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Il Partenariato Sociale. Interventi di sussidiarietà orizzontale.

di Tiziana Maria Ginocchio

Ed eccoci al 14° articolo di questa serie che si propone di dare una sommaria introduzione ai principi che dovrebbero regolare il cosiddetto “buon governo” o nel nostro caso “buona Amministrazione”.

Tutti gli articoli centrano il rapporto tra pubblico e privato, tra la componente pubblica e i suoi diversi stakeholder, cui è tenuta a rendicontare il proprio operato e di cui è tenuta a difendere, tutelare e promuovere i diritti e le esigenze fondamentali, in virtù della delega ad esercitare il potere ricevuta dagli elettori stessi (e non elettori).

Dopo avere centrato nel primo articolo della serie il percorso che porta da un governo autoreferenziale ad una governance di condivisone del progetto elettorale, abbiamo visto negli ultimi articoli i rapporti più specifici tra pubblico e privato intesi a rafforzare l’azione del primo sul territorio ed a reperire risorse nuove, sia in termini economici, soprattutto, ma anche ideativi e progettuali.

Questo nuovo articolo invece va, sommariamente, a trattare le collaborazioni di carattere più operativo, sempre estremamente utili sia dal punto di vista ambientale e di riordino urbano, che sociale.

Infatti una forma diversa di Partenariato Pubblico Privato è rappresentata dai cosiddetti Partenariati Sociali. In questi a fianco dell’attore pubblico entrano soggetti solitamente non imprenditoriali, quali onlus, comitati di cittadini, organizzazioni socio politiche, ecc.

I partenariati sociali possono offrire un valore sociale aggiunto, e contribuire con lavoro volontario, competenze e professionalità.

Diverse sono le situazioni che possono godere di questa forma di collaborazione, solitamente appunto non economica, ma che si avvale della forza lavoro, o di capacità professionali esterne all’Amministrazione, di cui tuttavia l’amministrazione si rende garante e presiede all’organizzazione generale, se non a quella particolare.

Per fare un esempio non esaustivo, le aree riservate al verde pubblico urbano e gli immobili di origine rurale, riservati alle attività collettive sociali e culturali di quartiere, con esclusione degli immobili ad uso scolastico e sportivo, ceduti al comune nell’ambito delle convenzioni e delle norme previste e degli strumenti urbanistici attuativi,  possono essere affidati in gestione, per quanto concerne la manutenzione, con diritto di prelazione, ai cittadini residenti nei comprensori oggetto delle suddette convenzioni e su cui insistono i suddetti beni o aree, nel rispetto dei principi di non discriminazione, trasparenza e parità di trattamento.

A tal fine solitamente i cittadini residenti costituiscono un consorzio del comprensorio che raggiunga almeno il 66 percento della proprietà della lottizzazione.

Le regioni e i comuni possono anche prevedere incentivi alla gestione diretta delle aree e degli immobili di cui da parte dei cittadini costituiti in consorzi o comitati anche mediante riduzione dei tributi propri.

Questo può valere soprattutto per esercizi commerciali o simili che si affacciano e sono adiacenti ad un’area sulla quale è interesse intervenire con operazioni di riordino, pulizia, incremento del decoro o anche manutenzione, miglioramento e implementazione dell’arredo urbano.

Per la realizzazione di opere di interesse locale, gruppi di cittadini organizzati, gruppi di esercizi commerciali, singole onlus o raggruppamenti di queste, possono formulare all’ente locale territoriale competente, proposte operative di pronta realizzabilità, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti o delle clausole di salvaguardia degli strumenti urbanistici adottati, indicandone i costi ed i mezzi di finanziamento, senza oneri per l’ente medesimo.

L’ente locale provvede, una volta ricevuta la proposta, con il coinvolgimento, se necessario, di eventuali soggetti, enti ed uffici interessati, fornendo prescrizioni ed assistenza.

Gli enti locali possono predisporre apposito regolamento per disciplinare le attività ed i processi che hanno interesse a sviluppare.

Oltre alle esigenze di tipo manutentivo, ambientale e simili, le collaborazioni possono insistere su aree di tipo sociale, di assistenza, sostegno, educazione, tutela di persone fragili, sia in termini di assistenza fisica che dal punto di vista sociale.

Più in generale “Un partenariato pubblico sociale è un processo che implica la partecipazione di vari operatori provenienti da settori diversi, che si associano per conseguire un obiettivo comune precedentemente concordato. Tale processo si fonda su principi democratici, opera avvalendosi di sistemi di sostegno ai bisogni chiaramente definiti e prevede una valutazione continua”.

Se nei partenariati sociali, come già accennato, il partner non pubblico non fornisce solitamente finanziamenti, tuttavia può raccogliere introiti o devoluzioni private al progetto.

Il partenariato pubblico-sociale diventa anche una strategia per innovare la fornitura di servizi pubblici attraverso forme nuove di appalto e di partenariato tra il settore pubblico e le organizzazioni della società civile. Con queste modalità può avvenire quindi, l’attivazione – da parte dell’ente pubblico – di collaborazioni con il Terzo settore, senza la finalità di sostenerlo e migliorarlo, quanto piuttosto quella di co-programmare assieme e di fornire servizi pubblici innovativi, di alta qualità, che soddisfino le esigenze dei singoli e delle comunità locali.

Dando un ruolo egualitario all’organismo sociale, viene riconosciuto il valore aggiunto sociale che questo organismo introduce e viene rispettato il necessario coinvolgimento della società civile nel disegno e nella fornitura dei servizi.

Alcuni elementi fondamentali degli interventi sociali gestiti da partenariati sono:

  • La centralità della partnership, poiché serve la “contaminazione” delle competenze tra operatori e decisori diversi. Il partenariato va valorizzato e bisogna valorizzare ognuno dei partner, che offrono competenze, risorse e opportunità diverse. Non bisogna trascurare né sopraffare l’altro, in quanto ognuno ha un ruolo attivo da esercitare e offre e condivide con gli altri le proprie specifiche competenze.
  • Il coinvolgimento attivo dei vertici delle istituzioni, in assenza del quale gli operatori corrono il rischio di rimanere “appesi” (per scarsa conoscenza, scarsa copertura, scarso sostegno continuativo all’interno delle istituzioni). Il collegamento con i vertici istituzionali, i referenti politici e tecnici che hanno la possibilità di sostenere il lavoro che si sta realizzando, è fondamentale. Non bisogna sottovalutare, poi, il ruolo di chi, pur non prendendo parte attiva nel partenariato, in qualche momento può valorizzare il lavoro svolto. È importante alla fine, fare in modo che quanto fatto abbia visibilità ed i suoi prodotti diventino prodotti e servizi di tutti, acquisendo quel valore sociale per il quale i partner si sono impegnati.
  • La valorizzazione delle esperienze maturate “dal basso” e, successivamente, la loro “risalita” sul piano dei policy makers. Ogni territorio sperimenta o può attivare, progetti o esperienze che possono insegnare e facilitare la realizzazione di nuovi progetti.  È comunque importante, che le lezioni acquisite ed i risultati ottenuti possano essere riconosciuti come tali e utilizzati, evitando così la ripetizione all’infinito di esperienze o progetti simili.
  • Il coinvolgimento delle associazioni degli utenti e delle loro famiglie, deve essere parte integrante ed attiva del processo (al quale partecipano e che non subiscono passivamente). Il loro ruolo è fondamentale, in quanto sono loro i portatori di bisogni ai quali dare risposta, e solo loro possono validare, alla fine, il servizio o il prodotto come il più adeguato alle loro necessità;
  • L’esigenza di dare continuità all’intervento e la messa a sistema di supporti stabili e personalizzati. Su questo elemento il partenariato ha un ruolo decisivo, in quanto i suoi partner possono collaborare nell’adottare e rendere continuativo il prodotto-servizio.

Le insidie del partenariato

  • La mancanza di risorse all’interno delle reti ha un loro specifico costo. È necessario cioè che vi siano risorse, sia di tipo economico, sia di tipo professionale, che di tempo. Non sempre la rete promuove nuove risorse, a volte può richiederne in misura superiore a quelle che i singoli nodi sono disposti a dare o che hanno la possibilità di offrire. Attivare una rete di relazioni senza aver opportunamente valutato questo aspetto può comportare il rischio di incorrere in grosse delusioni dovute al fatto che non si riescono a produrre risultati a fronte di un investimento realizzato.
  • I possibili obiettivi divergenti. Esistono vantaggi ed obiettivi della rete, ma anche dei singoli nodi che la compongono. Questi possono non essere sempre omogenei, ma certamente devono fare riferimento ad un quadro coerente all’interno del quale tutti i partner si riconoscono. In caso contrario appare quasi inevitabile il crescere della conflittualità fra gli attori che può causare un conseguente rallentamento (quando non un vero e proprio blocco) delle attività.
  • La competizione fra gli attori. È possibile che all’interno di uno stesso gruppo di attori, due o più di essi si pongano in competizione o per affermare il proprio punto di vista in relazione ad uno specifico aspetto, o per avere maggiore visibilità rispetto ad altri. Anche questa circostanza può determinare sofferenza all’interno della partnership riducendone in modo notevole la sua efficienza.
  • Le barriere istituzionali. Può anche capitare che per ragioni politiche o per una precedente conflittualità, alcuni soggetti non siano disponibili a collaborare con altri. Se un soggetto non può essere sostituito con un altro con caratteristiche simili, diventa un problema particolarmente gravoso nel caso in cui il soggetto o i soggetti indisponibili non siano sostituibili e siano, per la loro rilevanza, particolarmente importanti per il contributo che apportano. In tali casi, per tentare di superare il problema, è opportuno far riferimento ai vantaggi che possono ottenere dalla collaborazione, ma anche cercare di progettare il lavoro in modo tale da assegnare a ciascuno compiti di eguale entità e che, possibilmente siano mediati dal contributo di altri.

Un approccio strutturale al concetto di partenariato è accompagnato sempre dal necessario coordinamento

tra gli attori che intervengono nel sociale, e che spesso sono estremamente specializzati nel loro campo (salute mentale o immigrazione o ambiente o scuola o disabilità…).

Le amministrazioni redigono regolamenti dedicati con accordi specifici ed utilizzeranno le migliori pratiche per agevolare le forme di partenariato sociale, sia attraverso una capillare azione di coordinamento, sia individuando benefit che possano incentivare tali collaborazioni (riduzioni oneri fiscali, altro).