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25 Aprile: donne “resistenti”

Lunedì 25 Aprile ricorre il settantasettesimo anniversario dalla Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista. Ricordiamo questa data e celebriamo questa ricorrenza attraverso le testimonianze di due donne del Ponente genovese che fecero le staffette partigiane e che, con il loro coraggio e la loro determinazione, contribuirono anch’esse a far sì che Genova venisse liberata dagli invasori e che potessimo godere della libertà.

Loro sono Vincenzina Bozzo di Pra’ ed Elsa Tacchino di Sampierdarena e il loro racconto è tratto dallo spettacolo “Resistenze, femminile plurale”, scritto dal giornalista Alberto Bruzzone e dall’insegnante e scrittrice Manuela Monaco, andato in scena in piazza Bignami per l’Anpi di Pra’ e all’auditorium Conte per l’Anpi di Pegli, con la musica dal vivo di Francesca Bambara e Simone Pisseri.

VINCENZINA BOZZO

Mi chiamo Vincenzina Bozzo, nome di battaglia “Claudia”, ho 18 anni e faccio parte della Brigata 334 di Genova. La mia famiglia seppur antifascista, non lo sa ancora. Quando mio papà lo saprà, mi tirerà uno schiaffo e sarà proprio in quel momento che capirò di aver fatto la scelta giusta. Dirò anni dopo.

Vincenzina Bozzo- Brigata 334 Est Sap

Partecipo a molte azioni per disarmare i nazifascisti, trasporto armi utili ai partigiani, stampo e divulgo manifesti per la resistenza.

Combatto per essere libera, per la pace, la democrazia, per l’uguaglianza nei diritti e nei doveri, per la libertà di pensiero, per non aver timore di esprimerlo, per essere solidali con chi è in difficoltà, per giocare con gli amici di qualsiasi etnia, religione e cultura.

È il 25 aprile del 1945 e forse questo sogno si sta realizzando.


ELSA TACCHINO

Mi chiamo Elsa. Elsa Tacchino. Sono nata a Genova nel 1922, proprio negli anni dell’avvento del fascismo. Mio papà, alla sola parola fascismo, si opponeva fieramente, e spesso era finito in galera, per le sue idee. In questo ambiente sono cresciuta e quando scoppiò la guerra cominciai, con un gruppo di amiche, a fare la staffetta partigiana.

Mio fratello, dopo l’8 settembre del 1943, era riuscito a scappare e si era rifugiato sui Giovi. Noi seguivamo le tracce sue e dei suoi compagni, salivamo su per i monti portando armi e altri aiuti. Le nascondevamo sotto il pane e le altre cose da mangiare.

Poi, nel novembre del 1944, qualcuno ci tradì, e fummo costrette a scappare da Sampierdarena. Arrivammo a Novi Ligure, per cercare il gruppo di Aldo Bisagno, ma ci dissero che si era spostato sull’Antola. Ci arrivammo a piedi, in mezzo alla neve, consumandoci le scarpe sino alla pelle nuda.

Fu così che, a 22 anni, entrai a far parte della Brigata Jori: vi rimasi dal 14 dicembre del 1944 al 30 aprile del 1945. Facevo l’infermiera e facevo la cuoca, non feci mai mancare nulla a chi combatteva. I contadini ci regalavano spesso i loro prodotti: una volta riuscii a preparare del pane bianco, ne mangiò anche un ragazzo di 15 anni, che quel pane non lo aveva mai visto.

Festeggiammo il Natale del 1944 sui monti, e a sorpresa ero riuscita a cucinare i ravioli! Ma il pensiero era sempre al mio Eraldo, in Marina sin dal 1942. Lo imprigionarono a Maruggio, in Puglia, dopo l’8 settembre del ’43.

Ci scambiammo per mesi moltissime lettere. In una di queste, mi diceva così: “Mia carissima, in questi momenti ti penso più che mai. Il nostro sogno d’amore presto sarà realizzato. Baci infiniti, sempre tuo. Eraldo”. Era il 29 aprile del1945.

Il 24 maggio gli risposi così: “Eraldo mio, non posso pensarti senza aumentare la mia ansia. Ti attendo ogni giorno, con la speranza che giunga per noi pure la felicità. Baci cari. Tua, Elsa”.

La felicità giunse di lì a poco. Ce l’eravamo guadagnata.

Alberto BruzzoneManuela Monaco