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Camilleri: la “genovesità” di Montalbano

In uno scritto del 2009 lo scrittore racconta del suo amore per il capoluogo ligure, e del perché il personaggio di Livia, eterna fidanzata di Montalbano, sia proprio di Boccadasse.

Di Antonello Rivano

Da lettore prima, e da spettatore poi, mi sono sempre chiesto come mai Camilleri abbia voluto che Livia Burlando fosse una genovese di Boccadasse. La mia curiosità non è di certo diminuita dopo che a Boccadasse sono stato e me ne sono innamorato.

Boccadasse (Bocadâze in genovese) è un antico borgo marinaro del comune di Genova, che fa parte del quartiere di Albaro, caratterizzato da case a tinte pastello con persiane verdi. La piccola spiaggia di ciottoli e la zona del porto sono fiancheggiate da gelaterie, bar informali e trattorie con tavoli all’aperto che servono specialità di pesce e della cucina genovese. Dalla terrazza accanto alla Chiesa di Sant’Antonio di Boccadasse è possibile ammirare il panorama sul mare e sul borgo.

Tralascio di descrivervi la piccola chiesa di Sant’Antonio, nota anche come “chiesa delle barche”, con i suoi ex-voto marinari, la bellezza delle case color pastello. La barca da pesca, tirata a secco sulla minuscola spiaggia bella e affascinante anche in inverno. I tavolini dei ristoranti, praticamente in riva al mare.

Tralascio perché nelle righe che seguono Andrea Cammileri lo fa certamente meglio di me. Righe che ho scoperto poco tempo fa, hanno soddisfatto la mia curiosità e confermato il fascino che Genova, e i suoi borghi marinari, hanno da sempre esercitato su artisti e gente di cultura.

La genovesità di Montalbano
-Sonia Bergamasco è Livia Burlasco nel Commissario Montalbano televisivo –

La ragazza di Boccadasse”.
*Testimonianza autografa del grande scrittore siciliano del suo amore e legame con Genova
“Ho avuto un colpo di fulmine per Genova a 25 anni, grazie a un premio di poesia. Ecco perché la fidanzata di Montalbano vive in questa città dei mille incontri. Un siciliano una volta mi disse che “pensava in genovese”: così ho scritto “La mossa del cavallo”. Ho ripensato alla bellezza di Genova.
Andai per la prima volta a Genova nel 1950, a venticinque anni, perchè avevo vinto ex aequo il premio di poesia indetto dalle Olimpiadi culturali della gioventù. Vissi una settimana incantata a contatto con personaggi come Sibilla Aleramo, Giacomo De Benedetti, Galvano Della Volpe, Massimo Bontempelli e altri che facevano parte delle varie giurie. Ma, appena terminavano gli incontri, mi mettevo a girare per la città da solo. Perchè già nel tratto dalla stazione all’albergo, il primo giorno, mi ero subito reso conto che tra me e quella città era scattato un colpo di fulmine.Perché? Perché era una città di mare come di mare era il mio paese?
No, ero stato in tante città portuali e non avevo mai provato la stessa sensazione. Allora cos’era?E’ assai difficile spiegare perché ci si innamori di una persona, figurarsi di una città. Beh, forse era la perfetta armonia tra gli abitanti e le loro case, tra gli abitanti e il loro cielo, tra gli abitanti e il loro mare, forse era la parlata strascicata e indolente, forse erano i volti che incontravi verso il porto, cotti dalla salsedine ma cosi pronti ad aprirsi in un bonario sorriso.
Tempo prima m’era capitato di leggere un libretto di versi di un giornalista genovese, Tullio Cicciarelli, che poi conobbi, e quel libretto mi servì da guida. Cicciarelli parlava di piazza Di Negro? Ed io via a piazza Di Negro, ripetendo dentro di me le parole del poeta.
Al terzo giorno trovai più che una mia compagna, una guida per il mio vagabondaggio. Una bella ragazza che un pomeriggio mi portò a casa sua, a Boccadasse.
Altro colpo al cuore. Passai qualche ora alla finestra dalla quale si vedeva la discesa che portava alla spiaggetta e il mare che sciabordava pigramente. Sentii mio quel paesaggio, come se mi fossi portato appresso un pezzo della mia Sicilia.
M’è rimasta dentro così a lungo che quando ho cominciato a scrivere di Livia, la fidanzata genovese del commissario Montalbano, m’è parso più che naturale farla abitare a Boccadasse.
La seconda volta ci sono stato molti anni più tardi per dirigere un romanzo sceneggiato radiofonico presso la sede Rai di Genova. Ho voluto avere come interpreti i bravissimi attori del Teatro Stabile di Genova. E anche in quell’occasione, appena finivo di lavorare, me ne andavo in giro.
Fu in una trattoria del porto che incontrai un trentenne siciliano, che da bambino, si era trasferito con i suoi a Genova. Ad un certo punto mi rivelò che, mentre a casa con i suoi parlava in dialetto siciliano, spesso gli capitava di “pensare” in genovese. Ho scritto “La mossa del cavallo” ricordandomi di questa persona. Ma per farlo “pensare” in genovese mi sono fatto una sorta di full immersion nelle poesie di Edoardo Firpo, da ‘O Grillo cantadò a ‘O Fiore in to gotto.

Poi, per la revisione del mio improbabile genovese, la mia cara Gina Lagorio, alla quale sono stato debitore di molte cose, mi segnalò Silvio Rjolfo Marengo che non finirò mai di ringraziare.
E’ stato per presentare proprio questo mio romanzo che sono tornato a Genova. La presentazione avvenne alle Vele di Piano, gremitissime.
Quella sera ebbi modo di sentire che il mio amore per Genova era ampiamente ricambiato. E l’indomani mattina mi feci portare a Boccadasse. Se non ci fossi andato, avrei fatto uno sgarbo a Livia”. 
Andrea Camilleri*Articolo scritto nel 2009 da Andrea Camilleri per il primo numero della bimestrale rivista letteraria (oggi non più attiva) Blue Liguria.