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Genova ed il traffico: un amore/odio inevitabile

Ovvero: da Sampierdarena a Voltri e ritorno, una città che sogna di muoversi

di Carlo Minghetti

Genova è una città meravigliosa nella sua unicità. Una lunga striscia di case, industrie e strade strette tra alte montagne ed il mare. Guardando il mappamondo esistono pochissimi agglomerati urbani di grandi dimensioni con queste peculiarità. Peculiarità che si possono estendere a tutta la regione, senza soluzione di continuità, da est ad ovest.

Tutto questo, se da una parte è affascinante e poetico, sotto un punto di vista prettamente logistico e viario è sicuramente complesso da gestire, per usare un eufemismo.

Il perché è facile da intuirsi; un grande porto, con tutto l’indotto industriale connesso, molti opifici e magazzini, tanti servizi da fornire, che devono convivere con le esigenze di chi abita nella città e permette alle stesse industrie di funzionare.

Il ponente genovese è un caso nel caso: molto antropizzato, è sotto molti punti di vista il baricentro economico e produttivo della città, con tutte le conseguenze.

Scendendo nel dettaglio, si possono osservare molte scelte fatte nel corso degli anni (figlie in alcuni casi di mal di pancia politico-sociali o emergenze del momento) che, se da un lato soddisfavano le esigenze immediate, dall’altro non avevano la cosiddetta visione di lungo periodo.

Fonte Genova24

Facciamo una serie di esempi.

A Sestri Ponente la via Aurelia, che nel tratto adiacente la stazione ferroviaria assume la denominazione di via Puccini, conta, su una distanza (ad una corsia, attenzione) di circa 500 metri, 5 impianti semaforici, e due attraversamenti pedonali non regolati. Si può indovinare facilmente cosa succede durante le ore di punta, quando migliaia di veicoli a 2 e 4 ruote si muovono contemporaneamente. Oltretutto l’impressione che si ha è che i semafori non siano sincronizzati (al meglio): quando nel primo impianto scatta il verde, il successivo spesso diventa giallo, con un micidiale effetto ghigliottina (negli anni ‘80 esisteva l’onda verde; qui abbiamo la “risacca rossa”). Dulcis in fundo, l’ultima lanterna semaforica verso levante è presidiata dal famigerato T-red; su quest’ultima innovazione tecnologica c’è da dire che, la realizzazione, sembra sia più orientata a fare cassa che a svolgere compiti di “prevenzione”, parola che appare ormai come desueta agli occhi delle amministrazioni comunali.

Cambiando quartiere prendiamo Prà: il nuovo frontemare è oggettivamente molto bello e rende parzialmente giustizia ad un territorio che ha pagato un altissimo prezzo allo sviluppo portuale.

Il problema che si è venuto a creare è sicuramente di viabilità, ma anche infrastrutturale. Il nuovo viale, a due corsie per senso di marcia, avrebbe la potenzialità per smaltire il traffico nella maggioranza dei casi. Il problema in questa situazione è vario: l’aver concepito questo rifacimento stradale senza opere che potessero consentire l’attraversamento dell’arteria stradale in continuità con il territorio, come ad esempio sottopassaggi o sovrapassaggi. Sarebbe stato addirittura meraviglioso pensare ad un abbassamento delle carreggiate stradali per creare una galleria sovrastata da un parco integrato e dare continuità alla fascia di rispetto. Invece la realtà è che si è creata un’arteria con grandi potenzialità, ma che si scontra con il diritto inoppugnabile di attraversamento da parte della cittadinanza attraverso l’unica modalità realizzabile, ovvero con i passaggi pedonali, che sono una barriera sia per le persone, interrompendone la continuità di movimento da e verso la fascia di rispetto, sia per la mobilità veicolare che viene costantemente interrotta dai semafori rendendo praticamente inutile l’allargamento della strada

Foto da web

Senza considerare, spostandoci a Pegli, il rifacimento di via Caracciolo. Rendere la via ZTL, ma soprattutto imporre il senso unico con direzione levante genera nella zona una serie di problematiche non indifferenti. Questa operazione priva infatti via Opisso di un importante valvola di sfogo per le immissioni sulla via Aurelia direzione ponente (già rese complesse dalla presenza del passaggio pedonale semaforizzato). Da notare che via Opisso è una delle poche immissioni che Pegli ha sulla via Aurelia, ed ogni riduzione di capacità genera pesanti ripercussioni sia sulla mobilità interna al quartiere che al traffico in immissione sul lungomare (via Aurelia).

Tutti questi casi restituiscono un’immagine della visione pubblica della viabilità impostata e cresciuta nel corso di decenni in maniera molto tradizionale e legata al concetto di: potenziale ostacolo = semaforo. In realtà normativa e tecnica si sono evolute moltissimo, e consentono soluzioni molto più efficienti sui flussi sia veicolari che pedonali. Strumenti come rotatorie, passerelle, sottopassi o altre soluzioni come quella proposta in questo articolo per Prà, vie ciclabili segregate o semplici accorgimenti che evitino i conflitti tra flussi, hanno costi relativamentelimitati e sono sostanzialmente migliori dei sistemi semaforici, sia in termini di sicurezza che in termini di capacità.

I vantaggi di un cambio di impostazione infrastrutturale e normativo pertanto può avere solo riflessi positivi, in quanto una viabilità più scorrevole è più sicura, ecologica ed economica, senza considerare i benefici in termini di qualità della vita degli abitanti e del tessuto economico industriale (una gestione inadeguata porta a fenomeni come quelli legati ai recenti blocchi autostradali, per citare l’attualità).

Una proposta positiva e soprattutto propositiva rivolta alla pubblica amministrazione vede quindi come prioritario il superamento del semaforo come mezzo definitivo per la soluzione dei problemi viari, implementando soluzioni alternative a tale strumento, quando possibile.

Genova potrebbe diventare un grande laboratorio per creare e sperimentare strategie ed azioni utili per migliorare un problema, come quello della viabilità, che coinvolge sia i mezzi pubblici che quelli privati oltre ai nostri pedoni.