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L’ analfabetismo funzionale nell’era dei social

Quasi un italiano su tre è un “analfabeta funzionale” ma cosa significa e cosa implica a livello sociale?

di Antonello Rivano

La prima definizione di “Analfabetismo Funzionale” l’ha data l’UNESCO nel 1984: «condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità».

Un analfabeta funzionale è in grado di comprendere il significato delle singole parole, ma non riesce a comprenderne appieno il senso intrinseco e soprattutto manca di una adeguata capacità di analisi. Sembrerebbe un fenomeno limitato a poche persone, visto l’alto numero di informazioni con le quali, ogni giorno, si viene a contatto, invece a tutti gli effetti è l’esatto contrario. Stando ai  dati Ocse-Piaac del 2016 l’analfabetismo funzionale riguarda il 27,9% degli italiani tra i 16 e i 65 anni. (Italia prima in Europa assieme alla Spagna)

Tra le caratteristiche che contraddistinguono un analfabeta funzionale due sono assolutamente da evidenziare:

  • conoscenza dei fenomeni scientifici, politici, storici, sociali ed economici molto superficiale e legata prevalentemente alle esperienze personali o a quelle delle persone vicine; tendenza a generalizzare a partire da singoli episodi non rappresentativi; largo uso di stereotipi e pregiudizi;
  • scarso senso critico, tendenza a credere ciecamente alle informazioni ricevute, incapacità di distinguere notizie false dalle vere e di distinguere fonti attendibili e inattendibili.

Tralasciamo le analisi psicologiche, le considerazioni sociologiche e scientifiche, esistono studi molto tecnici  che analizzano questo nuovo fenomeno sociale, per proiettare le nostre considerazioni nel quotidiano.

L’analfabetismo funzionale avrebbe potuto creare pochi danni se chi ne soffriva si fosse limitato a esternare le proprie idee tra gli amici o al bar, ma nell’era dei social le cose cambiano radicalmente. Un analfabeta funzionale li usa, è letteralmente bombardato da informazioni di ogni genere, si interconnette con gli  altri, condivide a sua volta informazioni e commenta, interviene in discussioni sulle varie piattaforme web; ed è così, con la sua incapacità di distinguere, tra questa infinità di contenuti, il vero dal falso, che spesso fa da cassa da risonanza a bufale, fake e faziosità. Sembrerebbe che proprio tra gli utenti  FB ci sia il più alto numero di nuovi analfabeti, ciò  giustificherebbe la diffusione di post condivisi senza che se ne sia controllata la fonte e la coerenza, tanto che negli ultimi tempi si è assistito alla condivisione di tutta una serie di necrologi riguardanti personaggi famosi deceduti da anni, sarebbe bastato dare un’occhiata alla data di pubblicazione del post originale. Sicuramente i media non sono esenti da responsabilità. Testate con nomi che dovrebbero essere garanzia di serietà hanno scelto, per le loro piattaforme social, una linea editoriale che vede titoli fuorvianti rispetto al contenuto degli articoli, forti del fatto che tantissimi utenti neppure apriranno l’articolo per valutare se è degno del loro like. Nelle maggior parte dei casi si assiste a discussioni, commenti, condivisioni basate sul nulla cosmico.

Se consideriamo l’universalità del fenomeno, ed il fatto che l‘analfabeta funzionale “vota”, potremmo spiegarci alcune cose che altrimenti non avrebbero senso.

A differenza dell’analfabetismo di base, analfabeti funzionali si può diventare, non allenando la proprie funzioni mentali, non facendo un’adeguata “manutenzione” delle proprie competenze intellettuali. Analizzando cause e concause è anche stato stabilito che spesso chi alimenta questa piaga sociale, proviene da famiglie nelle cui case sono presenti meno di venticinque libri.

Ancora una volta è il caso di dire … un libro ci salverà!