per le merci. Senza considerare gli insediamenti industriali, ad es. Leonardo, Fincantieri ecc presenti sul territorio. Uno stravolgimento totale dell’assetto costiero della città e di tutte le attività esistenti fino a quel momento.

È evidente che Genova sia una città strana e difficile, ristretta ad una lingua di terra chiusa fra mare e montagne e ad uno sviluppo lungo due vallate, Valpolcevera e Val Bisagno.

Lo sviluppo e la modernizzazione di Genova quindi, sono passate attraverso il grande sacrificio di parti del suo territorio, ma questo significa che è necessario un approccio completamente diverso da parte dell’intera città.

Nel tempo sono sempre rimaste forti le spinte per occupare ulteriormente, quelle poche porzioni di territorio non ancora utilizzate nel ponente genovese. Non si contano i tentativi di prolungamento della diga foranea verso Pegli, il tentativo di continuare con ulteriori moduli il porto di Prà fino a cercare di chiudere lo specchio acqueo verso la diga in direzione di Pegli.  E non ultimo il tentativo continuo di prolungare la diga foranea oltre ai ripetuti tentativi di riempimento in direzione di Voltri.

Tutto questo denota innanzitutto una totale mancanza di chiarezza nei confronti della popolazione dei quartieri del ponente genovese mai capaci di poter analizzare un progetto globale con le relative ricadute sul territorio e sulla popolazione.

La cosa ancora più preoccupante è il disinteresse sociale istituzionale che si produce nei confronti di parti sociali che a causa di scelte centralizzate, si trovano, non solo a perdere completamente usi, costumi e tradizioni, ma inoltre, una distruzione totale del tessuto economico locale, che destabilizza per intero la popolazione locale.

Le scelte insomma, non solo sono prive di condivisione con i soggetti che si trovano a subirne le ricadute, ma mancano inoltre di quella necessaria costruzione di opere di compensazione indispensabili per l’integrazione di qualsiasi progetto all’interno del territorio.

Quanto sopra non significa che ogni cosa possa essere fatta e quindi realizzata in cambio di compensazioni, significa invece che, la pessima abitudine di assegnare i lavori in lotti, genera mostri realizzati, senza la necessaria visione globale capace di trasformare una colata di cemento in un’opera integrata nella realtà e di cui la popolazione ha certezza del risultato ancora prima che inizino i lavori. Come ad esempio nel caso della costruzione del ponte S. Giorgio in cui tutte le opere previste a corollario del progetto sono ferme. C’è davvero qualche cosa di strano ed incomprensibile in un progetto in cui non sia integrata la sistemazione degli spazi lasciati liberi dopo la realizzazione dell’opera e di cui questi spazi, sono comunque anch’essi parte integrante dell’opera.

Nella maggior parte delle nazioni europee vengono fatti degli studi da parte delle Istituzioni per consentire l’inserimento di realtà produttive all’interno della socialità e si adeguano le strutture, a partire da quella scolastica, abitativa, dei trasporti, ecc per consentire l’inserimento dei nuovi nuclei per una corretta accoglienza e funzionamento della comunità.

Qui a Genova non solo non avviene niente di tutto questo, ma il territorio è stato violentato senza alcun riguardo e si continua senza rispetto ad aggiungere attività che continuano a compromettere la situazione esistente e la salute della collettività. Come nel recente progetto di creare lo spazio per la produzione dei cassoni destinati alla costruzione della nuova diga foranea di Genova, occupando lo spazio esistente nel sesto modulo del porto di Prà. Forse, addirittura, qualcuno ha pensato di crearne di ulteriore, non solo occupando gli spazi già destinati alla collettività, ma approfittando della situazione per provare a creare nuovi riempimenti in una situazione già molto compromessa.

Il Ponente genovese è un territorio che necessita di attenzione. È fondamentale un alleggerimento progressivo dalle pressioni derivanti da progetti che nel corso del tempo hanno peggiorato sempre di più la qualità della vita della popolazione. C’è inoltre bisogno di forti investimenti, sia in termini economici che culturali, che possano generare una progressiva risoluzione delle problematiche esistenti e mai affrontate. Allo stesso tempo non è più tollerabile nessuna nuova spinta verso il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione nel suo territorio.